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Egitto. Nessuna “rivoluzione” per il sistema educativo nazionale

Nelle città molti giovani si laureano senza che ci sia una mercato del lavoro pronto ad accoglierli. Mentre nelle zone rurali più della metà della popolazione è ancora analfabeta.

 

 

La denuncia delle Organizzazioni Internazionali

Nel settembre scorso il Word Economic Forum ha pubblicato un Report sulla competitività globale, analizzando 148 paesi, in cui sono contenute molte statistiche legate a qualità dell’economia, della sanità pubblica e dell’istruzione di ognuno degli Stati.

E’ qui che il sistema educativo egiziano si attesta agli ultimi posti in quasi tutte le categorie: 142° per quanto riguarda la generale qualità dell’educazione, 145° nella gestione delle scuole, 138° per il livello di preparazione del personale, 125° in quanto a possibilità di accesso ad Internet, e ultimo nella qualità dell’educazione primaria.

A livello internazionale non è la prima volta che viene sottolineato il problema, già ampiamente descritto sia dall’UNESCO (Global Monitoring Report) che dallo United Nation Developement Program (Human Development Report). Anche numerose organizzazioni egiziane si battono da molti anni contro questa piaga sociale, cercando di sensibilizzare le istituzioni nell’intento di mettere in atto le riforme necessarie per l’avvenire del paese.

L’Egitto è ancora oggi nell’elenco dei 10 paesi nei quali vivono i tre quarti degli analfabeti del mondo. 

Seppur centro culturale nevralgico dell’Africa e del Medio Oriente e nonostante vi sia una legge che obbliga i giovani a frequentare le scuole fino al livello secondario, in Egitto vivono più di 18 milioni di persone incapaci di leggere e scrivere. Un fenomeno particolarmente drammatico nel sud, dove si registra una maggiore incidenza tra le classi più povere e tra le donne. 

 

Problemi concreti: la scuola primaria e gli insegnanti

In Egitto il principale problema è la qualità delle scuole pubbliche, frequentate da circa il 90% dei giovani studenti.

Rispondendo ad una nostra intervista, Paul Brandon, insegnante britannico trasferitosi ad Alessandria, ha commentato la qualità dell’educazione primaria egiziana mettendo l’accento sulla disparità che caratterizza la gestione pubblica da quella delle scuole private o internazionali.

“La maggior parte degli egiziani frequenta le scuole del Ministero che hanno strutture inadeguate, una gestione pessima e condizioni di insegnamento pressoché impossibili. Le classi sono spesso di 50-60 ragazzi, ma possono arrivare anche a 100”.

Anche i contenuti sono da considerare un problema a parte. Mona Tantawi, membro dell’Organizzazione Egiziana per i Diritti Umani, ci ha rivelato come nelle scuole egiziane i ragazzi siano orientati all’apprendimento mnemonico “in vista delle domande che saranno nell’esame”, in maniera quasi maniacale.

Per i professori sembra essere “più importante terminare il sussidiario” piuttosto che dare un’idea ai propri studenti di ciò che stanno insegnando. Inoltre, citando nuovamente Brandon, esistono enormi barriere psicologiche tra alunni e insegnanti che impediscono ai primi di esprimere il proprio potenziale, spingendoli ad abbandonare le strutture scolastiche il prima possibile. 

Parlando dei mudarrisūn (insegnanti), va detto che anche loro si trovano tuttavia in una condizione di estrema difficoltà. 

Da un lato, la non gestibilità delle classi fa sì che i professori spesso agiscano seguendo quel processo di creazione di “macchine da esame” sopra descritto. Dall’altra parte, provvedendo lo Stato con uno stipendio misero alla sussistenza dei professori, questi ultimi si vedono costretti ad impartire ripetizioni esterne all’orario scolastico per illustrare parte del programma (fenomeno che condiziona terribilmente gli studenti delle classi meno abbienti). 

Il racconto di Essam el-Shenawy, insegnante elementare del distretto di Agouza che si lamenta del suo stipendio di circa 500 egyptian pound insufficiente per vivere, è confermato anche dai report dell’Unesco sulla retribuzione degli insegnanti.

Va tuttavia sottolineato che il loro livello è certe volte a sua volta molto basso e che esiste un consistente divario tra coloro che esercitano nel settore privato rispetto ai colleghi che lavorano nel pubblico. I primi sono meglio remunerati, anche se non sempre meglio qualificati, devono gestire classi molto meno numerose e hanno maggior possibilità di fare carriera.

