Centinaia di persone si sono unite nel movimento Barakat (“basta”) per dire no al quarto mandato consecutivo del presidente in carica. Il punto con Mehdi Bsikri, giornalista a El Watan e membro del collettivo di protesta.
Cosa ha significato per la società algerina la candidatura al quarto mandato di Bouteflika?
Non ho la pretesa di essere un portavoce dell’intera società algerina, ma di certo – almeno secondo i miei viaggi di città in città e le testimonianze raccolte – la popolazione manifesta la sua esasperazione. Non ne vuole sapere di una candidatura che significa la continuità di un sistema liberticida.
La maggioranza dei cittadini vuole uscire dalla sua condizione di sudditanza, vuole prendere la parola per dire “stop” alla cattiva gestione del paese, “no” alla corruzione endemica, “basta” allo sperpero di fondi pubblici. Vuole un rafforzamento legale delle istituzioni e delle amministrazioni, per garantire la sopravvivenza dello Stato. Il regime in atto ha svuotato di senso e poteri le istituzioni per continuare a dirigere il paese indisturbato, a danno del benessere degli algerini.
A che punto sono le mobilitazioni contro la rielezione di Bouteflika?
Sono in aumento e assumono forme differenti. Studenti, professori, medici, disoccupati, funzionari.. ognuno si mobilita a suo modo, pur convergendo verso il rifiuto del quarto mandato.
Quali sono le rivendicazioni del movimento Barakat?
Il nostro movimento non ha un vero e proprio inquadramento, è un collettivo militante di cittadini costituitosi in forma spontanea, indipendente dai partiti politici (non sostengono nessun candidato alle presidenziali, ndr). Si tratta di un movimento pacifico che esprime chiaramente il rifiuto della violenza, pur rivendicando un cambiamento radicale del sistema, non limitato alla facciata. Il nostro slogan è “no al sistema, no alla polizia politica, no al quarto mandato”.
Cosa significa esattamente Barakat?
Il significato della parola in arabo algerino è “basta”, ma lo slogan ha un significato storico per noi. Il popolo algerino gridava già “7 anni barakat” una volta acquisita l’indipendenza, dopo i tragici fatti dell’estate 1962 quando due clan dell’esercito – quello “dell’interno” e quello che durante la guerra di liberazione stazionava alle frontiere – entrarono in conflitto.
Da chi è composto il movimento e quali azioni propone?
Il movimento Barakat è composto da cittadini di profilo differente e insediati in diverse regioni del paese. Ciò che li lega è l’amore per il paese e la consapevolezza dei rischi per il futuro. Ci sono avvocati, giornalisti, medici, impiegati, architetti, artisti, attori, disoccupati, donne e uomini. Per noi non ci sono distinzioni né di sesso né di professione. Siamo tutti uguali, tutti cittadini.
Barakat si batte per uno Stato repubblicano e democratico, per un’economia sottratta alla dipendenza dagli idrocarburi e destinata all’implosione. Il movimento si scaglia contro le derive del sistema, sia in campo economico che dell’apparato di sicurezza. Per noi è tempo di salvare l’Algeria; se il paese continuerà ad essere governato in questo modo saremo indirizzati inevitabilmente verso il baratro.
Quanto alle azioni proposte, per il momento Barakat ha organizzato alcuni sit-in di fronte all’universale centrale di Algeri, nel cuore della capitale. Ne stiamo preparando altri, assieme ad una sorta di manifesto esplicativo delle ragioni del movimento.
Non si respira una sorta di fatalismo politico nel paese?
Al contrario. Gli algerini sono molto coscienti e politicizzati. Nonostante tutto, conservano la speranza di un cambiamento in profondità, un cambiamento pacifico e sereno. Sanno bene che le parole degli esponenti del regime non sono altro che subdola propaganda.
Quali sono oggi le priorità per l’Algeria?
Tante, forse troppe. Sui settori da riformare d’urgenza, molti analisti concordano: la giustizia, l’amministrazione pubblica, la sanità, l’agricoltura, la politica urbanistica, la distribuzione a tutti i cittadini di gas, acqua corrente ed elettricità.. solo per fare un primo elenco. Esistono delle competenze integre all’interno del paese, è ora di offrire loro una possibilità.
* Per accedere alla versione dell’articolo in lingua originale clicca qui. La traduzione è a cura della redazione.
March 21, 2014di: Louise Michel D. per Jol PressAlgeria,Articoli Correlati:
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