La Fratellanza Musulmana perde anche la leadership del sindacato dei medici, mostrando una palese difficoltà nell’esercitare la propria storica strategia di penetrazione sociale. Nel frattempo le relazioni fra lavoratori ed istituzioni sono sempre più deteriorate.
di Matteo Gramaglia
Il caso: l’elezione del Sindacato dei Medici
Risale alla settimana scorsa l’elezione della Commissione dei sindacati dell’Ordine dei Medici egiziani. Il risultato emerso dopo il voto ha sancito la fine del “dominio” della Fratellanza sul sindacato stesso, iniziato circa vent’anni fa. È stata infatti una coalizione Indipendente, di cui fanno parte professionisti legati a Doctors Without Rights and Tahrir Doctors, ad aggiudicarsi la stragrande maggioranza dei seggi disponibili (11 su 12).
L’elezione ha provocato ondate di forti proteste da parte dei medici vincolati ai Fratelli Musulmani, i quali hanno letto la sconfitta come un ulteriore atto di ingiustizia da parte di un governo che non riconoscono e ritengono mera espressione di un violento colpo di stato. Il Dr. Mohamed Ali Bishr, membro della Fratellanza, la ritiene addirittura priva di legalità poiché la maggior parte dei medici eleggibili affiliati alla Fratellanza si trovano oggi in carcere a causa delle ondate di arresti successivi alla “persecuzione portata avanti a partire del 3 luglio”.
La settimana precedente la votazione si sono susseguiti numerosi momenti di tensione: i medici legati a Doctors Without Freedom, quelli legati ai Fratelli musulmani e quelli indipendenti si sono scontrati sulla futura linea da tenere in materia di scioperi. Va tuttavia osservato che, se da una parte esistono grandi divisioni legate alle affiliazioni politiche, dall’altra tutti sembrano condividere i motivi di protsta e gli obiettivi a breve termine: miglioramento dei salari e delle condizioni di lavoro. Il risultato è stato uno sciopero parziale e progressivo a partire dal 1° dicembre, che ha causato non pochi problemi.
La questione acquista un particolare interesse nel momento in cui per i Fratelli Musulmani rappresenta l’ennesima sconfitta.
La rilevanza dell’elezione è stata inoltre dimostrata dalle dichiarazioni dei leader della Fratellanza che, pur non volendo competere in materia istituzionale con il presente governo a loro dire illegittimo, avevano mantenuto ferma la volontà di concorrere alle elezioni del sindacato giudicate fondamentali per il futuro del gruppo islamista.
I sindacati e le rivendicazioni durante il periodo della rivoluzione
Quando si parla di sindacati in Egitto, ci si riferisce ad associazioni nate per la maggior parte all’inizio o nella prima metà del XX secolo. Gruppi consolidati, con un organigramma interno preciso, pur tuttavia costretti ad agire nei ristretti margini d’azione offerti dai vari regimi egiziani. Come dimostrano le dichiarazioni di Ismail Abdl- Aziz, un medico indipendente intervistato da Mada Masr, gli sforzi di molti di questi gruppi hanno però avuto avuto scarso esito in termini di concreti guadagni salariali: 950 ghinee egiziane (120 euro), questo è il prezzo corrente di un mese di lavoro nella sanità pubblica per un dottore egiziano.
Nella storia recente del paese i sindacati hanno giocato un ruolo fondamentale.
Sono stati proprio i lavoratori, schierati a fianco del fronte studentesco, a condurre inizialmente le proteste che hanno portato alla caduta di Mubarak. Così come accaduto per gli studenti, le voci di dissenso verso il regime erano già iniziate da molto, tanto che tutto il decennio precedente alla caduta di Mubarak, sono scoppiate numerose manifestazioni da parte di molteplici categorie. La ragione era semplice, il costo della vita in Egitto si stava alzando.
“Pane” e “giustizia sociale” erano due delle richieste della thawra contro il regime di Mubarak e molti egiziani si aspettavano che con la sua caduta ci sarebbero stati dei miglioramenti alla situazione economica.
Al contrario, come sostiene anche Amnesty International, le richieste che hanno portato all’ uprising del 2011 non hanno trovato riscontro né nel periodo di amministrazione di Mursi, né nell’attuale governo di transizione. In particolar modo, come ricorda anche il Comitato dell’ONU sui Diritti Sociali, Economici e Culturali, non si sono fatti passi avanti sotto il punto di vista della giustizia sociale e dei diritti dei lavoratori.
Sono proprio questi ultimi, le fasce più basse della popolazione, a subire il più alto prezzo della recessione egiziana: dal salario minimo insufficiente, all’impossibilità di trovare alloggi decenti, la situazione dei lavoratori nel periodo post rivoluzionario non sembra cambiato di molto.
La situazione del paese dal punto di vista economico è grave, come ricorda l’ Egyptian Center for Economic and Social Rights in molti dei suoi rapporti.
Niente è effettivamente cambiato da quando è scoppiata la rivoluzione, né i salari né i rapporti sociali: “the presenti is just like the past” sottolinea Dina Jamil su al-Safir. L’unica differenza sembra essere il coraggio acquisito dai lavoratori nel protestare e nel portare in piazza le proprie richieste.
In questi ultimi tre anni si sono susseguite molteplici manifestazioni e scioperi, tutti tesi verso il raggiungimento di un unico obiettivo: chiedere al governo (qualunque esso fosse) una strategia politica chiara per fronteggiare i problemi legati alle varie categorie di lavoratori: medici, giornalisti, lavoratori dell’industria del tabacco, operai nella siderurgia ed anche gli archeologi.
La più chiara manifestazione di questo disagio è stata senza dubbio l’ultima Giornata dei Lavoratori lo scorso maggio, quando tutte le categorie si sono ritrovate lungo le strade del Cairo dimenticando le affiliazioni politiche e vogliose solo di riscatto sociale.
Nonostante il governo dichiari che nella nuova Costituzione la questione della giustizia sociale sia attentamente presa in esame, sarà necessario vedere quanto questa nuova promessa riuscirà ad tradursi in realtà considerando il disperato momento del Paese, le esigue risorse economica, ma soprattutto la scarsa pazienza rimasta ai lavoratori egiziani, sian essi affiliati ai Fratelli Musulmani o meno.
December 20, 2013di: Matteo GramagliaEgitto,Articoli Correlati:
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