Chi arma i ribelli anti-Assad?

Il presidente Bashar al-Assad ha accettato i sei punti dell’ex segretario delle Nazioni Unite, ma a condizione che l’Esercito Libero Siriano deponga le armi. Ma cosa è veramente l’Els? E chi lo arma?

 

 

 

di Nicolò Perazzo

 

A più di un anno di distanza dall’inizio delle rivolte, la comunità internazionale continua a cercare soluzioni alla crisi siriana, mentre l’inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba, Kofi Annan, annuncia che il piano di pace è stata accolto positivamente dal governo di Damasco e dai suoi alleati – Russia e Cina -, che durante il mese di febbraio avevano posto il veto sulle richieste della comunità internazionale.

Il presidente Bashar al-Assad ha accettato i sei punti dell’ex segretario delle Nazioni Unite, ma a condizione che l’opposizione deponga le armi, e gli vengano date garanzie scritte.

La situazione continua quindi ad essere tesa, e il capo dei ribelli fa sapere in un’intervista che non cederà ai “ricatti del regime”, e risponderà solo alla comunità internazionale.

Ma cos’è questo l’Esercito Libero Siriano?

L’Els, noto anche come movimento degli ufficiali liberi è il principale gruppo armato dell’opposizione siriana. Conta tra i 30 e i 50 mila uomini, tutti uniti sotto un unica bandiera verde, bianco e nera (in orizzontale), con tre stelle rosse al centro.

Il quartier generale è in Turchia, ad Hatay, anche se ha cellule operative dislocate in Giordania, Libano e ovviamente Siria.

Nato con l’intento di riunire i militari dell’esercito regolare di Damasco passati all’opposizione, l’Els ha ormai reso pubblica la sua struttura di coordinamento all’interno del territorio siriano: i suoi vertici hanno annunciato la creazione di un Consiglio militare presieduto dal generale Mustafa al Shaykh, il disertore con il grado più alto e in passato a capo di un’altra formazione anti-regime ora confluita nell’Els.

Le operazioni militati del nuovo Consiglio saranno dirette dal colonnello Riyad al Assaad, comandante dell’esercito.

Il neonato direttivo, collegato all’omonima entità formata all’inizio di marzo dal Consiglio nazionale siriano (Cns) – organizzazione di riferimento degli oppositori all’estero – è in diretto contatto con i comandanti militari dell’Esl che operano sul terreno: il colonnello Qassem Saad al Din per la regione di Homs, il parigrado Afif Suleiman per Hama, Khaled Habus per Damasco, e il tenente colonnelo Muhannad al Talaa per Dayr az Zor.

Il leader del movimento, Ryad al-Asad, ha dichiarato che l’Els non ha nessun obiettivo al di fuori della ‘liberazione’ della Siria e della caduta del regime di Bashar al-Assad. Tra le sue fila ci sono anche gli alauiti, confessione a cui appartiene la famiglia al potere.

Ma è veramente così? Sono tutti disertori? E soprattutto chi li arma?

Secondo un’intervista di Nicholas Blanford del Daily Star, veterano tra i reporter internazionali, nonostante la scarsità di armi, l’Els riesce a dotarsi di armamenti avanzati grazie alla complicità di alcuni ufficiali delle forze armate. 

La richiesta di armi avanzata a più riprese dal Consiglio nazionale siriano (CNS), la principale piattaforma dell’opposizione, è per ora bloccata dalla contrarietà (apparente) degli Usa e da un sostegno solo dimezzato della Lega araba, anche se – a detta di Sibel Edmonds, informatore dell’FBI, – le forze americane e della Nato avrebbero iniziato ad addestrare i ribelli siriani nel sud-est della città turca di Hakkari a maggio dello scorso anno, favorendo allo stesso tempo il contrabbando di armi verso la Siria dalla base militare di Incirlik in Turchia, come pure il finanziamento dei ribelli.

E malgrado non ci sia un vero e proprio ‘via libera’ a rifornire di armi i ribelli, Arabia Saudita e Qatar hanno deciso di creare ugualmente un fondo con centinaia di milioni di dollari per sostenere l’Esercito Libero Siriano. Non solo, ma si farà carico del pagamento degli stipendi ai ribelli in armi.

In realtà in questo modo si sta creando solo confusione e si favoriscono le fazioni più intransigenti escludendo i leader più moderati che hanno dato vita alle proteste iniziali, alcuni dei quali già si sono dimessi poiché manca autorevolezza ed effettiva gestione politico-militare all’interno del gruppo.

Ormai – come riporta anche il sito d’intelligence israeliana Debka file – sono in molti ad aver documentato la presenza di combattenti stranieri che avrebbero largamente ingrossato le fila dei movimenti antigovernativi.

Combattenti musulmani sunniti e trafficanti d’armi sarebbero entrati in territorio siriano dall’Iraq per sostenere la rivolta contro Bashar al-Assad, e grazie ad accordi tra le tribù, la frontiera si starebbe trasformando in una zona calda che sarà difficile da controllare.

Inoltre il sito giordano al-Bawaba e fonti vicine all’ex primo ministro giordano, riferiscono che oltre 10 mila libici sarebbero in fase di addestramento ai confini con la Siria, nel nord della Giordania, in una zona cuscinetto creata appositamente, pronti per entrare a combattere al fianco dell’opposizione.

L’agenzia ABC ha già intervistato alcuni islamisti libici, arrivati per aiutare a combattere il regime di Assad. E mentre arrivano queste notizie l’organizzazione internazionale Human Rights Watch (HRW) accusa in queste ultime settimane i ribelli di aver rapito, torturato ed eseguito sommariamente membri delle forze di sicurezza, mercenari ingaggiati dal regime ed altri sostenitori.

La replica dei membri dell’opposizione non si è fatta attendere, e Sheikh Anas Airout, membro del Consiglio nazionale siriano, ha commentato il rapporto di Hrw, affermando che sono “alcune situazioni eccezionali e sfortunatamente sono reazioni agli orrori, ai crimini e atrocità che il regime continua a commettere contro il popolo siriano, anche se sono totalmente inaccettabili e non si vuole ripetere gli stessi errori del regime” .

“Errori” che per il colonnello Riadh Al Assad non possono fermare il suo piano di creare una base militare operativa all’interno della Siria: sulla costa, nel Nord, “poiché bisogna avere una finestra sul mare per raggiungere in fretta Aleppo e la sua provincia”.

Fino a quel momento la priorità dell’Esercito libero siriano è quella di convincere la comunità internazionale a compiere alcune azioni militari su obiettivi ben precisi che i disertori indicheranno.

In seguito, una volta soddisfatta questa richiesta, il colonnello Riadh Al Assad è certo che insieme ai suoi uomini riuscirà ad avanzare verso la capitale e a sconfiggere le truppe regolari, anche perché insieme a loro, dice, ci sarà l’intero popolo siriano.

 

 

April 16, 2012

Arabia SauditaIran,Iraq,Israele,Libia,Qatar,Siria,Turchia,Articoli Correlati: 

Redazione

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