Il primo villaggio iracheno disposto a rinunciare alle mutilazioni è Toutakhel, che in cambio chiede “garanzie per l’educazione dei propri figli”. E intanto, un recente studio dell’European journal of psichiatry conferma che questa violenta pratica causa gravi patologie psicologiche.
di Angela Zurzolo
“Le madri e le sorelle di più della metà del partito sono state mutilate. Ciò significa che voi insultate vostra nonna e le vostre stesse madri. Le accusate di ignoranza. Disonorate i vostri nonni morti e bruciate la loro bara”. Così, a giugno il Mullah Ismael Sosaae cercava di impedire che il Parlamento approvasse la legge sulla violenza domestica, che ha di fatto messo al bando le mutilazioni genitali femminili.
Indignato, in un video, l’uomo spiegava: “L’Imam Shafi, (la maggior parte dei curdi iracheni seguono questa scuola) dice che la circoncisione è cosa buona! Non seguite questa confessione? E il presidente del governo regionale curdo?”.
Bene,“l’Imam Shafi sostiene che la mutilazione genitale femminile è un obbligo e che le donne debbano essere circoncise”.
La campagna contro le mutilazioni genitali femminili nel Kurdistan iracheno è stata duramente messa alla prova da queste affermazioni. Ma ci sono stati anche molti mullah che le hanno contraddette. E alla fine la legge ha dato ragione agli attivisti.
Ciononostante il fenomeno è ancora dilagante.
E intanto, L’European journal of psichiatry ha pubblicato i risultati di uno studio che conferma la presenza diffusa di patologie psicologiche tra coloro che hanno subito la mutilazione.
Il 44% delle ragazze curde intervistate soffre di un disturbo post-traumatico da stress, il 33,6% di problemi depressivi, il 45,6% di ansia e il 36,7% di altri sintomi somatici.
“Tutte le ragazze mutilate ricordano il giorno della loro circoncisione con terrore”. Circa il 78% di esse si è detta “inerme” e ha “descritto sensazioni di intensa paura, orrore, e dolore acuto”. Impossibile quindi invocare il relativismo culturale.
IL PRIMO VILLAGGIO ‘LIBERO’ DALLE MUTILAZIONI
Si chiama Toutakhel ed è il primo villaggio del nord del Kurdistan iracheno ad aver detto ‘no’ alle mutilazioni.
Formato da quindici famiglie e 112 abitanti, rappresenta la prima vera vittoria della campagna “Stop FGM in Kurdistan”, supportata dalle ong Wadi e Hivos, e dal dipartimento di Stato americano.
Un mese prima di aver accettato di fermare la pratica, dieci giovani erano state mutilate.
Gli abitanti di Toutakhel hanno però chiesto qualcosa in cambio: “Senza educazione non siamo niente. Preferiremmo morire piuttosto che lasciare i nostri figli senza educazione”, hanno detto.
Fino a qualche tempo fa i bambini del villaggio erano costretti ad andare a scuola in una capanna di fango, che ospitava un asinello. Poi, nel 2012, è stato costruito un edificio di mattoni, privo però di elettricità, acqua e riscaldamento. Un mese fa, in seguito all’accordo, sono arrivate nel villaggio due roulotte da adibire ad aule.
March 26, 2012
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