Questo volume - che nasce all’interno del progetto Arab Media Report (www.arabmediareport.it) - racconta, attraverso l’analisi di vecchi e nuovi media, la condizione delle donne in Egitto, Tunisia e Marocco dopo le rivolte che hanno scosso la regione araba tra il 2011 e il 2012.
«Che posso dire, io, da Lampedusa? Posso dire che quantomeno salvarli è doveroso. Quando chiedo di non lasciare sola Lampedusa, chiedo in realtà di non abbandonare sole queste persone a un destino assurdo. Chiedo di cominciare a pensare a un sistema di accoglienza reale e non fittizio non solo a Lampedusa, ma in tutta Italia. Chiedo di cominciare a capire che c’è posto e spazio e che abbiamo bisogno dei migranti.
La storia che Ouejdane e Afef raccontano in questo libro è quella di una duplice rivoluzione. La rivoluzione della libertà e della dignità esplosa in Tunisia alla fine del 2010, che ha rovesciato la dittatura di Ben Alì, e la rivoluzione vissuta nei corpi e nelle coscienze da tunisini «nati oppressi e cresciuti impauriti [...] confinati nelle regole inamovibili della repressione», dittatoriati.
Con "Cronache di una controrivoluzione. Il prezzo della libertà ai tempi delle Primavere Arabe", abbiamo cercato di guardare alle Primavere Arabe in chiave controrivoluzionaria per capire perché ancora oggi in Egitto e Bahrein, passando per lo Yemen, migliaia di persone continuano a rischiare la propria vita a mani nude in nome della libertà. Oggi il nostro lavoro è diventato un libro.
Diversamente da quanto potrebbe far supporre la sua sempre più frequente presenza nelle cronache quotidiane, l'atto terroristico suicida è stato fino a poco tempo fa sconosciuto agli afghani e lontano dalla loro cultura.
All’ombra dei campi profughi di Balata e Askar a Nāblus, tra i villaggi martoriati di Ni’lin e Bi’lin, nella miseria di Shu’afat: lì dove la disperazione sembra avere il sopravvento sono nate negli ultimi anni alcune delle iniziative più significative della recente storia israelo-palestinese.
Chi lo indossa lo considera espressione della propria identità religiosa e culturale e, in alcuni casi, anche politica. Chi lo critica lo ritiene la prova evidente del diffondersi di un Islam oscurantista e misogino. In Occidente rappresenta spesso l’emblema della sottomissione femminile e del rifiuto a integrarsi.
Il 2011 sarà forse ricordato dai nostri posteri come l’anno delle “rivolte arabe”: Tunisia, Egitto, Yemen, Bahrain, Libia e l’elenco è probabilmente destinato ad allungarsi. Il fuoco della ribellione infiamma il Mediterraneo e il Vicino Oriente. A pochi passi da casa nostra si sta facendo la storia.
Ma sappiamo davvero perché queste rivolte stiano scoppiando? Conosciamo veramente i nostri vicini arabi, le loro aspirazioni e gli ideali che li animano?
Detenuti al Cento di accoglienza e orientamento di Ouardhya per 9 giorni tra la fine di agosto e i primi di settembre, un gruppo di migranti si ritrova espul
La morte del 53esimo soldato italiano ha riacceso i riflettori su una guerra passata in secondo piano e, complice il processo di semplificazione mass-mediatico, presentata come in fase di conclusione. Almeno per quanto riguarda le truppe straniere.