Un tempo via Mohamed Mahmoud al Cairo รจ stata il simbolo della rivoluzione di piazza Tahrir. Ma cosa resta oggi di quella strada e della street art tra repressione e gentrificazione?ย
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La Battaglia di Mohamed Mahmoud
Cairo. Circa cinque anni fa via Mohamed Mahmoud, tra piazza Tahrir e la sede del ministero dell’Interno, diventava l’epicentro di uno degli episodi piรน violenti delle rivolte iniziate nel gennaio 2011.
La battaglia di Mohamed Mahmoud cominciรฒ nelle prime ore del 19 novembre 2011, quando le forze di sicurezza egiziane attaccarono violentemente un sit-in a piazza Tahrir formato dalle famiglie di chi era rimasto ferito o ucciso durante i 18 giorni che, a partire dal 25 gennaio di quell’anno, portarono alla caduta di Mubarak.
Armati di spranghe, i reparti antisommossa arrivarono dalle vicinanze del ministero dell’Interno, picchiando i manifestanti e distruggendo le loro tende. Non appena si diffuse la notizia, centinaia di persone accorsero in piazza a sostegno delle famiglie e per respingere la polizia.
Intanto iniziavano a circolare video e immagini di poliziotti che trascinavano e accumulavano cadaveri come immondizia fuori dalla piazza, spingendo ancora di piรน le persone a scendere in strada. Le bende sugli occhi sono diventate tristemente famose a causa di un cecchino della polizia che per giorni aveva mirato deliberatamente agli occhi dei manifestanti.
Questo video di Al Jazeera mostra la brutalitร della polizia in quei giorni.
Per molti la battaglia di Mohamed Mahmoud resta significativa per una ragione principale: rappresenta la prima volta in cui emerge chiaramente una frattura tra le persone intenzionate a continuare la rivolta contro gli apparati repressivi dello Stato (polizia, esercito e giudici), e chi era ormai pronto a fare pace con quegli apparati per perseguire i propri fini, e cioรจ i Fratelli Musulmani.
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Un laboratorio aperto
La strada di Mohamed Mahmoud non รจ stata solo teatro di violenti scontri, fungendo da avamposto della polizia per poter entrare nella piazza, ma i suoi muri sono diventati pagine su cui narrare e documentare la rivoluzione, preservarne la memoria.
Come molti muri della cittร , i graffiti di Mohamed Mahmoud fungevano da commento visuale della rivoluzione egiziana: la faccia di Mubarak unita a quella del maresciallo Tantawi, una serie di martiri rappresentati come angeli, una donna in veste di faraone che depone i mitici oppressori, un bambino che mangia cibo di strada con le lacrime agli occhi.
Ci sono i volti di chi ha perso gli occhi nel corso delle prime manifestazioni contro il Supremo Consiglio delle Forze Armate (SCAF), che aveva preso il potere subito dopo la caduta di Mubarak, quando la polizia sparava ad altezza dโuomo contro i manifestanti, in quella strada.
E ci sono i martiri di Port Said, i 72 ragazzi rinchiusi dentro lo stadio cittadino al termine di una partita di calcio e uccisi in quello che il ministero dellโInterno ha presentato come un banale “scontro tra tifoserie”, ma che in realtร ha visto il pesante coinvolgimento degli apparati dello Stato.ย
Questa raccolta fotografica di Zeinab Mohamed mostra l’evoluzione della strada ed i murales che si sono susseguiti.
La strada โdella morte e della libertร โ, come in molti la ricordano, รจ stata teatro del conflitto rivoluzionario quanto luogo privilegiato di elaborazione di nuovi significati.
I muri di Mohamed Mahmoud sono diventati complessi documenti per preservare la memoria storica della rivoluzione, scritta e riscritta ogni qualvolta che gli impiegati governativi arrivavano ad imbiancare, come mostra questo video girato dal collettivo di videomakers Moseeren.ย
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Epurare lo spazio rivoluzionario
โErase and I will draw again, you coward regimeโ scriveva Ammar Abo Bakr, uno dei piรน attivi street artist egiziani.
