Hanno marciato in formazione militare e in uniforme, fino al centro della McCormick Place Convention a Chicago, per restituire le proprie medaglie di combattimento. Avrebbero voluto consegnarle ai generali giunti nella città americana per il grande summit Nato del 20 e 21 maggio, ma l’enorme dispiegamento di polizia e forze di sicurezza ha impedito ai 45 veterani delle guerre in Iraq e Afghanistan di avvicinarsi.
di Anna Toro
Non che si siano persi d’animo: dopo aver marciato insieme ai ragazzi del movimento Occupy Chicago e Occupy Wall Street, gli ex soldati si sono riuniti di fronte alla piazza del summit, a uno a uno hanno preso il microfono e hanno espresso a parole tutta la loro rabbia e dolore.
“Non c’è nessun onore in queste guerre – ha commentato tra gli altri Alejandro Villatoro, ex sergente dell’esercito americano – c’è solo vergogna”.
Dopodiché, i veterani si sono strappati le medaglie dal petto e le hanno buttate per terra, lanciate al di là di un cancello.
Un gesto forte e simbolico per dire no alla guerra, a tutte le guerre.
In questo caso nel mirino della protesta c’era soprattutto il conflitto in Afghanistan, su cui era incentrata la riunione dell’Alleanza atlantica.
Gli ex militari presenti alla protesta, quasi tutti ancora molto giovani, fanno parte del gruppo Veterani dell’Iraq contro la guerra (IVAW). Molti di loro, però, hanno servito anche in Afghanistan, e le loro ragioni sono chiare.
“Quando mi sono arruolato ero convinto di farlo perché stavamo dalla parte del giusto – racconta ad esempio Graham Clumpner, 27 anni, dallo stato di Washington – Ora non ci credo più, ne ho viste troppe: vite violate, soldi buttati, abusi inutili. Tutto per far guadagnare le aziende che incassano profitti con la guerra, mentre a noi davano 1.500 dollari al mese per farci sparare addosso”.
L’associazione dei veterani protesta anche e soprattutto contro la mancanza di attenzione e cure da parte dello Stato e dell’Esercito verso chi torna dalla guerra.
“Ogni giorno in questo paese 18 veterani di guerra si suicidano – ha spiegato il leader dell’Ivaw Aaron Hughes, che nel 2003 lasciò gli studi per arruolarsi in Iraq – Il 17% delle persone che combattono in Afghanistan, miei fratelli e sorelle, stanno assumendo psicofarmaci. Tra il 20 e il 50% dei soldati è stato colpito da disturbi per stress post-traumatico, traumi di natura sessuale o lesioni cerebrali traumatiche. Attualmente, un terzo delle donne delle forze armate ha subito abusi sessuali”.
L’Ivaw parla anche di reimpiego di soldati traumatizzati nei conflitti. Il ché aiuta a spiegare gli episodi di follia che affliggono le forze armate, specie in teatri di guerra ad alta tensione (basti solo ricordare il massacro di civili a Kandahar del marzo di quest’anno).
“Quando i nostri fratelli e sorelle ritornano dalla guerra e hanno bisogno di cure – continua Hughes – l’unico tipo di aiuto che ricevono è rappresentato da medicinali come trazodona, Seoquel, Kronopin, che alla fine sono paralizzanti, e non permettono di condurre una vita normale. Sempre con questi medicinali, i soldati vengono poi inviati nuovamente a combattere e a guidare operazioni militari”.
Per tutti questi motivi, al posto delle vecchie medaglie i veterani presenti alla protesta hanno indossato delle placchette fatte in casa, con su scritto messaggi eloquenti come “La guerra è una bugia”, o “Stop alle bombe Nato”.
Si sono in pratica trasformati in pacifisti, e a Chicago hanno marciato fianco a fianco anche con i loro vecchi “nemici”, compreso il gruppo degli Afghans for Peace.
“Sono disgustata da quello che la guerra ha fatto al mio paese, alla mia gente – ha detto una delle leader del movimento, Suraia Sahar, intervistata dalla MSNBC – Ma ciò che hanno fatto a questi veterani mi spezza il cuore”.
May 22, 2012
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