Il Consiglio Europeo rinvia ogni decisione su politiche di immigrazione e asilo. Per i prossimi mesi, saranno solo rafforzati i controlli in mare e gli apparati di contrasto all’immigrazione. Intanto, una task force di esperti avrà tempo fino a dicembre per studiare cosa fare e come farlo. Di modificare le leggi sul diritto di asilo se ne parlerà a giugno 2014.
di Fulvio Vassallo Paleologo*
Lampedusa, e l’intera Sicilia, rischiano in questi mesi di trasformarsi in una “discarica umana”, per richiamare l’espressione usata dal sindaco Giusi Nicolini per descrivere la situazione nella sua isola. Le clamorose inefficienze del sistema di accoglienza italiano e le procedure assai incerte riservate agli immigrati dopo lo sbarco in Italia, procedure interminabili e caratterizzate da una larghissima discrezionalità amministrativa, hanno reso il nostro paese un paese “non sicuro” per i potenziali richiedenti asilo.
Molti di loro cercano di fuggire il prima possibile dall’Italia, per raggiungere i paesi nordici e del centro Europa, nei quali sono garantiti standard di accoglienza e di integrazione conformi alle Direttive dell’Unione.
Se ne sono accorti anche i giudici amministrativi tedeschi che hanno sospeso la riammissione in Italia di numerosi richiedenti asilo che, per esservi transitati, avrebbero dovuto essere riconsegnati al nostro paese in base al Regolamento Dublino II.
Le conclusioni dell’ultimo Consiglio Europeo svoltosi a Bruxelles il 24 e 25 ottobre non sono state quella svolta che molti auspicavano. Solo frasi di circostanza e impegni da assumere con le tante agenzie dell’Unione Europea, come Frontex ed Eurosur, che hanno sempre avuto una prevalente funzione di contrasto dell’immigrazione irregolare. E sul diritto di asilo un rinvio al giugno del 2014, quando dopo le elezioni del nuovo Parlamento Europeo i partiti populisti e nazionalisti, che sembrano ovunque in crescita, potrebbero imporre un ulteriore inasprimento delle misure di contrasto da rivolgere anche nei confronti dei potenziali richiedenti asilo.
Di concreto solo un ulteriore impulso per accordi bilaterali e protocolli operativi di polizia con paesi che non rispettano i diritti umani e che, come nel caso della Libia, neppure hanno attuato la Convenzione di Ginevra del 1951 a salvaguardia dei diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo.
Per il premier italiano Enrico Letta, invece, “le conclusioni del Consiglio europeo sono sufficienti rispetto alle aspettative che avevamo. Il passo in avanti oggettivamente credo che ci sia sulle migrazioni e sulla centralità del dramma”.
Per Letta,”è importante che le conclusioni abbiano incorporato il concetto di solidarietà, e non era scontato. Oggi credo si sia raggiunto il risultato fondamentale di considerare il tema come europeo, non come maltese, italiano o dei paesi del Mediterraneo. L’Europa ha fatto finalmente un passo in avanti. Ma questo non ci scarica di responsabilità: noi dobbiamo fare la nostra parte, siamo lì e non possiamo prescindere dalle nostre responsabilità ma dobbiamo coinvolgere tutta l’Europa”.
E’ davvero da verificare in cosa consista questo passo avanti che si sarebbe compiuto a Bruxelles, dal momento che tutte le decisioni operative sono rinviate ad una “task force” che dovrebbe lavorare alle dipendenze della Commissione ed al prossimo vertice del Consiglio a dicembre. Di certo questo metodo di lavoro, in materia di immigrazione ed asilo, ha avuto caratteri di opacità e inefficacia che hanno più volte contrapposto il Consiglio e la Commissione, da una parte, e il Parlamento dall’altra.
Al termine del vertice di Bruxelles si sono sprecate le parole di circostanza, ma nessun impegno concreto è stato preso dall’Unione o dai singoli Stati che ne fanno parte. Il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy ha detto che “tutti i leader europei sono d’accordo” sulla necessità di “condividere la responsabilità con i paesi più coinvolti” nell’affrontare l’emergenza immigrazione. Ma oltre ai “tre valori” che guideranno l'”azione determinata” dell’Unione Europea nei prossimi mesi, “prevenzione, protezione e solidarietà”, non è stato in grado di assumere alcun impegno preciso.
