Egitto. La “furia dei cervelli”: gli studenti universitari scendono in piazza

La storia del movimento studentesco in Egitto si muove contemporaneamente a quella del paese: narrando di grandi numeri e grandi battaglie. E di immensi silenzi. 

 

 

 

Negli ultimi mesi gli studenti universitari egiziani sono stati al centro di molte delle vicende politiche nazionali. Stando a quanto riportato dall’Andalou Agency soltanto a settembre e ottobre ci sono state più di 600 manifestazioni negli atenei del paese.

La cifra probabilmente è raddoppiata a novembre, quando si sono verificate violente proteste e scontri, che hanno portato a numerosi arresti e persino alla morte di un giovane, Mohamed Reda, ormai nuovo martire simbolo del paese. 

L’Egitto è scosso da una nuova ondata di proteste. Gli studenti della Facoltà di Ingegneria dell’Università Ein al-Shams hanno indetto uno sciopero dalle lezioni sino a quando i lori colleghi arrestati non verranno liberati.

Ad Alessandria un gruppo di giovani ha cercato di fare irruzione in un edificio dell’intelligence e nella storica sede di Al Ahzar, dove gli studenti hanno ingaggiato un duro confronto con la polizia. 

Gli studenti simpatizzanti dei Fratelli Musulmani hanno iniziato a scendere in piazza subito dopo le vicende dello scorso agosto, quando il sit-in di Raba’a è stato sgomberato dalle forze armate. Il fronte delle proteste è tornato poi ad allargarsi quando il governo ad interim ha prima emanato un’ordinanza che poneva d’obbligo le forze armate davanti agli Atenei e poi pubblicato la contestatissima legge 107/2013 che limita il diritto di manifestare.

Molti gruppi sociali ed Unioni Studentesche, di cui si è fatto portavoce Abd Al-Rahman Khalil del Movimento degli Studenti Egiziani, sono scesi in piazza per condannare questi provvedimenti.

Queste proteste, spesso molto violente, non sono però unicamente frutto di tensioni estemporanee generate dal comportamento del governo ad interim. Rappresentano piuttosto il picco di un malessere che nell’ultimo periodo era stato (mal) celato.

Gli studenti universitari sono dall’inizio delle ribellioni il nucleo centrale delle sommosse popolari, e non poteva essere altrimenti in un paese composto per il 57% da giovani sotto i 25 anni, in cui l’impossibilità di accedere al mercato del lavoro è stata una spinta fondamentale per le manifestazioni del 25 gennaio 2011.

Furono proprio i giovani, che, domandando un rinnovamento nel settore dell’istruzione, dell’integrazione al mercato del lavoro e del rapporto “patriarcale” con i professori, divennero parte attiva ed integrante di quelle proteste di piazza che portarono alla caduta di Mubarak.

Come raccontano in un’intervista Mona Tantawi e Ahmed Abou El Dahab, membri dell’Egyptian Centre for Public Policy Studies, gli studenti portano avanti ormai da anni una linea politica parallela, spesso molto radicale, che difficilmente trova forme di contatto con chi governa il paese.

E quando questo accade finisce persino con il creare lotte interne allo stesso mondo studentesco, come nel caso dell’accordo siglato l’anno scorso dai rappresentanti delle Unioni sindacali con gli esponenti del governo Morsi, subito accusati di essere dei traditori e tacciati di portare le istanze degli studenti verso una convergenza reazionaria inaccettabile.

Anche oggi i luoghi di scontro sono paralleli a quelli della politica degli ultimi anni. Gli scontri non si svolgono a Tahrir, dove accorrono poche centinaia di persone, ma direttamente fuori dagli Atenei, nuovo simbolo della thawra mustamirra (la “rivoluzione continua”).

Una scelta che potrebbe apparire secondaria, ma che in realtà cela un aspetto di rilievo: gli studenti si sentono soli nel portare avanti gli ideali di rivoluzione che hanno tentato e stanno tentando ancora oggi di realizzare.

In una dichiarazione che ci ha rilasciato Habiba Khattab, giovane attivista dell’Università Tedesca del Cairo,questo aspetto si evince chiaramente: “Gli studenti sono senza alcun dubbio l’unica parte interessata al futuro del paese, […] il governo dovrebbe ascoltare le nostre richieste, non limitarsi a sentirle e la popolazione dovrebbe tornare contro chi sta rubando la rivoluzione. Ma la gente ha paura”. 

E’ così che i giovani intraprendono la via del totale distacco dalla politica ufficiale. Tornano in piazza e ritirano i propri esponenti dai tavoli negoziali del governo.

È della settimana scorsa l’annuncio fatto dall’ Unione degli Studenti dell’Università del Cairo, di aver ritirato il proprio presidente e rappresentante dal Comitato degli esperti impegnati a redigere il nuovo testo costituzionale. Il movimento studentesco, estremamente composito e diviso al suo interno, ha così sancito il ritorno all’opposizione di piazza e allo scontro aperto con il governo.

 
Scontro tra generazioni 

Quello che sta succedendo tra i ragazzi delle università e la polizia negli Atenei egiziani, sembra dettato da una vera  e propria necessità.

Da una parte ci sono i giovani, dagli ideali rivoluzionari, che si sentono traditi dalle altre forze sociali e si sentono vittime del restaurato regime militare. Dall’altra c’è chi detiene il potere, paradossalmente costretto a costruire la propria legittimità proprio partendo dalle università.

Durante il periodo intercorso dal 2011 ad oggi, gli studenti hanno infatti cercato di riformare anche gli organigrammi delle università parallelamente a quelli politici. Solo in alcuni casi ci sono riusciti, come accadde per le dimissioni forzate di Maged El-Diib, preside ed ex rettore della Ein Al Shamps University.

Ma il processo di contestazione delle gerarchie interne ha rappresentato una svolta fondamentale, densa di significati legati a una rivincita più sociale che politica, che ha finito per scardinare le fondamenta delle legittimazione di un regime ormai al collasso, in cui i più giovani non hanno avuto più paura di prendere posizione.

Le proteste crescono quotidianamente, le richieste aumentano con l’evolversi della situazione: il rilascio di colleghi arrestati, la rivendicazione di giustizia per la morte di Mohamed Reda, sono solo andate a sommarsi alle richieste precedenti.

A questo si aggiunge il particolare periodo in cui ci troviamo: all’inizio dell’anno, infatti, le proteste degli universitari solitamente aumentano. A gennaio e febbraio ricorrono alcuni anniversari di episodi ancora vivi nella memoria delle Unioni Studentesche, come la Giornata annuale dello Studente, commemorativa della strage compiuta nel 1946 da parte delle forze di occupazione britanniche, momento particolarmente sentito dai ragazzi dei collettivi universitari. 

I giovani egiziani e il governo hanno scavato un solco tra loro, anche a causa del sistema patriarcale che il nuovo esecutivo sembra voler riprodurre, senza considerare gli effetti di tre anni di  rivoluzione.

Il corpo studentesco è più maturo che in passato, non ha paura. E, soprattutto, non è disposto a tornare nell’oscurità. 

 

*Foto by Gigi Ibrahim via Flickr in CC. 

 

December 06, 2013di: Matteo Gramaglia Egitto,Articoli Correlati: 

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