La storia della Gioventù Rivoluzionaria Siriana: ascesa e caduta di un movimento dal basso che offriva un’alternativa oltre la dicotomia regime/islamisti. Un gruppo smantellato dalla repressione a causa delle sue idee chiare e senza compromessi.
E’ passato più di un anno e mezzo dall’ultima protesta anti-regime organizzata a Damasco, il 12 giugno del 2013, nel quartiere di Rukneddine, in solidarietà con la popolazione di Homs, sotto assedio.
C’erano canti e slogan rivoluzionari, in stile matrimonio. Era una tipica, coraggiosa, serata di protesta organizzata dalla Gioventù Rivoluzionaria Siriana, un collettivo civico e di sinistra autorganizzato, nonostante la pesante presenza dei servizi di sicurezza e lo stretto controllo del regime su quella zona.
Dall’inizio della rivoluzione siriana e per un bel pezzo del 2013, la Gioventù Rivoluzionaria Siriana è riuscita a iniettare una boccata di aria fresca nei polmoni di una rivolta che era sempre più soffocata dal regime e dalle forze contro-rivoluzionarie.
Creato da un gruppo di attivisti di Rukneddine, il collettivo aveva incorporato una chiara visione politica che non si limitava a vaghe richieste di democrazia e diritti civili.
In una fase in cui queste stesse rivendicazioni erano presentate dai liberali e dagli islamisti moderati, la Gioventù Rivoluzionaria Siriana presentava un programma più avanzato, con una visione chiara di giustizia sociale, in cui erano centrali le richieste di istruzione e sanità gratuita, uguaglianza di genere, liberazione delle Alture del Golan occupate da Israele e liberazione della Palestina.
Tutto ciò era evidente fin dai primi slogan e dai primi cartelli sollevati durante le proteste collettive nella capitale siriana.
La bandiera palestinese veniva issata accanto a quella rivoluzionaria siriana; slogan di solidarietà con la Palestina e in particolare con Gaza, venivano scanditi accanto a quelli di sostegno alle città e ai villaggi siriani sotto assedio.
I nomi dei martiri palestinesi venivano ricordati assieme a quelli siriani; giovani donne e giovani uomini protestavano e cantavano fianco a fianco; e le richieste di pane, benzina e una vita dignitosa erano inseparabili da quelli per la caduta del regime, il riconoscimento delle libertà civili e politiche.
Mentre la rivolta si spostava verso la sua graduale transizione militare, la Gioventù Rivoluzaria Siriana ha sempre cercato di sostenere il campo della protesta pacifica, affermando che la rivolta armata e l’attivismo pacifico possono andare a braccetto.
Sebbene generalmente a favore dell’Esercito Siriano Libero, gli attivisti della Gioventù Rivoluzionaria Siriana hanno spesso esposto striscioni che criticavano quelle che per loro erano violazioni dei diritti umani commesse dai gruppi di opposizione e hanno insistito sulla difesa dell’unità nazionale e il rifiuto del settarismo.
Le loro mobilitazioni non si limitavano all’organizzazione di manifestazioni nella natìa Rukneddine e in pochi altri distretti di Damasco. Gli attivisti hanno anche distribuito volantini rivoluzionari a Damasco, scritto graffiti anti-regime sui muri della città, usato le proprie pagine Facebook per pubblicare comunicati e dichiarazioni sui più importanti eventi politici e anche caricato sul proprio canale di YouTube video delle azioni condotte.
La posizione della Gioventù Rivoluzionaria Siriana ne ha fatto il bersaglio della più estrema persecuzione da parte del regime. La maggior parte dei membri fondatori del collettivo è stata arrestata, uccisa o costretta al lasciare la Siria.
Guardando uno dei video delle proteste del 2012, l’anno in cui il loro attivismo rivoluzionario raggiunse l’apice, è difficile riconoscere la voce di un manifestante che non sia stato nel frattempo imprigionato, ucciso o scacciato.
Lottando per rimanere attiva, la Gioventù Rivoluzionaria Siriana è stata uno dei pochissimi gruppi civili non armati a non essere stato ricattato o addomesticato dalla mentalità da Ong o dai finanziamenti politicizzati. La loro principale fonte di risorse era costituita dai membri stessi e hanno rifiutato di scendere a compromessi per guadagnare più appoggio finanziario o spazio nelle trasmissioni tv.
Mentre i video di manifestazioni con slogan espliciamente settari o richieste di intervento straniero sono state trasmesse dai media mainstream del Golfo, le proteste e le azioni della Gioventù Rivoluzionaria Siriana venivano pubblicizzate solo sul canale YouTube del gruppo, nonostante il fatto che si svolgessero nel cuore della capitale siriana.
Tuttavia, uno dei limiti del gruppo, che si sarebbe rivelato fatale, è stato forse il fatto che è rimasto quasi del tutto confinato dentro Rukneddine. Sebbene i legami con gli attivisti di Homs avessero portato alla creazione di un più piccolo gruppo di attivisti anche lì, il fulcro delle attività è rimasto il quartiere.
