Pubblichiamo il comunicato stampa della Cisda Onlus (Coordinamento italiano di sostegno alle donne afghane) sulla sospensione del partito democratico afgano Hamastagi, a cui è seguita l’interrogazione parlamentare dell’onorevole Augusto Di Stanislao contro le autorità di Kabul. Ma non basta: il governo di Roma deve battersi per la sua reintegrazione.
Il ministero della Giustizia afghano ha reso nota la sospensione del Partito della Solidarietà Hambastagi, e l’avvio da parte dei servizi segreti e del ministero degli Interni di indagini per un’eventuale denuncia legale nei confronti dei suoi esponenti accusati di aver insultato il “jehad”.
Il 30 aprile scorso, nel ventesimo anniversario della presa del poteredi Kabul da parte delle milizie fondamentaliste, il Partito democratico afghano Hambastagi ha organizzato una partecipata manifestazione per chiedere giustizia per le vittime civili e la deposizione dei warlords che ricoprono incarichi istituzionali.
Successivamente, Hambastagi ha denunciato di aver subito pressioni e minacce da parte di esponenti del Parlamento che hanno condannato il corteo e chiesto l’annullamento del suo status giuridico di partito, con l’intenzione di delegittimare il movimento democratico e richiederne l’espulsione.
In Italia, questo episodio è stato oggetto di un’interrogazioneparlamentare a risposta scritta da parte dell’on. Augusto Di Stanislao, che ha espresso ferma condanna e chiesto al governo afghano di porre fine a un modus operandi che va contro una libertà di opinione e di espressione, indispensabile per costruire uno Stato democratico eautonomo a tutela e sostegno dei cittadini.
Nato nel 2004, Hambastagi è un partito laico e democratico che si oppone ai criminali di guerra al governo del paese e alla presenza della NATO, denunciandone la volontà di stabilire basi permanenti in Afghanistan una volta ultimato con successo il ritiro formale delle truppe.
Hambastagi vanta oltre 30.000 iscritti e ha costruito negli anni una presenzacapillare nelle province e nelle zone rurali promuovendo l’educazione e il coinvolgimento attivo della cittadinanza alla ricostruzione del paese.
Le manifestazioni e i cortei che spesso i suoi militanti organizzano costituiscono fondamentali strumenti di presenza per dimostrare concretamente che la resistenza pacifica non è scomparsa.
La stigmatizzazione delle opposizioni politiche, rappresentata da questo grave episodio, si riflette anche sul rischio di marginalizzazione delle organizzazioni non governative locali che non sono perfettamente allineate con il governo afghano e la presenza delle truppe nel paese.
Non a caso, gli Usa hanno spostato la gestione diretta dei fondi per lo sviluppo dal ministero degli Esteri, a quello della Difesa e poi ai PRT (Provincial Riconstruction Team).
Il Cisda denuncia quanto accaduto come il segno evidente di una politica che lede i diritti, la libertà e la sovranità dei cittadini afghani e invita le associazioni e le istituzioni italiane a richiedere l’integrazione del partito d’opposizione afghano Hambastagi e a richiamare e condannare tale politica che arreca anche il rischio di indurre alla clandestinità e di estremizzare le opposizioni che, al contrario, dovrebbero convivere pacificamente all’interno di una democrazia reale.
Per ulteriori informazioni: cisdaonlus@gmail.com
June 11, 2012
Afghanistan,Articoli Correlati:
- Sempre meno donne e diritti umani nell’agenda politica dell’Afghanistan
- Afghanistan. Per i bambini ‘ballerini’ la violenza è dietro l’angolo
- Afghanistan. “Questa è Kabul, non Teheran”: via i poster di Khomeini
- Per i giovani di Kabul la pace si fa con la pace
- Afghanistan. Se i villaggi si ribellano ai talebani
- Afghanistan. Diciottenne accusa: “picchiata e stuprata per giorni”
- Afghanistan. La società civile italiana incontra Maria Bashir
- Una “casa” per la società civile afghana. Incontro con Emanuele Giordana
- Afghanistan. Il segreto del successo dell’opposizione armata? C’entra la droga
- Contro la guerra in Afghanistan. Gli ex soldati si strappano le medaglie
- Summit Nato. Francia che va, Alleanza che resta