Scontri, arresti, violenze. Di nuovo. La piazza egiziana torna a macchiarsi di sangue e a riempirsi di gas lacrimogeni, il cui odore non sembra però raggiungere le stanze dei bottoni, impegnate a promuovere il testo costituzionale in attesa di approvazione.
Che la situazione si stia, nemmeno troppo lentamente, deteriorando è facile intuirlo dalle immagini che scorrono sulle pagine Facebook di alcuni fotografi egiziani. Il 1° dicembre 2013 Amru Salaheddine carica sul Social network un album dal titolo Tahrir clashes, December 1st. Sembra di essere tornati indietro nel tempo: lanci di lacrimogeni, volti coperti, gente che fugge, blindati delle forze di sicurezza e dell’esercito che pattugliano le strade.
Quasi tre anni dopo il copione sembra ripetersi. O forse no.
Le immagini di Salaheddine, oltre a mostrare l’ormai consueta brutalità della repressione messa in atto dagli organismi statali, rivela anche un altro aspetto su cui vale la pena di riflettere. In piazza ci sono uomini, donne, giovani e meno giovani, ma sono numericamente pochi.
Pochissimi rispetto alle folle oceaniche mobilitate alcuni mesi fa da Tamarud, rispetto alle proteste contro i Fratelli Musulmani o se comparati alle masse riversatesi nelle piazze il 25 gennaio 2011. Tuttavia, qualche somiglianza con il passato sembra esserci, almeno stando a quanto scritto dalla blogger Zeinobia il 29 novembre scorso.
Ieri le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco, hanno sparato proiettili a salve e gas lacrimogeni verso il Campus dell’Università del Cairo in una scena a cui mai avrei pensato di assistere dopo il 25 gennaio.
La blogger egiziana fa riferimento, con tutta evidenza, agli scontri risalenti alla fine del mese scorso fra studenti dell’università del Cairo e forze di polizia, nei quali ha perso la vita il giovane Muhamamd Reda. La lunga lista dei “martiri della rivoluzione” continua ad allungarsi. Ma non è solo il conto delle vittime a divenire sempre più corposo.
In questi ultimi giorni è tornato in carcere Ala’a Abd el Fattah, storico attivista e uomo simbolo delle proteste contro Mubarak e il regime militare. E’ stato arrestato (senza che siano ancora note le ragioni) Ahmed Douma, ed è entrato nelle inospitali celle egiziane anche il fondatore del Movimento giovanile del 6 Aprile, Ahmed Maher.
Ma l’elenco, ce ne dà notizia su Mada Misr uno dei fondatori di Mosireen, Omar Robert Hamilton, è decisamente più lungo: Mohamed Al-Rifae, Mohamed Hosny, Taimour, Mamdouh Gamal, Abdalla Zekky, Dr. Yehia e il figlio Mahmoud, Peter Galal, Abdelhamid, Kougy, Ahmed al-Attar, Mostafa Yousri, Wael Metwally, Ahmed Nabil, Hossam Shawky, Moka, Nubi, Salaheddine, Yassin, Hany, Bobo, Samy, Kalousha, Ahmed Abdelrahman. Tutti attualmente detenuti.
E questo perché non si vuol far riferimento alle donne condannate ad Alessandria a 14 anni di reclusione per aver organizzato una manifestazione di sostegno per il deposto presidente Morsi. Condannate le imputate, si è deciso anche di arrestarne l’avvocato difensore: just in case…
Ma se qualcuno potrebbe pensare che tutto ciò stia in qualche modo interessando le stanze del potere, si sbaglia di grosso. Polizia e militari sono tornati a fare il loro lavoro preferito: reprimere in nome dell’ordine.
Al-Sisi potrebbe essere l’uomo dell’anno del Time, superando in notorietà persino la cantante statunitense Miley Cyrus. La nuova Costituzione è praticamente pronta per essere approvata. I paesi del Golfo (segnatamente Arabia Saudita, Kuwait e Qatar) hanno versato nelle cisterne dello Stato egiziano combustibile per un valore di quasi 2 miliardi e mezzo di dollari. In aggiunta, Riad ha appena siglato un accordo di sostegno economico con il Cairo di circa 5 miliardi di dollari ed al-Ahram ci informa che presto Nabil Fahmy, ministro degli Esteri egiziano, visiterà l’India con lo stesso obiettivo.
Nel frattempo l’immagine di al-Sisi è dappertutto: sulle vetrine dei negozi, sulle t-shirt, persino sull’intimo, fatto che è talmente comico da risultare inquietante. Nemmeno Mubarak era riuscito a piazzare il proprio volto sugli slip delle giovani e meno giovani egiziane.
