S. ha appena 23 anni, vive in una cittadina a poche ore dal Cairo, ha una bambina ed è una donna divorziata. Il marito non la maltrattava, non la picchiava, non le faceva nessun tipo di violenza ma lei ha ugualmente deciso di chiedere il divorzio perché non ce la faceva più. S. infatti e’ una delle milioni di donne egiziane che hanno subito una mutilazione genitale ed è una delle milioni di donne egiziane che non provano nessun tipo di emozione durante un rapporto sessuale.
Per questo S. ha chiesto il divorzio, perché per lei i rapporti con il marito erano una fatica, uno stress inutile, qualcosa che non le serviva e di cui può tranquillamente fare a meno. L’unica cosa che interessava a S. era avere un figlio e dopo averlo ottenuto, il matrimonio per lei è divenuto praticamente inutile.
Sua madre, anche lei mutilata a suo tempo con una lametta dal barbiere della cittadina, provò ad impedire al marito di effettuare la pratica alle sue figlie, ricordandogli come i loro rapporti fossero gelidi. Ma fu inutile in quanto l’uomo praticò alle piccole, di appena 8 anni, la terribile operazione che elimina o “lima” il clitoride rendendo quindi una donna incapace di provare piacere.
Secondo l’Unicef in Egitto il 91% delle donne sposate ha subito la mutilazione genitale. E non parliamo di una percentuale che include solo le musulmane, ma tutte le egiziane di qualsiasi credo.
La pratica infatti, erroneamente attribuita alla religione islamica, non e’ altro che una barbara tradizione che ha lo scopo di impedire gli stimoli sessuali pre-matrimoniali precludendoli però per l’intera vita della donna.
Questa tradizione, messa in pratica da donne cristiane e musulmane di qualsiasi ceto sociale, veniva effettuata decenni fa dal barbiere o dall’infermiere del villaggio che, senza anestesia, usava una lametta per mutilare le ragazzine.
Moltissime morivano durante l’operazione, per emorragie o dopo alcuni giorni per infezioni. Al giorno d’oggi invece l’intervento viene praticato in anestesia e molto spesso con il laser anziché con strumenti chirurgici.
Il costo di una mutilazione genitale femminile varia dai 150 ai 300 pounds egiziani (15-30 euro) a seconda del livello del medico e della struttura dove l’intervento viene praticato.
Dal 2008 e’ in vigore una legge che vieta ai medici di effettuare l’infibulazione e la cosiddetta “circoncisione femminile” (una mutilazione, in realtà) ma, purtroppo, sono le madri stesse e le nonne, molto più degli uomini, ad insistere affinché le loro figlie e nipoti vengano operate.
Nonostante il divieto, ogni giorno, ovunque in Egitto, da nord a sud, nelle città e nelle campagne, le donne vengono mutilate per sempre.
E’ di pochi giorni fa la notizia che in qualche modo ha portato un po’di speranza tra gli attivisti per i diritti umani. In seguito ad un intervento di mutilazione una ragazzina e’ deceduta ed il suo medico arrestato e processato per questo motivo. Il primo caso in assoluto in Egitto.
Sconcertanti però le reazioni dei familiari, che hanno negato la mutilazione e che non volevano che il medico finesse in tribunale.
La cosa che fa di questa pratica un mostro difficile da sconfiggere è la convinzione per molti musulmani che essa sia indicata come obbligo religioso, anche se non c’è nessun riscontro di fatto al riguardo.
Inoltre, il sapere le proprie figlie protette dai peccaminosi istinti sessuali, causati, a detta delle donne stesse, dal caldo, dalla noia, o addirittura dagli abiti stretti, renderebbe le MGF necessarie affinché il loro onore possa donare loro una vita matrimoniale priva di problemi.
Anche gli uomini, dal canto loro, non accettano di buon grado una donna non mutilata, convinti che questo possa averla portata a compiere atti disonorevoli.
In tanti anni in Egitto non ho mai conosciuto una donna che non avesse subito questa pratica.
Ogni qualvolta entravo abbastanza in confidenza con una ragazza per poter parlare del fatto mi ritrovavo davanti un muro di convinzione accompagnato da un sorriso di compiacimento, quasi fosse un onore poter confermare di aver subito l’infibulazione.
Una ragazzina che oggi ha 10 anni, tre anni fa mi raccontò con un misto di spavento ed emozione il giorno in cui fu portata in ambulatorio per poi ritrovarsi a casa a fare lavaggi ed immersioni in disinfettante, con dolori atroci che non la facevano dormire, ma coccolata da tutta la famiglia che le portava doni e la guardava con occhi differenti. Le chiesi se sapeva cosa le era accaduto e mi rispose sorridendo di si, “sono diventata grande”.
Secondo una ricerca dell’Unicef in Egitto la pratica è in diminuzione del 20% rispetto al 1995.
Ma se non si effettueranno campagne di informazione mirata, condotte da donne verso le donne, non si potranno mai cambiare realmente le cose.
*Yasmine Baraem è una blogger italo-egiziana. E’ nata a Roma, e vive al Cairo del 1997. Dopo la rivoluzione del 25 gennaio 2011 ha aperto un blog, “Diario della Rivoluzione Egiziana”.
May 29, 2014di: Yasmine Baraem*Egitto,
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