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Egitto. L’altro presidente: Hamdeen Sabbahi

Quello che sta per iniziare in Egitto è un mese molto importante perché sarà scandito dalla preparazione del paese alle elezioni del 26-27 maggio. Il risultato sembra essere già scritto, ma la lotta alla presidenza non manca di offrire spunti di riflessione.

 

I candidati sono solo due: il favorito, Abd el-Fattah al-Sisi e, lo sfidante, Hamdeen Sabbahi. A dispetto delle indiscrezioni di alcuni giorni fa, nessun altro si è sentito pronto a scendere in campo questa volta.

Le motivazioni sono state molteplici, spesso persino curiose per un occhio non allenato alle dinamiche egiziane. Come Mortad al Mansour che ha rinunciato alla candidatura dopo che un presunto segno divino gli ha mostrato la chiara vittoria di al-Sisi.

Molti altri, tra cui Abdel Moneim Abol Fotouh, hanno invece puntato il dito verso la mancanza di scelta democratica per evitare di candidarsi.

Se attorno ad Al-Sisi negli ultimi mesi si è riversata una forte attenzione sociale e mediatica sia per la sua persona che la per la sua candidatura, lo stesso non si può dire per Hamdeen Sabbahi.

Oltre ad essere un convinto Nasserista, il suo ruolo è sempre stato quello dell’uomo di opposizione. Sin dai tempi della presidenza di Sadat è considerato un personaggio politico scomodo, sostenitore delle necessità popolari e portavoce di numerose istanze pubbliche. L’episodio che lo rese celebre è ben scolpito nella memoria di tutti gli egiziani.

Era il 1977, Sadat fronteggiava una forte ondata di proteste studentesche e, quando decise di affrontarla in un dibattito televisivo pubblico, Sabbahi vi si oppose criticandone, con toni aspri, l’operato in economia e politica estera e accusandolo di corruzione e cattiva gestione negli affari regionali. Per gli egiziani fu un evento sbalorditivo, una prima assoluta.

Facile comprendere come negli anni successivi la sua opera politica gli abbia causato tanti problemi, portandolo in carcere ben 17 volte. Sabbahi ha osteggiato sia Sadat che Mubarak per le loro amministrazioni deboli all’esterno della regione (in particolare con Israele) e corrotte sul piano interno, facendo risuonare le sue critiche nei momenti più salienti della vita pubblica egiziana.

Per questi motivi è molto amato e rispettato nel paese.

Durante le elezioni del 2012 si posizionò terzo, guadagnando più di 1/5 dei voti, dietro a Muhammad Morsi e Ahmed Shafiq. Forte nella zona di Alessandria, e nel sud-est del paese – dove vinse in molti governatorati – giunse dietro il candidato dello SCAF per poche centinaia di migliaia di voti guadagnando una notevole credibilità.

Durante la presidenza di Morsi poi, la sua opposizione alle azioni del presidente è sempre stata palese e manifesta.

Questo sia per ragioni strettamente politiche ma anche per le sue riserve in merito alle potenzialità di leadership dell’esponente della Fratellanza il quale, secondo Sabbahi, era incapace di offrire agli egiziani la giusta dose di speranza necessaria ad affrontare i tempi bui del momento post-rivoluzionario.

Quando Morsi è stato destituito dall’azione congiunta della piazza e dei militari, Sabbahi si disse favorevole a questa evoluzione sostenendo il cambio di regime.

Oggi, Sabbahi è il leader di uno schieramento di sinistra, la Corrente Popolare Egiziana, il cui motto è “Per il volere dei giovani, Sabbahi è il candidato della Rivoluzione”, a dimostrare il forte legame del candidato nasserista non solo con il periodo rivoluzionario, ma con la piazza ed in particolare con i giovani.

La corrente è spalleggiata da alcuni partiti di sinistra e libertari tra cui il Partito della Costituzione e dall’Alleanza Popolare Socialista, che hanno riposto in lui la speranza per un bilanciamento dello strapotere militare.

Questa coalizione di sinistra (e in primis Sabbahi) prova sentimenti controversi nei confronti di una ipotetica vittoria di al-Sisi.

Sabbahi ha mostrato un atteggiamento decisamente conciliante nei confronti della nuova leadership. Le affinità fra le parti sono, in qualche modo, forse anche riconducibili alla reciproca rilettura di un personaggio politico fondatore di quell’internazionalismo arabo che ha reso grande l’Egitto nei decenni successivi al secondo conflitto mondiale: Gamal Abdel Nasser.

Entrambi si rifanno a lui, al-Sisi, per le sue capacità direttive e per il suo appiglio sull’immaginario collettivo, Sabbahi per le sue ideologie e per la sua idea di un grande Egitto come guida dei popoli arabi.

Sono tuttavia molti i punti che dividono i due candidati: dall’attenzione di Sabbahi su temi come diritti umani e censura, alla sua volontà di dare un’impronta più “socialista” all’economia nazionale (rifiutando gli aiuti del Fondo Internazionale), sino ad uno approccio internazionalistico della politica estera.

La candidatura di Sabbahi rappresenta un’alternativa importante, in quanto bilancia il peso dell’ala militare del paese mostrando le intenzioni di quell’Egitto moderato che crede in un’evoluzione politico-economica diversa dall’autoritarismo militare e dall’islamismo. 

Le premesse tuttavia sono scoraggianti.

Le centinaia di condanne a morte, la rigidità della legge per le proteste e le sue conseguenze, gli episodi di condanna per ipotetico spionaggio suggeriscono una mano forte delle forze armate tramite le sentenze della Corte.

Qualora questo venisse confermato dall’elezione di Abdel Fatah al-Sisi, lo spazio di manovra per le opposizioni, anche pacifiche, risulterebbe molto ridotto.

Per questa ragione la candidatura di Sabbahi ha un ruolo fondamentale.

Sia perché serve ai militari per ricordare che non possono fare i conti senza l’opinione pubblica e le forze moderate che nel paese sono cresciute dalla prima ondata rivoluzionaria del 2011. In seconda battuta perché farebbe da contrappeso alle istanze dei poteri forti, in favore delle necessità del popoli.

Sia perché dimostrerebbe che in Egitto non ha vinto la paura di tre anni di violenze e caos, mostrando l’esistenza una solida e concreta alternativa moderata convinta che dalle tesi e antitesi di rivoluzioni e controrivoluzioni si possa ancora aspirare a una sintesi democratica che favorisca l’Egitto come sistema-paese nel suo complesso e non solo di una parte, la più forte.

 

 

May 05, 2014di: Matteo GramagliaEgitto,Articoli Correlati: 

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