La mitizzazione di al-Sisi (anche grazie ai continui e ripetuti parallelismi con il compianto Gamal Abd al-Nasser) potrebbe rendere una formalità la prossima contesa elettorale per la poltrona presidenziale, così come una formalità dovrebbe essere quella di approvare, tramite referendum, il testo costituzionale attualmente all’esame del presidente Adly Mansour.
Secondo fonti ufficiali, entro la seconda settimana di gennaio l’Egitto potrebbe chiamare alle urne i propri cittadini chiedendo loro di esprimersi in merito al testo redatto. Secondo al-Ahram il risultato è già scritto: la Costituzione verrà approvata con almeno il 70% dei consensi.
Già nel 2011 un referendum affossò le speranze dei giovani rivoluzionari egiziani, decretando la vittoria della Fratellanza e dell’esercito. Ma ora?
Fratellanza e movimenti di protesta laici, liberali e di sinistra, si trovano teoricamente sulla stessa sponda, seppur per il momento rifiutino di cooperare e collaborare. Secondo al-Misr al-Youm molti partiti hanno già definito la loro linea in merito alla nuova Costituzione. Diranno “sì” al nuovo testo il Karama Party, l’Egyptian Socialist Party, la Popular Current ed anche i fondatori di Tamarod. Contrari, sin dalla prima ora, sono ovviamente i Fratelli Musulmani ed altri partiti e movimenti quali lo Strong Egypt Party, l’April 6 Youth Movement, ed i Revolutionary Socialists.
Un personaggio del calibro di Amr Moussa, capo del comitato che ha redatto il testo, ha ovviamente già invitato i suoi uomini a sostenere gli sforzi fatti, mentre la galassia salafita appare anch’essa divisa: se una maggioranza (capeggiata da al-Nour) sosterrà il lavoro costituente, una parte minoritaria vi si opporrà con forza.
Entrambi gli schieramenti hanno annunciato che, non appena sarà decisa la data del referendum, daranno vita ad una serie di manifestazioni per sostenere o contrastare il progetto costituzionale. In un clima già particolarmente teso come quello attuale, non ci sarà da sorprendersi se si assisterà a scontri e violenze su ambo i fronti.
In tal senso al-Sisi sembrerebbe aver vinto ancor prima del voto, rendendo nei fatti altamente improbabile la formazione di un fronte unico di opposizione. L’unico rischio che rimane, è la prospettiva che il fronte del “no” alla Costituzione si unisca non solo al momento del voto, ma diventi uno schieramento compatto. Tuttavia per ora, a parte un comune senso di indignazione rispetto ad alcuni specifici eventi, tale eventualità sembra abbastanza remota.
Il prossimo gennaio quindi, oltre alla ripresa del processo a carico del deposto presidente Morsi, si arricchisce di un nuovo appuntamento cruciale per la storia del paese: il referendum costituzionale. La battaglia mediatica è già iniziata su alcuni giornali (vedi al-Shorouk ed al-Ahram), apertamente schierati con il governo.
In tutto questo caos (in parte certamente controllato) si rischia di perdere il punto di vista della gente, quella che tutti i giorni affronta la difficoltà di vivere in un paese in continua transizione. Si potrebbe scrivere e dire molto sull’attuale distanza fra la piazza e la maggioranza degli egiziani silenziosi, sulla paura che sta tornando ad istillarsi nell’animo delle persone, sulla voglia di ritorno alla “normalità”, ma forse è meglio lasciare che a parlare siano proprio gli egiziani o almeno una loro rappresentanza.
[… ] Io sto bene ma non mi piace il lavoro come insegnante di inglese perché mi manca il turismo che era il mio sogno. Sto cercando altro, spero in meglio, ma sono molto triste perché in Egitto le cose non vanno bene. Ogni mattina ci sono problemi e tanti morti […] non posso uscire come prima perché abbiamo tanta paura di tutto e di tutti […] la polizia è molto dura. Non c’è’ libertà e quando qualcuno prova a parlare, a far sentire la frustrazione, viene ucciso oppure trattato in malo modo e finisce inevitabilmente in prigione.
(Questo messaggio è parte di una mail che una amica egiziana mi ha scritto alcuni giorni fa dal Cairo. Il testo è stato tradotto ed editato rispetto alla versione originale al fine di permettere una comprensione del suo contenuto)
Foto: Darla Hueske via Flickr
December 03, 2013di: Marco Di DonatoEgitto,Articoli Correlati:
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