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Idir e Manu Chao: per la donna berbera, per tutte le donne

Ci sono molti modi per celebrare la donna, la sua forza e le sue battaglie, senza cadere nella banalità e nella retorica.

 

 

Questa canzone ne è un esempio, brano di lotta e impegno dell’eccezionale duo Idir-Manu Chao.

Se il secondo lo conosciamo bene, il nome di Idir invece non compare spesso nel panorama del mainstream internazionale, anche se è tutt’altro che sconosciuto non solo in patria, ma nell’intero ambito della world music.

L’artista, infatti, grazie alla sua musica intensa e di qualità, è diventato l’ambasciatore della cultura della Cabilia nel mondo, di quell’antica e affascinante regione dell’Algeria (la Tamurt n Leqbayel, “Terra dei Cabili”), da sempre fortemente gelosa della propria autonomia e indipendenza.

“Tulawin”, che in lingua amazigh significa “donna”, è un omaggio a tutte le donne di questo paese, vittime delle guerre e dell’intolleranza religiosa. Un canto che facilmente finisce per diventare universale, una celebrazione festosa ed energica di tutte coloro che hanno sofferto e resistito, spesso a costo della loro vita.

Ecco una traduzione del testo:

 

Sono io, la prigioniera della famiglia a cui date la caccia
Io sono il corpo, devastato dal loro stupro
Io sono la vita, inseguita dai loro odi, 
Io sono l’anima, torturata dai loro orrori

ghas di rrmel yergh di adfel yessan
D azru yehfan rim ip tamurt ay t-IW
Mazal beddedd t, t ur ara ghellid
Ssefdd imettawen-im-IW tamurt

Anche se si tratta di sabbia calda o
di neve fragile, questo è il mio paese.
Sei ancora in piedi tu non sei mai caduta
Asciuga le tue lacrime, è quasi finita…

Sono il cuore fermato dalla loro barbarie
Ma sono anche il coraggio ritrovato per combattere
La mia ferita è aperta
Soffro per i miei figli decapitati
assassinati a Louness, a Tahar a Aloula 

Un tulawin ha tihninin
TUP tirugza ha timazighin
A tulawin, yefsin ittijen
Tufrar Shaitan AFUS tighratin.

Donne dolci, donne eterne
Coraggiose, libere!
Donne-sole, le donne-luce
E’ quasi finita…

Soffro per mia sorella sporcata dai suoi stupratori innocenti
Questi falsi devoti, gli imam maestri 
Predicatori di un odio venuto dall’inferno
Oscurità per la vita, ignorano che soffrire non è pregare
e che subire non significa abdicare … ABDICATE!

A imazighen tamurt
D ay t imezwura izedghen
Wer wer t t tnuzu rehhen
Wer t ttawin yaadawen.

Terra di liberi
culla degli amazigh
tu non sei in vendita
né da affittare!

 

Il brano è tratto dall’album Identités del 1999, il suo terzo, in cui il cantante algerino si è avvalso della partecipazione di numerosi artisti dai diversi background culturali tra cui Manu Chao, che poi ha inserito la canzone, reintitolata “Denia (Poor Algeria)”, nel suo famoso disco del 2001 Próxima Estación: Esperanza.

Certo, la fama di Idir risale a molto prima, dal suo disco e canzone omonima “A Vava Inouva” del 1976, un successo immediato che ha fatto il giro del mondo ed è stato tradotto in decine di lingue.

Si tratta di una bellissima e toccante ninna nanna dell’esilio, composta insieme a Ben Mohamed e cantata insieme all’artista Mila (ascoltatela qui, con i sottotitoli in inglese).

Figlio di contadini, nato nel 1949 da Aït Lahcène, cittadina berbera dell’Alta Cabilia, Idir non ha infatti mai mancato di usare la sua voce calda e la sua chitarra acustica per rivendicare anche dall’estero – la Francia in particolare – la propria identità amazigh, e ha partecipato a diverse iniziative per promuovere la pace, la libertà e la tolleranza religiosa.

Il suo vero nome è Ḥamid Ceryat, ma ha adottato lo pseudonimo di Idir (un nome tradizionale di buon augurio, che significa “vivrà”) quando ha cominciato a cantare alla radio, per non far sapere ai suoi che faceva il cantante.

La sua musica nasce dalla combinazione di strumenti diversi della tradizione berbera come liuti e darbouke, anche se il fulcro rimane, oltre la chitarra acustica, soprattutto il flauto del pastore della Cabilia, il suo primo strumento con cui il cantante da sempre compone le sue melodie.

Nonostante le sue canzoni siano scritte nel dialetto della sua terra e in francese, molte, come “A Tulawin”, sono diventate universali, toccando temi diversi, come la rivoluzione (“Tagrawla“), la politica (“Zwit Rwit“), le emozioni e i ricordi (“Ssendu“).

Idir ha registrato solo tre album, ma la loro altissima qualità lo colloca ai vertici della musica cabila e l’ha reso conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Da non perdere.

 

 

Domenica, Novembre 30, 2014 – 12:15di: Anna ToroAlgeria,

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