Dopo le violente proteste dei mesi scorsi che hanno colpito anche la regione autonoma del Kurdistan iracheno, effetto domino della “primavera araba”, il governo ha cominciato un nuovo percorso di riforme spronato da una società civile in continuo fermento per quanto riguarda i diritti civili. A giugno è stata emanata una nuova legge volta a combattere la violenza domestica e di genere. uno dei pochi segnali di apertura nei confronti della società civile irachena.
di Luca Bellusci
La regione autonoma del Kurdistan iracheno viene vista da molti studiosi come un ‘laboratorio sociale’ per un nuovo corso democratico nel paese, in un generale contesto assai poco incline a riforme strutturali. Nel mese di giugno il parlamento regionale del Kurdistan ha ratificato una legge che vieta le mutilazioni genitali femminili e la violenza domestica.
Il background socio-culturale.
La società civile curda è caratterizzata da un sistema formato da clan familiari, dove la centralità appartiene alla figura del maschio. Per tradizione, quindi, il ruolo della donna è relegato a un contesto esclusivamente familiare. Per ragioni antropologiche la donna è considerata come merce di scambio tra famiglie e clan tribali (la donna una volta sposata perde ogni legame con la famiglia di appartenenza).
Con la fine della guerra e il relativo miglioramento delle condizioni di vita, la questione di genere è diventata preponderante nella società civile curda ma non ha avuto un degno supporto istituzionale. I delitti d’onore sono una pratica ancora utilizzata nella regione e non sono inseriti in nessuna statistica ufficiale. Per quanto riguarda poi il numero di suicidi tra le donne nella regione curda, l’ultimo dato è del 2009 e descrive circa 400 casi, anche se diverse ONG sostengono come il numero sia ben più alto, tenendo conto che molte famiglie non denunciano il fatto alle autorità competenti.
Il fenomeno della mutilazione genitale femminile
Una ricerca congiunta tedesca-irachena, condotta nel 2007/08, ha dimostrato che oltre il 77 per cento delle intervistate di 14 anni, provenienti da zone rurali nella provincia curda di Sulaimaniya, era stato sottoposto alla pratica di mutilazione genitale.
Human Rights Watch lo scorso anno ha pubblicato un rapporto che dimostra come siano almeno quattro i fattori che determinano l’incidenza delle mutilazioni genitali: mantenimento dell’identità curda, precetto religioso, pressione sociale e il tentativo di controllare la sessualità della donna (“They Took Me and Told Me Nothing” – Female Genital Mutilation in Iraqi Kurdistan, June 16, 2010).
La proposta di legge.
Il parlamento del Kurdistan Regional Government – Krg ha iniziato un processo di riforme per contrastare alcuni usi e costumi che inficiano il lungo e difficile percorso verso un’effettiva democrazia. La proposta di legge del 21 giugno scorso riguarda la regolamentazione sulla violenza domestica, fenomeno purtroppo assai comune in tutto il paese. La bozza è suddivisa in dieci articoli che descrivono cosa si intenda per violenza domestica e quali siano gli ambiti di intervento per prevenirla.
Il primo articolo definisce la creazione ad hoc di un Tribunale contro le violenze domestiche, in base alla legge numero 23 della giurisdizione regionale (Krg), adottata nel 2007. Nell’art. 2 si elencano i casi in cui è previsto l’intervento del giudice: costrizione al matrimonio e/o al divorzio, induzione alla prostituzione, mutilazione genitale femminile, costrizione al lavoro minorile, suicidio e/o aborto causato da violenza domestica, violenza indiscriminata nei confronti del gruppo familiare, ecc.
La responsabilità d’intervento spetterà in prima istanza al ministero del Lavoro e degli Affari sociali (art.3) che, insieme al ministero della Salute, avrà il compito di proteggere e riabilitare le vittime di violenza domestica. Inoltre, il ministero degli Interni allestirà una sezione speciale all’interno della polizia. Essa costituirà la base per la creazione di un corpo di polizia (composto da donne) che si occuperà dei vari casi.
Una delle parti più importanti del disegno di legge è contenuta nell’art. 5, dove si proibisce la mutilazione genitale femminile e si condanna con una sanzione amministrativa chiunque induca a questo scellerato metodo. Anche per i medici ci sarà una sanzione in caso di coinvolgimento nella pratica che prevede la sospensione dal pubblico impiego per un massimo di tre anni. L’art. 7 definisce la pena per chi commette violenza domestica: da sei mesi a tre anni con una sanzione amministrativa minima pari a un milione di dinari iracheni.
La strada verso una concreta regolamentazione è perciò tracciata, ora sta al governo rendere effettive queste misure per contrastare il fenomeno, anche attraverso campagne di sensibilizzazione che vadano a eliminare quei comportamenti legati ad antiche tradizioni religiose (molti Imam hanno chiesto l’abrogazione di questa legge, vedi “Female Genital Mutilation ‘Is an Obligation’ Says Mullah in Iraqi-Kurdistan”).
September 23, 2011
Iraq,