La testimonianza di Alahmed, uno dei tanti rifugiati in fuga dal conflitto siriano. Assieme ad altri compagni di viaggio, protesta da giorni per le condizioni di accoglienza nell’enclave spagnola, cercando di ottenere un lasciapassare per l’altra sponda del Mediterraneo.
“Ora dormo con 100 persone in una grande stanza, l’acqua è fredda, i miei bambini non riescono a lavarsi”. Queste le parole di un profugo siriano in attesa, arrivato a Melilla qualche settimana fa. Ha passato alcune notti in un hotel con la sua famiglia, ora è registrato nel CETI (Centro di accoglienza temporanea) dove aspetta di essere trasferito sul suolo europeo.
Parla inglese, racconta il suo viaggio, descrive i paesi che ha attraversato e l’ammontare di dollari che ha pagato alle mafie.
“Ho studiato e vissuto a Londra. Prima della guerra per me era facile viaggiare, sono andato spesso in Europa e sono sempre ritornato in Siria. Negli ultimi mesi però ad Hamah la situazione era terribile, così l’unica soluzione è stata quella di far scappare la mia famiglia illegalmente. Sono circa due anni che ho smesso di lavorare. Avevo qualche soldo da parte, li avevo risparmiati, ma ora non mi è rimasto più tanto”.
Mentre parla, Alahmed mostra il suo vecchio passaporto siriano. Tra le pagine i visti Schengen, i timbri, i fogli pieni di storia. Ora quel passaporto non ha più valore, poiché per affrontare il lungo viaggio e passare la frontiera ha dovuto pagare i trafficanti e cambiare identità.
La sua famiglia si è salvata dalla guerra, ma i risparmi di una vita li ha spesi attraversando i confini, fino alle porte d’Europa e adesso chiede aiuto.
“Family in Europe, ho i parenti in Europa. Voglio entrare, tornare da loro. Non posso vivere in Spagna, devo andare in Germania e chiedere asilo lì”. Alahmed ha camminato lungo il confine tra l’Algeria e il Marocco, insieme alla sua famiglia, i suoi 3 bambini, il padre di 74 anni e la madre. È rimasto per qualche mese a Casablanca.
Una parte della sua famiglia è ancora li, mentre la moglie e i figli sono riusciti ad entrare a Melilla insieme a lui, circa un mese fa.
Grazie ai documenti falsi, una nuova identità marocchina, procurati da chi specula sulle tragedie alla frontiera.
“Ho aspettato qualche giorno a Nador, un abitante del posto mi ha proposto l’affare e io gli ho dato quello che voleva. In cambio, sono arrivato. Vogliono 2000 dollari a persona e per i bambini sono riuscito a pagare la metà. Sono venuto fin qui perché mi hanno detto che in un mese o due mi avrebbero trasferito in continente [europeo] senza problemi. Ora scopro che se chiedo asilo devo restare almeno un anno, ma qui siamo in troppi”.
“Noi siamo più fortunati di tanti altri. Abbiamo ancora un po’ di soldi. Ma guardate i nostri bambini, le nostre famiglie, non possiamo vivere così. Siamo scappati dal nostro paese per colpa della guerra ed ora l’Europa deve trovare una soluzione. Deve darci una mano”.
Intanto, in segno di protesta, alcune famiglie siriane si sono accampate in sit-in in piazza di Spagna, nel cuore della piccola enclave ancorata sulla costa settentrionale del regno marocchino. Reclamano il loro diritto a chiedere asilo, ma solo una volta trasferiti dall’altra parte del Mediterraneo.
Non sono interessati alle prospettive che gli offre Melilla. Piuttosto, sono disposti ad arrivare in Europa con un foglio di via, come “clandestini”. Un “lasciapassare”, lo chiamano qui. L’obiettivo è raggiungere i parenti nel continente, a nord.
In ogni caso, nessuno vuole fermarsi in Spagna.
Leggi anche “Melilla. Bloccati alle porte d’Europa” e visita la fotogallery.
November 12, 2013di: testo e foto Sara Creta, MelillaMarocco,Siria,Articoli Correlati:
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