Giร a partire dal 25 gennaio del 2012, durante il primo anniversario della rivoluzione, le autoritร hanno ordinato che i graffiti venissero coperti, ma ad ogni tentativo di rimozione, nuovi graffiti continuavano ad emergere su quei muri, finchรฉ la feroce repressione che seguรฌ il colpo di Stato di Al Sisi, unita al progetto di razionalizzazione dello spazio dei quartieri centrali, ha avviato unโazione di epurazione di qualsiasi forma di dissenso dai luoghi che furono scenario di una rivoluzione chiaramente incompiuta.
Moltissimi bar che fungevano da punto di ritrovo per discutere di politica sono stati chiusi e molti attivisti prelevati da questi locali, in particolare dopo l’emanazione della legge anti-proteste che permetteva di arrestare arbitrariamente manifestanti pacifici.
Molti street artists sono stati arrestati. Ganzeer, uno dei piรน conosciuti, รจ stato costretto a lasciare il paese dopo una campagna diffamatoria.
Accusati di minare lโintegritร dello Stato e di promuovere idee che danneggiano la morale pubblica, di diffondere informazioni false con lo scopo di sovvertire il regime o di ricevere fondi esteri non autorizzati, artisti e attivisti sono stati oggetto di una feroce demonizzazione mediatica, repressione, sparizioni forzate.
Il 17 settembre 2015 sono iniziati i lavori di abbattimento del muro di via Mohammed Mahmoud, confinanti con la sede dell’American University, dove la polizia ha trovato rifugio durante gli scontri, e che ne ha autorizzato l’abbattimento. Al posto del muro sorgerร un giardino.
L’opera, sostenuta dal governo egiziano, fa parte di un progetto di ammodernamento di tutto il centro della capitale egiziana.
La street art politica diventa infatti incompatibile con i lavori di riqualificazione di Downtown, piano giร in atto prima che scoppiassero le rivolte, con il progetto avveniristico โCairo 2050โ, lanciato da Mubarak, che prevedeva investimenti da 3,5 milioni di dollari da destinare alla riqualificazione del centro creando nuovi grattacieli modello Dubai, hotel di lusso, aree verdi e musei aperti.
Piazza Tahrir doveva diventare il punto nevralgico dello shopping, di ristoranti, di attivitร culturali e ricreative. Gli abitanti dei quartieri investiti dalla riqualificazione, come Bulaq lungo il Nilo, sarebbero stati spostati nelle nuove cittร nel deserto.
Curioso che proprio nel momento in cui si metteva in atto il piano di rimuovere ed espropriare migliaia di abitanti, e proprio nel momento in cui il piano neoliberista di stratificazione dello spazio urbano avanzava sempre piรน chiaramente, la popolazione urbana si sia unita in una rivolta aperta occupando gli spazi del cuore della cittร .ย
Il governo di al-Sisi ha giร rilanciato il nuovo progetto di riqualificazione โCairo 2052โ. Ora, nel post-rivoluzione l’operazione di pulizia serve innanzitutto a riaffermare il nuovo ordine del regime e ad epurare quello spazio dai due principali elementi di disturbo: manifestanti e venditori informali, entrambi accusati di creare scompiglio e minare โl’autoritร dello Statoโ.
Durante la rivoluzione, infatti, lo spazio urbano del Cairo ha sperimentato un acuto processo di informalizzazione: approfittando della debolezza delle autoritร , moltissimi venditori informali si sono riversati nelle strade del centro conquistando sempre piรน spazio.
Ora lo Stato รจ tornato e vuole che lo spazio rifletta il nuovo ordine: cacciati manifestanti e venditori informali, la piazza รจ stata ripulita e vi รจ stato installato un monumento trionfale su cui sventola un’enorme bandiera egiziana. Le facciate di alcuni palazzi sono state ridipinte, i bar โpericolosiโ chiusi, i graffiti coperti.
Rimosso ogni simbolo della rivoluzione, Downtown deve tornare ad essere il luogo del passeggio e dello shopping, in un tentativo di normalizzazione che stride con i checkpoints lungo i perimetri del quartiere e i fili spinati ai lati dei marciapiedi, evidente testimonianza della militarizzazione in corso nel paese e nella cittร .
Quale sorte per la street art, che ha contribuito a veicolare messaggi politici e a fungere da preziosa documentazione grafica della rivoluzione?