 

Il problema nell’upper Egypt

Come ci racconta in un’intervista Leïla De Casimacker, un ex membro della Association of Upper Egypt for Education and Development (AUEED), la situazione dell’istruzione è decisamente peggiore nella parte meridionale del paese (che viene chiamata upper in quanto più prossima alle sorgenti del Nilo).

Qui il livello di analfabeti raggiunge il 40% tra i maschi e addirittura il 60% tra le donne (con picchi di quasi il 70 in città come Qena) anche a causa della struttura sociale delle classi medio-basse, legata indissolubilmente all’agricoltura. 

La AUEED è impegnata sin dagli anni Quaranta nello sviluppo della regione attraverso la fondazione e gestione di scuole elementari, medie e superiori. Ad oggi l’associazione gestisce 56 scuole, di cui 18 parte del programma di “Scuola Parallela”, che permettono a giovani ragazzi e ragazze di riprendere gli studi, anche se in ritardo di molti anni.

Il tentativo instancabile della AUEED, e delle molte organizzazioni che si occupano dell’istruzione nel sud dell’Egitto, è quello di portare parte di quegli oltre 16 milioni di analfabeti verso un livello anche minimo di alfabetizzazione.

 

Il problema della mancanza di investimenti (e di idee)

ll Ministero non è riuscito in questi anni, neanche dopo la caduta del regime di Mubarak, a dare risposte convincenti a nessuna delle categorie di cui abbiamo parlato sinora. La consapevolezza della necessità di una riforma del sistema educativo è condivisa da tutti gli schieramenti politici.

 Il Grande Imam di aL-Azhar ha sottolineato come uno dei fattori che ha contribuito al collasso del sistema sia stata la mancanza di qualificazione degli insegnanti: da lì si deve ripartire.

Il ministro dell’Educazione, Mahmoud Aboul Nasr, è persino arrivato a dire che “il sistema educativo egiziano ha bisogno di 10mila nuove scuole per accogliere 18 milioni di nuovi studenti”. Secondo Marc Le Vine di Al Jazeera, queste le parole hanno il suono della finta benevolenza, di colui che, sapendo di non potere mantenere le proprie promesse, le esagera fino all’incredibile.

È infatti l’impossibilità finanziaria e sono le innumerevoli necessità del paese (infrastrutture, risorse energetiche) a creare uno dei principali ostacoli al miglioramento delle condizioni educative dell’Egitto post rivoluzionario. 

 

Le organizzazioni egiziane e la società civile

Alle carenze riformiste della sfera governativa sta invece rispondendo in maniera eccellente la società civile.

In questi anni fra le organizzazioni sono proliferate le iniziative per migliorare i livelli di educazione nel paese. 

La più importante è sicuramente Resala, che si occupa di sostenere le comunità meno dotate di strutture scolastiche, attraverso campagne di sensibilizzazione. World Education Egypt, invece, porta avanti azioni volte ad accrescere la consapevolezza della potenzialità di autogestione della piccole comunità attraverso il supporto alle scuole e tra le scuole e le istituzioni.

Molte organizzazioni procedono proprio dall’ambiente universitario, come ad esempio Educate-me, fondato da Yasmine Helal per aiutare finanziariamente coloro che non possono pagare la retta annuale.

Importantissimo anche il fenomeno dell’istruzione parallela online, che attraverso piattaforme quali TahrirAcademy o Nafham, mette una grande quantità di materiale didattico a disposizione di un vasto pubblico.  

La spesa pubblica destinata all’istruzione è aumentata, ma resta pur sempre troppo bassa (3,8%  contro il 7% in Tunisia). Dal 2011 Sono state fondate 7 nuove università e si sta prendendo in considerazione la possibilità di portare avanti un progetto originariamente proposto dal Premio Nobel Ahmal Zewail, che aiuterebbe il paese ad ampliare le proprie competenze scientifiche (nel Report WEF citato inizialmente l’Egitto risultava 145°nell’insegnamento delle scienze tecniche e della matematica) . Il vero problema è la mancanza di fondi. Senza sostanziali investimenti in questo settore, nemmeno le pur  numerose iniziative lanciate da organizzazioni non governative e dalla società civile riusciranno ad incidere in maniera sostanziale sulla difficilissima realtà del Paese.  

 

*Foto by Creap via Flickr in CC

November 22, 2013di: Matteo Gramaglia Egitto,Articoli Correlati: 

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