Gene Band. Un canto progressive rock di speranza per la Siria

Un video bellissimo, una poesia trasformata in canzone da un gruppo di musicisti siriani che invitano i bambini e i ragazzi a “non arrendersi alla paura”.

 

 

I versi sono del poeta tunisino Adam Fathi, e sono talmente ispiranti che numerosi musicisti hanno deciso di metterli in musica, primo fra tutti il cantante egiziano El-Sheikh Imam.

A dar loro un tocco moderno e progressive rock, però, ci ha pensato il gruppo siriano Gene Band, che ha deciso di accompagnarli a un video che, uscito nel 2011, ha toccato i cuori delle giovani generazioni, in Siria e non solo.

Intitolata Ya waladi (“Oh figlio mio”), la poesia è infatti indirizzata ad un bambino, ed è un commovente invito – da parte di suo padre o comunque di una persona adulta – ad abbattere i muri della paura.

Parole che rappresentano una ventata di speranza e di coraggio di cui il popolo siriano ha bisogno ancora oggi, dopo oltre tre anni di guerra civile.

Il testo – qui tradotto – non ha bisogno di commenti:

 

Oh figlio mio

Non piangere figlio mio, che il dolore della giovinezza passa 
come il sogno al sorgere del sole
e presto crescerai, ragazzo mio 
e quando vorrai piangere le tue lacrime non verranno fuori
se la pioggia ha trascorso la notte sveglia con noi, 
o il ghiaccio ha coperto le nostre strade,
nonostante questo, il calore ci riempie il petto 
come la fiamma della terra fluisce dentro di noi.

Se la tua voce diventa roca per una canzone, 
o i piedi nudi gemono
allora i soli dei tuoi compagni torneranno 
e risorgeranno dalla furia della povertà
Io posso essere messo al muro, 
ma se tu brami il mio amore e la mia gentilezza
allora guarda nel tuo cuore e mi vedrai 
perché le catene non possono andare oltre il pensiero
Io ti abbraccerò anche se il mio petto è ferito, 
amerò con passione anche se il mio cuore è annientato
qualunque vento soffi contro di me, 
non piegherò mai la schiena

Oh figlio mio…

Se il tempo è andato avanti con noi e sono finito sepolto sotto terra
Tu mi succederai in questo viaggio, 
non perdere l’appuntamento all’alba
in nessun modo le lacrime potrebbero irrigare i tuoi alberi, 
non ci potrai costruire il tuo muro aahh 
così grida alla paura ogni volta che viene a visitarti, 
perchè il fuoco non ha paura del carbone che brucia

Oh figlio mio…

 

 

Non a caso, secondo la band, “la musica deve avere un messaggio”, e il nome stesso del gruppo è stato scelto apposta: “I Gene – scrivono nella loro bio –  mirano a diventare un fattore di cambiamento positivo”.

La loro missione: “Far sentire le voci dei giovani arabi e siriani, le loro frustrazioni, la loro angoscia, la loro ricchezza e le loro ambizioni, in un linguaggio e in un tono moderno, internazionale e comprensibile a tutti”.

Per questo nei loro testi hanno spesso affrontato questioni spinose e importanti, come i “delitti d’onore” delle donne, l’inquinamento, la lotta individuale e nazionale per l’indipendenza, l’emancipazione e la libertà attraverso la sua musica.

E il progressive rock ben si adattava allo scopo: “Uno stile musicale universale, caratterizzato dalla sua capacità di assorbire e impiegare altri stili e modelli in piena libertà”.

Formatisi nel 2005, i Gene Band hanno suonato in lungo e in largo in Siria e all’estero. I membri sono tutti dei musicisti professionisti, con un ricco percorso di studio e di lavoro alle spalle: Shadi Ali alla voce, Hazem Alani al piano e tastiere, Omar Harb al basso, Anas Abd Almoumen e Maen Rajab alle chitarre, Mazen Choman alla batteria.

Oggi la maggior parte di loro è impegnata con altre band e con i loro progetti solisti, ma il video e la canzone Ya Waladi rimane uno dei gioielli del rock siriano, ancora ascoltata e condivisa sul web dai giovani di tutto il mondo arabo.

 

 

 

 

Domenica, Maggio 11, 2014 – 13:45di: Anna ToroSiria,

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