Giovedì all’alba due cariche esplosive sono state fatte saltare da ignoti lungo il gasdotto che attraversa la penisola egiziana del Sinai, all’altezza del villaggio di al Arish, nel nord. L’attentato, che non ha provocato vittime e non è ancora stato rivendicato, ha costretto l’azienda egiziana GASCO a sospendere l’esportazione di gas verso Israele e Giordania.
di Marta Ghezzi da Amman
Anche se le autorità egiziane assicurano che la linea tornerà operativa entro due settimane, la preoccupazione è palpabile, da Amman a Tel Aviv. Si tratta infatti del settimo attentato dalla caduta di Mubarak.
Il secondo da quanto, in agosto, l’esercito egiziano ha intensificato i controlli lungo la linea. I precedenti attacchi erano stati rivendicati da gruppi terroristici di ispirazione al-qaedista.
Secondo fonti egiziane questo sarebbe l’ennesimo tentativo di incrinare le relazioni commerciali con Israele, anche se farne le spese è in primo luogo la Giordania.
Il regno hashemita dipende infatti per il 97 per cento dalle importazioni dall’estero, per quanto riguarda l’energia e le risorse naturali.
L’interruzione egiziana costringerà le autorità giordane a riaprire le inquinanti centrali a diesel per la produzione di energia elettrica, nella speranza che l’emergenza rientri davvero in quindici giorni.
Oltre che andare incontro ad un grosso buco nel bilancio nazionale, Amman rischia anche di dover mettere le mani direttamente nelle tasche dei cittadini, aumentando il costo dell’elettricità, con l’inverno alle porte. E le proteste appena sopite.
November 11, 2011
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