L’ultimo rapporto di questa serie fa un primo bilancio del percorso compiuto dalla regione sul cammino verso lo sviluppo umano dal 2002. Le reazioni e gli sviluppi avvenuti dopo l’inizio della pubblicazione di questi rapporti fa parlare di una “primavera araba”, siamo nel 2005.Secondo il rapporto le organizzazioni della società civile hanno registrato un salto di qualità nel ritmo, nella portata e nell’impatto delle loro attività. Le maggiori trasformazioni in questo campo si sono registrate in Egitto, Bahrein, Yemen, Libia.
21 settembre 2011 di Giovanni Andriolo Le donne sono state le indiscusse protagoniste delle recenti rivolte avvenute in diversi paesi dell'Africa Settentrionale. Noi tutti abbiamo visto le immagini di donne sfilare e scandire slogan nelle principali piazze, da Tunisi al Cario e oltre. Una rivoluzione nella rivoluzione, secondo qualcuno. O piuttosto, la manifestazione di un universo, quello femminile, che anche nella sponda Sud del Mediterraneo sgomita per guadagnare i suoi spazi.
Nella primavera di quest’anno anche l’Oman ha affrontato le rivolte popolari, anche se di diversa rispetto ad altri paesi. Il sultano Qabous, che guida il paese da circa 40 anni, ha dato impulso ad una serie di misure sociali, come la creazione di 50 mila nuovi posti di lavoro, l’aumento del salario minimo e l’erogazione di un sussidio di disoccupazione. Ma l'economia dipende soprattutto da risorse di petrolio e gas, che sembrano comunque in diminuzione.
Negli ultimi nove mesi, l’intera regione mediorientale – dal Marocco alla Siria, fin giù nello Yemen - è stata caratterizzata da una serie di rivolte popolari che ha alterato, con diversi gradi d’intensità, il panorama geopolitico del Mediterraneo, in modi ancora difficili da comprendere fino in fondo e con effetti di breve e lungo termine altrettanto imprevedibili.
Detenuti al Cento di accoglienza e orientamento di Ouardhya per 9 giorni tra la fine di agosto e i primi di settembre, un gruppo di migranti si ritrova espul
La morte del 53esimo soldato italiano ha riacceso i riflettori su una guerra passata in secondo piano e, complice il processo di semplificazione mass-mediatico, presentata come in fase di conclusione. Almeno per quanto riguarda le truppe straniere.