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Egitto: la strada verso la presidenza

Un tentativo di andare oltre l’onnipresente figura di al-Sisi e del rivale designato Hamdeen Sabbahi per scoprire gli altri due candidati alle future elezioni presidenziali egiziane: Mortada Mansour e Bothaina Kamel.

Mortada Mansour

“Non c’è spazio per le proteste”. Così Mortada Mansour, presidente dello Zamalek Sporting Club, avvocato e candidato per la poltrona di presidente della Repubblica egiziana. “Il Presidente deve avere pieni poteri” un’altra sua massima. Un programma basato su slogan facili, scontati, banali: lotta al favoritismo, alla disoccupazione che è causa dello scontento popolare, al Qatar che non può influenzare, piccolo come è, il destino dell’Egitto.

Un profilo come quello dei tanti uomini di potere del Paese che agitano facili promesse. Tuttavia, ad una più attenta analisi, il suo profilo è ben più complesso, a tratti oscuro.

Mansour è fra i 25 imputati accusati di aver condotto violenza nei confronti dei manifestanti durante la cosiddetta Battaglia del Cammello quando uomini fedeli a Mubarak attaccarono quanti erano radunati in piazza contro il dittatore poi dimissionario. Suo figlio è sposato con una parente dell’ormai defunto leader Muammar Gheddafi. Moltissimi in Egitto lo considerano come un personaggio contraddittorio ed analizzando le sue dichiarazioni alla stampa, qualche elemento particolare non manca di emergere.

Ad una più attenta disamina dei suoi intenti programmatici questi suonano forse persino più grottesche che banali. Portiamo alcuni esempi. mansour ha recentemente ricordato come in Egitto sia plausibile avere cristiani certamente, ebrei anche, musulmani ovviamente, ma non atei e nemmeno bahai: per questi ultimi, qualora volessero professare la loro fede, è prevista la libertà di culto fra le quattro mura dei propri servizi igienici. Una frase passata sotto silenzio, ma che se fosse stata pronunciata da una candidato islamista avrebbe certamente acceso le ire di molti e scatenate le accuse di molti altri.

Questo senza dimenticare la guerra contro l’Etiopia che Mansour è pronto a muovere qualora l’annosa questione della diga e della gestione delle risorse idriche non sia risolta in favore del Cairo. Questo senza contare che “qualora Facebook e Twitter dovessero mettere a repentaglio la sicurezza statale allora sì, sarei disposto a bannarli”. Questo senza contare che, stando a Mansour, Camp David è ormai un accordo irrilevante.

Mansour sembra più voler distruggere qualcosa (o meglio qualcuno) piuttosto che costruire un programma individuale serio e realmente appetibile per l’Egitto. Non a caso, secondo alcune interpretazioni fornite dalla stampa statunitense, la sua candidatura sarebbe creata ad hoc in funzione pro-Sisi ed anti-Sabbahi.

Bothaina Kamel

Deve ancora consegnare le 25mila firme necessarie per sottoporre ufficialmente la sua candidatura, ma Bothaina Kamel (noto volto televisivo egiziano) ha ormai preso la sua decisione: dopo i tre uomini (al-Sisi, Sabbahi, Mansour) sarà lei la quarta candidata.

Scopo del suo programma, sebbene ancora non sia stato ufficialmente redatto, è quello di promuovere i diritti delle donne. Ad Aswat Masriyya avrebbe dichiarato che: “non volevo candidarmi, ma poi sono stata messa sotto pressione da chi si occupa dei diritti delle donne in Egitto”.

Ex membro del Dostour Party, la Kamel nel 2012 non riuscì a presentare il numero sufficiente di firme (all’epoca 30mila) per combattere contro Muhammad Morsi.

A differenza di Mansour, la sua figura non è percepita come del tutto sistemica ed anzi qualcuno le riconosce anche la capacità di aver tenuto testa in televisione ad alcuni personaggi del vecchio regime. Del resto fu lei stessa a dimettersi dalla televisione di Stato nel 2006 dopo essersi rifiutata di divulgare informazioni false.

In modo diametralmente opposto da Mansour, la sua è una storia di contestazione, di battaglie per i diritti umani: prima contro Mubarak e poi contro Morsi. Arrestata, molestata ed aggredita (a suo dire) da un gruppo di Fratelli Musulmani, promotrice di diverse campagne contro la corruzione sotto Mubarak. Una donna che si è battuta, tanto nei fatti quanto con le parole, contro il nepotismo e la corruzione. Ha fatto parte di Kefaya e, insieme ed altri attivisti, fondato Shayfenkom, movimento popolare per il monitoraggio elettorale. Al-Akhbar la ha definita “Figlia di Tahrir”.

La sua candidatura, nonostante sia sostenuta anche da parte della società civile, sembra tuttavia ancora debole rispetto agli altri tre candidati tanto che molti dubitano che la Kamel riuscirà a depositare in tempo le firme necessarie a sostenere la sua domanda.

 

La sua forza, tuttavia, potrebbe essere quella di catalizzare intorno alla propria figura i voti dei delusi di Tahrir, dei rivoluzionari emarginati, ma i numeri (per ora) non sono decisamente dalla sua parte.

April 16, 2014di: Marco Di Donato Egitto,Articoli Correlati:
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