Canta la voglia di futuro, mentre denuncia la sorte di migliaia di “sorelle” afghane costrette a sposarsi contro la loro volontà.
Perché anche lei, per un soffio, non ha subito lo stesso destino.Si chiama Sonita, non ha ancora 20 anni ed è una rifugiata afghana in Iran, paese che ha raggiunto insieme alla famiglia quando aveva appena 8 anni.
In quanto persona non grata, non ha mai avuto accesso all’istruzione pubblica, così ha subito iniziato a lavorare come assistente per una ong che si occupava di dare sostegno ai bambini afghani nella sua stessa situazione.
Ed è proprio grazie ad un’ong che Sonita ha scoperto la sua passione per la musica, in particolare per il rap con cui, senza peli sulla lingua, non si stanca di denunciare in versi i soprusi che moltissime donne del suo paese affrontano a causa della tradizione e della religione.
“Grido per contrastare una vita di silenzio delle donne, grido attraverso le profonde ferite del mio corpo, grido per un corpo esausto nella sua gabbia, un corpo che si è rotto sotto il cartellino del prezzo che ci hai messo sopra” canta in farsi, in quella che è forse la sua canzone più famosa.
Il titolo è “Brides for sale”, spose in vendita, accompagnata da un video in cui compare con il volto tumefatto e un velo da sposa sulla testa. Nel brano, Sonita si rivolge al suo popolo, e ai suoi genitori i particolare, con versi molto meno banali di quello che ci si potrebbe aspettare:
“…se avessi saputo che avreste tenuto il conto dei miei consumi, se avessi saputo che avreste tenuto il conto dei miei morsi, sarei andata via dalla tavola affamata, o avrei mangiato i vostri avanzi. Come tutte le altre ragazze, sono imprigionata. Sono come una pecora nata solo per essere divorata”.
Sentimenti che l’hanno ispirata anche perché li ha vissuti in prima persona. Una storia che lei stessa racconta in un documentario girato dalla film maker iraniana Rokhsareh Ghaemmaghami e intitolato “Sonita is a traveling swallow” (Sonita è una rondine che viaggia).
Fin da quando era giovanissima, infatti, sua madre ha subito cominciato a farle pressioni per il matrimonio, dato che uno dei pretendenti avrebbe pagato per lei 9.000 dollari. In questo modo, la famiglia di Sonita avrebbe potuto permettersi di pagare i 7.000 dollari per il matrimonio del figlio maschio.
“Per favore non mi vendere, voglio essere un musicista!” grida disperata alla madre. La madre risponde: “Una ragazza afghana che vuole essere un musicista porterà solo vergogna alla nostra famiglia”.
Ma Sonita è testarda e riesce a convincere i suoi genitori, che le permetteranno di perseguire i suoi sogni.
Uno dei primi risultati importanti è arrivato nel 2014, quando vince un concorso musicale organizzato da Argos che aveva come tema la creazione di una sorta di inno per le elezioni afghane.
In pratica, i partecipanti (che sono stati moltissimi, sia dall’Afghanistan sia dai paesi della diaspora come Arabia Saudita, Pakistan, Canada) dovevano inventarsi una canzone che invogliasse i giovani afghani a recarsi alle urne e ad informarsi.
Dopo aver scritto e registrato diversi pezzi e girato dei video, per Sonita è infine arrivata una svolta inaspettata. A fine anno ha infatti vinto una borsa di studio per un’accademia d’arte nello Utah, Stati Uniti, dove potrà perfezionare le sue doti musicali, studiare e fare nuove esperienze.
Ma il cuore rimane sempre nel suo paese, alle donne sue sorelle che non hanno avuto la stessa fortuna. Secondo le stime più recenti, i matrimoni precoci colpiscono circa circa 15 milioni di bambine ogni anno nel mondo, in particolare in paesi come l’Afghanistan, Pakistan e India.
Qui i matrimoni che coinvolgono ragazze di età inferiore ai 16 anni sono diffusi soprattutto tra le famiglie povere, che li utilizzano anche per pagare i debiti o per risolvere conflitti.
E non poteva non colpirla la storia di Farkhunda, la ragazza afghana di 28 anni che il 19 marzo scorso è stata linciata da una folla inferocita, accusata ingiustamente di aver bruciato delle pagine del Corano.
Farkhunda è stata massacrata a calci e pugni, lapidata, trascinata e bruciata nell’indifferenza dei passanti e della polizia. Ma oggi il suo martirio è diventato un simbolo, che inaspettatamente ha portato migliaia di persone in tutto l’Afghanistan a manifestare per le strade chiedendo giustizia.
Anche Sonita ha deciso di fare sua la sofferenza di questa ragazza e di tutte le ragazze afghane, facendo la sola cosa che sa fare meglio di tutte: ci ha scritto una canzone.
“Il rap – racconta infatti in un’intervista apparsa su PRI – consente di raccontare la tua storia ad altre persone. E’ una piattaforma per condividere le parole che sono nel mio cuore”.
Lunedì, Maggio 25, 2015 – 10:30di: Anna ToroAfghanistan,