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Il Capitale della street art
Appare evidente che lo spazio di Downtown, che i carioti definiscono โcentro del paeseโ รจ uno spazio altamente conteso in cui si articolano narrative ed interessi contrastanti.
Negli ultimi anni un gruppo di investitori privati chiamato “Ismaelia” ha acquistato circa 24 nuovi edifici nell’area. Il gruppo si prefigge di riqualificarla, ristrutturando vecchi edifici e incoraggiando gli artisti ad usarli, spesso affittandoli a prezzi vantaggiosi. “Ismaelia” รจ anche uno dei principali sponsor del festival D-Caf (Downtown Contemporary Arts Festival) che si tiene nel quartiere nel mese di marzo.
Incoraggiando il fiorire della scena artistica contemporanea al Cairo, gli investitori sperano che l’area riacquisti alto valore commerciale e che le proprietร possano essere vendute a tassi di profitto piรน alti.
Il progetto si combina perfettamente con quello del governo di bonifica ed abbellimento dell’area. Il ruolo giocato dalla compagnia in particolare mette in luce la complessa situazione della scena artistica underground al Cairo, schiacciata dalla morsa della repressione o messa a valore attraverso la cooptazione a fini commerciali.
La rete di artisti con cui “Ismaelia” tratta e che partecipano al D-Caf รจ principalmente composta da attivisti che presero parte attiva alle proteste anti regime e da street artists rivoluzionari.
La stessa American University, che ha ordinato l’abbattimento del muro di Mohamed Mahmoud, ha guadagnato un immenso capitale culturale ed economico dalla street art al Cairo e dal muro della strada, attraverso conferenze e pubblicazioni, ma senza mostrare alcuna volontร di preservare il loro messaggio artistico e rivoluzionario. La decisione di abbattere il muro รจ stata a stento comunicata. L’universitร ha dichiarato di aver documentato i graffiti e di voler allestire una mostra sulla street art prossimamente.
Coerentemente alle strategie di cooptazione della street art a livello globale, anche al Cairo quello che รจ stato un simbolo di ri-appropriazione dello spazio su cui riscrivere il presente e preservarne la memoria, insieme ai corpi e agli sguardi di chi ha perso la vita scendendo in piazza, diventa un luogo anonimo, su cui presto sorgerร un giardino privato.
Il potenziale della street art di diffondere, veicolare messaggi, di informare e ricordare รจ troppo pericoloso per un paese in cui la psicosi repressiva ha bisogno di sbarazzarsi di tutti i simboli delle rivolte, della memoria di quel momento in cui la fine di decennali regimi autoritari e repressivi sembrava cosรฌ vicina.
Quando non completamente distrutto, verrร rinchiuso in un museo, per allestire qualche mostra in cui si parlerร della rivoluzione come di un ricordo lontano e dove quei murales saranno svuotati di ogni messaggio, diventando un’ennesima occasione di profitto.
Ripenso ad un murales di Abo Bakr, che ritrae lโamico Bassem, che aveva solo 16 anni quando la rivoluzione รจ cominciata e 19 quando ha perso la vita nel corso di scontri con la polizia.ย
All’angolo tra Mohamed Mahmoud e piazza Tahrir, il murales si poteva vedere da ogni lato della piazza e anche il suo sguardo, con un occhio ormai cieco, sembrava scrutare i suoi aguzzini incessantemente, tra il rumore senza sosta dei clacson, passanti di fretta e risciรฒ che trasportano il pane.
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Per approfondire:ย
Deen Sharp, Urbanism and the Arab Uprising: Downtown Cairo and the Fall of Mubarak, ย Jadaliyya.
Cecilia Dalla Negra, Egitto: appunti da una rivoluzione incompiuta, Osservatorio Iraq.
Rue Mohamed Mahmoud : une bataille pour la mรฉmoire partiellement perdue, Middle East Eye.
Erase and I will draw it again: the struggle behind Cairoโs revolutionaries graffiti wall, The Guardian.
Why the battle for Control of Downtown is a fight for the future Egypt, The Guardian.
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November 25, 2016di:ย C. Arcimboldi dal Cairo Egitto,