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Da Beirut, il “viaggio” onirico-musicale dei Safar

La scena indie di Beirut ha sempre qualche piccolo gioiello da scoprire. Come i Safar, un duo formato dalla cantante Mayssa Jallad e dal chitarrista Elie Abdelnour, che da qualche anno ha iniziato a farsi conoscere e apprezzare dentro e fuori dal Libano.

 

 

La splendida voce di Mayssa e gli interessanti arrangiamenti di Elie contribuiscono a creare quella fusione a tratti onirica a tratti divertente e dinamica, tra pop, jazz e soul che è la vera caratteristica dei Safar. Un sound fresco, venuto improvvisamente fuori di recente, grazie a un contest per musicisti emergenti molto in voga nella capitale libanese. 

“Io ed Elie ci siamo conosciuti quasi 6 anni fa attraverso un amico comune, e questo nonostante avessimo trascorso l’estate nella stessa città per tanti anni – racconta Mayssa a Osservatorio Iraq – Abbiamo iniziato casualmente a suonare insieme in giro per i salotti degli amici, ma è solo nel 2013 che la cosa ha iniziato a farsi seria, quando abbiamo partecipato ad un concorso chiamato Beirut Open Stage. Con voce e chitarra, abbiamo interpretato alcune cover e abbiamo finito per vincere grazie al voto del pubblico! E ‘stato lì che abbiamo deciso di scrivere musica originale insieme”.

Una musica costruita a partire da un mix di generi e ispirazioni diverse, attinte principalmente dall’America e dall’Europa: dal pop dei Beatles e Michael Jackson al funk di Jamiroquai, fino al jazz di Norah Jones e al soul di Etta James. Con la crescita musicale, hanno poi scoperto anche artisti indie versatili come Feist, Sigur Ros, Arcade Fire, Emiliana Torrini. E infine c’è la radio, che ascoltano tantissimo e da cui traggono ispirazione soprattutto per le cover da reinterpretare e safarizzare.

Safar è infatti il nome che il duo ha scelto, con un doppio significato: “Il premio per la vittoria al Beirut Open Stage è stata la possibilità di girare un video per la nostra canzone intitolata Sheets, e l’abbiamo fatto in un bellissimo salone di barbiere chiamato Salon Safar su Bliss street. La parola safar, poi, in arabo significa viaggio, così abbiamo pensato che il nome fosse veramente in sintonia con la nostra musica”.

Un viaggio musicale del cuore e della mente, ma che è anche linguistico. I testi dei Safar, scritti principalmente da Mayssa, alternano infatti la lingua inglese con quella araba. “Scrivo in un piccolo taccuino che porto con me tutto il tempo – spiega – Non so ancora in quale lingua uscirà la poesia fino a quando non la butto giù su carta. Dapprima ho cominciato a scrivere in arabo, quando è cominciato un Beirut Open Stage ‘Bil Arabe’, e noi eravamo pronti per la sfida”.

La scelta, però, condiziona anche il contenuto: “Quando scrivo in arabo, vengono fuori delle parole che rendono il testo molto più impegnato politicamente e ancorato nella vita reale. E’ il linguaggio delle notizie, della strada. Mentre con l’inglese riesco ad essere più sognante e astratta. E’ come se avessi una specie di interruttore nel mio cervello”. 

“Alla fine il nostro modo di scrivere è molto liberatorio, perché non esiste una regola. A dare inizio al processo creativo potrebbe essere la melodia di Elie, o un ritmo che trovo attraverso i testi, e quando decido di scrivere una poesia cerco di essere fedele alla sensazione che provo, e di esprimere l’intensa emozione con parole semplici e con la voce”. 

Nelle canzoni impegnate (quindi in arabo) i due musicisti cercano comunque di non censurare mai le loro idee. Ad esempio, nulla ha impedito loro di collaborare con il gruppo rap libanese Fareeq el Atrash.

Per il risultato, basta guardare il video Wa Namshi (Gaza) girato sul cortile del Colonnel Beer per il programma Beirut Jam Sessions: un appello per Gaza sotto il chiaro di luna costruito attraverso un mix riuscito e assolutamente spontaneo tra la canzone Gaza di Fareeq El Atrash, Rad El Salb di Edd Abbas, Who will forgive us di Chyno e, appunto, di Wa Namshi dei Safar.

“In realtà siamo entrati in sala prove in attesa di reinterpretare una delle loro canzoni, ma i ragazzi ci hanno subito detto: ‘mostrateci quello che avete’. Ed è così che è nato il pezzo! I Fareeq El Atrash sono una band hip-hop dal cuore d’oro” commenta Mayssa.

Oltre ai video, finora i Safar hanno prodotto anche un EP, intitolato “23 Kilograms”. Uscito a gennaio di quest’anno, è stato creato con l’aiuto degli amici Salim Naffah, Pascal Semerdjian, Fadi Tabbal e del Tunefork Studios, ed è costituito da quattro tracce. 

Il titolo è quello del secondo brano. Come spiega Mayssa: “E’ il limite di peso per il bagaglio del check-in in aeroporto. E’ stato ispirato da un mio amico che mi aveva chiesto come avrebbe potuto impacchettare tutta la sua vita in una sola valigia. Ci abbiamo messo dentro un sacco di temi contraddittori come la casa e l’esilio, l’amore e il dolore, noi e gli altri, tra sogni sfocati, memorie e immagini audaci che abbiamo cercato di tradurre in musica”.

Lei ha alle spalle anche una collaborazione con Zeid Hamdan, il guru della musica alternativa libanese che sembra trasformare in successo tutto ciò che tocca. “Ho cantato con Zeid and the Wings in alcuni spettacoli – racconta – con la sua band siamo andati in Marocco e in Egitto. E’ stata una grande esperienza di apprendimento e ho incontrato persone molto interessanti lungo il tragitto”. 

Per quanto riguarda i Safar, non esclude una collaborazione futura con Zeid, ma per il momento i due ragazzi continuano la loro vita divisa tra studio e lavoro (Mayssa è architetto mentre Elie sta finendo di studiare medicina), e naturalmente la musica, che intendono perseguire proprio per un bisogno vitale, per la loro stessa “sopravvivenza”: in questo momento, ad esempio stanno lavorando su altri video musicali – compreso un piccolo video nuovo girato di recente sempre all’amato salone di “Mr. Safar” – e a nuove canzoni per il prossimo album in preparazione.

La base è sempre Beirut, la loro amata città che descrivono come “vivace e tormentata, anch’essa piena di contrasti e conflitti”.

“E’ piena di luoghi e persone che amiamo. Si tratta di un bellissimo parco giochi perché ci mette costantemente di fronte a ostacoli e contraddizioni che ci sfidano a prendere la strada creativa piuttosto che quella più facile. Qui i giovani sono costantemente alla ricerca della loro identità. Siamo liberali o tradizionali? Siamo arabi o fenici? O siamo tutto questo insieme? Oh, e soprattutto le persone amano musica”.

Questo mese, però, si accingono a lasciarla per qualche giorno, pronti a un piccolo tour europeo con tappa a Parigi il 21, a Gand il 23 e a Londra il 27.

“E’ molto eccitante, non vediamo l’ora di arrivare e di suonare di fronte a un pubblico nuovo – commentano – Abbiamo lavorato in modo costante negli ultimi due anni e siamo davvero contenti che la nostra pazienza stia venendo ripagata. Facciamo musica per puro piacere ed è bello vedere i risultati. Lavoriamo sodo, ma ormai ne siamo innamorati”.

 

May 03, 2015di: Anna ToroLibano,Video: 

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