Per quanto importante fosse assicurarsi una presa sulla propria comunità locale, l’incapacità del gruppo di raggiungere un livello simile in altre aree ha significato che la loro capacità di mobilitazione è rimasta molto limitata.
Era anche troppo basato sui membri fondatori, il che ha voluto dire che quando la maggior parte di loro era stata ormai arrestata, uccisa o costretta a lasciare il paese, la capacità di attività è del tutto evaporata.
Persino la loro pagina Facebook, negli ultimi mesi, è stata pressocchè inattiva, anche se, per un gruppo la cui forza principale era il movimento sul campo, l’attivismo virtuale non è mai stato un elemento centrale.
La loro inesperienza, e a volte la mancanza di organizzazoine, ha esposto i membri a un pericolo ancora maggiore e li ha resi incredibilmente vulnerabili all’essere facilmente circondati dalle forze di sicurezza.
In un paese come la Siria, come un forte apparato di repressione, l’inesperienza e il più piccolo errore possono costare estremamente caro, e nel caso della Gioventù Rivoluzionaria Siriana, il prezzo è stato quello della perdita di alcune tra le più coraggiose e brillanti vite della Siria.
Alcuni membri della Gioventù Rivoluzionaria Siriana, ormai quasi del tutto dissolta come gruppo, continuano a languire nelle prigioni del regime siriano.
Lo scorso 30 dicembre c’è stato il primo anniversario dell’arresto di sette attivisti, bloccati dalle forze di sicurezza siriane in una casa di Rukneddine. Il loro arresto è stato quasi completamente ignorato, visto che le famiglie dei detenuti avevano chiesto l’anonimato per paura di ritorsioni sui loro cari.
Non è servito: tutti tranne uno dei sette arrestati sono morti sotto tortura, come confermato dai loro compagni di cella.
Il 1 dicembre scorso, tra gli attivisti siriani è circolata sui social media la notizia della morte sotto tortura di Amer Zaza. Zaza era stato arrestato poco meno di un anno prima, assieme ad altri sei amici a Rukneddine. Roudin Ajek, uno altro dei sette di Rukneddine, un giocatore di basket di talento e capitano della sua squadra giovanile, è stato ucciso sotto tortura a maggio del 2014.
Sia Amer che Roudin avevano brevemente lasciato la Siria per l’Egitto a metà del 2013, ma il loro impegno rivoluzionario e l’amore per il proprio paese li aveva spinti a rientrare. Fayez el-Ayoubi, assieme ai fratelli Muaz e Qusai Burhan, sono tra gli altri detenuti di Rukneddine morti sotto tortura.
Il 14 dicembre abbiamo ricevuto la notizia della morte sotto tortura di un altro membro e fondatore della Gioventù Rivoluzionaria Siriana, che rimane anonimo per richiesta esplicita dei suoi fratelli. Come Roudin e Amer, anche l’ultimo martire aveva lasciato la Siria a maggio del 2013, prima di ritornare.
Molte delle informazioni che sono servite per scrivere questo articolo sulla storia del collettivo, le ho raccolte da lui, in una intervista via Facebook a giugno del 2013.
Era acuto, eloquente e molto impegnato sia per la rivoluzione siriana che per la causa palestinese. Durante il suo primo arresto, a novembre del 2012, questo 26enne di Damasco era riuscito a sopportare 37 giorni di isolamento e a rimanere saldo nonostante le torture.
Si aggiunge alla crudeltà della sua uccisione il fatto che non possa essere ricordato e che non possa ricevere il tributo che merita come rivoluzionario e coraggioso attivista di sinistra.
Ricordare la Gioventù Rivoluzionaria Siriana e menzionare i suoi caduti non è un mero atto di nostalgia per la rivoluzione che è stata o per la Siria che avrebbe potuto essere; è prima di tutto un tributo agli studenti, ai ragazzi del quartiere, senza esperienza politica, che sono caduti nei loro 20 anni per aver sognato e combattuto pacificamente per riprendere la loro città dalla presa del dittatore e dei suoi scherani.
Hanno pagato un prezzo ulteriore per aver offerto un’alternativa che andasse al di là dell’opzione “regime o islamisti” e per essersi rifiutati di svendersi o di adottare un’agenda che compiacesse l’opposizione esterna.
Con la morte sotto tortura che minaccia tutto il gruppo, è difficile concludere la storia della Gioventù Rivoluzionaria Siriana con una nota di ottimismo.
E’ una tragedia che sia stato messo a tacere uno dei gruppi più promettenti e fonte di ispirazione, tra quelli nati dal basso emersi durante la rivolta.
Ma la loro eredità rimane e loro non saranno dimenticati mai, come non lo saranno gli ideali per i quali hanno combattuto e sacrificato così tanto, così giovani.
*Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Opendemocracy. La traduzione è a cura della redazione. La versione originale si trova qui.
January 11, 2015di: Budour Hassan*Siria,Articoli Correlati:
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