Intanto sembra che sia ripartito l’ennesimo balletto burocratico tra i diversi organi dell’Unione. Il presidente della Commissione Europea Barroso si è limitato a dire che la Commissione europea “presenterà a dicembre il rapporto della task force” istituita nei giorni scorsi per individuare le “azioni concrete da avviare a livello europeo per affrontare l’emergenza”.
Barroso non ha però precisato se, quando e per quale destinazione, arriveranno i trenta milioni di euro che aveva promesso quando si era recato a Lampedusa ad onorare le vittime delle ultime stragi. Quale sarà su tutti questi rapporti burocratici il contributo ed il ruolo di controllo del Parlamento Europeo?
Nessuna decisione operativa dunque al Consiglio Europeo, malgrado per settimane si fosse battuto sulla litania che questa emergenza si poteva risolvere solo a livello continentale. Nelle conclusioni del Consiglio ricorre solo una rituale espressione di “preoccupazioni” per le vittime di Lampedusa. Piena continuità invece con le direttive e i regolamenti già adottati il 26 giugno scorso, incluso il Regolamento Dublino III, che dal primo gennaio 2014 sarà operativo e che, anche se amplierà la sfera dei familiari che possono chiedere il ricongiungimento, renderà ancora più difficile la condizione dei potenziali richiedenti asilo che non intendono farsi identificare in Italia (per i quali si introduce la detenzione amministrativa).
La task force di “esperti” che dovrà riferire entro il prossimo Consiglio di dicembre, dovrebbe occuparsi prevalentemente di apparati di contrasto e di rapporti di collaborazione con i paesi di transito nella lotta contro il traffico e la tratta di esseri umani. Frontex ed Eurosur saranno dunque rinforzate ma non si dice come, quando e dove, e soprattutto con quali risorse. Dei problemi del diritto di asilo se ne parlerà solo dopo giugno 2014.
I potenziali richiedenti asilo, intanto, possono continuare a morire in mare e nei paesi di transito, o a essere detenuti illegalmente, oppure ancora essere esposti agli agenti diplomatici dei governi, per meglio dire delle dittature, dei paesi di provenienza, come si sta verificando in questi giorni in Sicilia.
Nessun impegno del Consiglio dell’Unione per misure di accoglienza umanitaria o per una equa distribuzione dei rifugiati a livello europeo. Nessun accenno alla possibilità di aprire un corridoio umanitario dalla Libia o dall’Egitto o di concedere visti di ingresso per motivi umanitari, se non abolire proprio l’obbligo di visto per categorie determinate di richiedenti asilo.
Le conclusioni del Consiglio di Bruxelles sono dunque in continuità con la politica dell’Unione degli anni scorsi. Altro che svolta.
In materia di immigrazione ed asilo, che si continua colpevolmente a non distinguere, alimentando in questo modo un diffuso pregiudizio nell’opinione pubblica, già negli anni passati si auspicava una maggiore collaborazione con i paesi di transito ed un effettivo coordinamento tra Frontex, Eurosur, Europol e le polizie dei paesi membri e dei paesi di transito. E in qualche modo si prefigurava già la task force che è stata istituita di recente, alle dipendenze dirette della Commissione, per riprendere il controllo (che era sfuggito) su Frontex.
La politica italiana dopo gli esiti modesti del Consiglio sembra concentrarsi sugli ultimi sussulti del berlusconismo e cancella le vittime dell’immigrazione. Troppi, nei partiti di governo, in nome della governabilità e delle larghe intese, stanno correndo a fare quadrato su Alfano, ministro dell’interno, corresponsabile del caso Shalabayeva, la donna kazaka espulsa con la sua bambina e consegnata nelle mani della polizia di un paese che non rispetta i diritti umani, e fiero avversario di qualunque modifica delle norme in materia di immigrazione ed asilo.
Con l’approssimarsi della crisi, e forse anche delle elezioni, si allontana qualunque ipotesi di riforma legislativa. Scompare dall’agenda del governo italiano anche l’attuazione delle Direttive dell’Unione in materia di asilo.
Intanto con una commovente manifestazione davanti Montecitorio, gli esuli eritrei si sono riappropriati dei loro morti del naufragio del 3 ottobre.
Noi dobbiamo riappropriarci della possibilità di fare politica. A partire dalle questioni dell’immigrazione e dell’asilo perché nessuno, in campagna elettorale, possa speculare sull’ennesima guerra tra poveri o alimentare le collaudate politiche della paura.
* Università di Palermo
** Foto Physiscian for Human Rights
October 28, 2013di: Fulvio Vassallo Paleologo*