Iraq. C’è anche la Cina nel “grande gioco mesopotamico”.

La compagnia statale cinese CNPC sta conquistando sempre più spazio tra le imprese straniere che operano nel settore petrolifero in Iraq. Una presenza certamente importante a livello commerciale, ma soprattutto attenta agli sviluppi geopolitici dei prossimi anni.

 

 

 

 

 

 

di Giovanni Andriolo

 

 

 

La scorsa settimana, la compagnia statale cinese China National Petroleum ha annunciato che la prima fase del giacimento iracheno di Halfaya è entrata in attività e possiede una capacità produttiva di 100.000 barili al giorno.

Secondo le indicazioni, si tratterebbe del primo progetto di costruzione di un impianto produttivo degli ultimi vent’anni.

Vale a dire che la CNPC è la prima compagnia straniera ad attivare un impianto di produzione in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein.

Un ottimo risultato per l’impresa cinese, che ha inoltre spiegato come il progetto Halfaya sia entrato in azione 15 mesi prima del previsto.

Il giacimento di Halfaya è situato nel sud e contiene riserve di petrolio per un totale stimato di 4,1 miliardi di barili.

La CNPC ha vinto il contratto per lo sviluppo di Halfaya durante la gara d’appalto internazionale del 2009, in consorzio con la francese Total e la compagnia statale malese Petronas.

Il contratto è stato firmato nel gennaio dell’anno successivo, e prevede la collaborazione delle tre compagnie straniere con la irachena Missan Oil: CNPC detiene attualmente il 37,5% delle quote del consorzio.

Halfaya è il maggior progetto della CNPC all’estero come operatore, e il contratto prevede che il consorzio porti nei prossimi anni la produzione giornaliera fino a 535.000 barili al giorno.

Si tratta invero di un notevole appoggio al piano del governo iracheno per l’aumento della produzione del paese.

E una perla in più, per la Cina, che in un futuro prossimo avrà un peso rilevante sul mercato mondiale degli idrocarburi.

Infatti, se da un lato la Cina sta perseguendo negli ultimi anni una strategia definita “del filo di perle”, che prevede il rafforzamento delle relazioni politico-commerciali nei paesi della costa asiatica, dal Mar Rosso fino all’Indocina; dall’altro l’Iraq sembra destinato a diventare una perla particolare, non soltanto per le sue risorse, ma anche per la sua posizione strategica, geografica e geopolitica.

Nei prossimi anni, il declino dell’Arabia Saudita  come produttore di petrolio non potrà che favorire le esportazioni di greggio irachene, in costante crescita.

Inoltre, il particolare posizionamento dell’Iraq post-Saddam, ancora vicino agli Stati Uniti, ma sempre più tentato dall’orbita sciita (leggasi Iran), sta destando gli interessi di diversi attori internazionali.

E La Cina non può restare fuori da questo gioco mesopotamico, sia a causa della sua sete di petrolio, sia alla luce degli ultimi eventi in campo internazionale, che l’hanno vista prendere posizione, in sede Onu, a favore della non ingerenza internazionale nella questione siriana.

Con gran sollievo per gli interessi iraniani e russi.

Una collaborazione tra emergenti, sembrerebbe, per smussare senza scosse improvvise, ma tramite un lento e costante impegno, l’attuale ordine internazionale; in perfetto stile cinese.

L’attrazione definitiva dell’Iraq nell’ambito degli “emergenti” non potrebbe che giovare a queste dinamiche in atto.

Restano ancora, tuttavia, diversi nodi da sciogliere, non soltanto di natura interna al paese (prima tra tutti, la questione del Kurdistan), ma anche a livello internazionale; come la vicinanza “forzata” dell’Iraq agli Stati Uniti, destinata a vincolare anche nei prossimi anni le scelte del governo.

Basti pensare, per fare un esempio, come l’attuale governo iracheno continui a depositare gli incassi della sua industria petrolifera in conti presso la Federal Reserve statunitense. 

Nel frattempo, tuttavia, la lunga mano della CNPC non si ferma ad Halfaya.

Lo scorso anno la compagnia cinese ha completato la costruzione della prima fase del giacimento Al-Ahdab, con una capacità produttiva di 60.000 barili al giorno.

Secondo i termini del contratto stipulato con le autorità irachene, la CNPC porterà la produzione del giacimento a 25.000 barili al giorno nei primi tre anni, e a 115.000 barili al giorno alla fine del sesto anno.

La CNCP è presente anche a Rumaila, il maggior giacimento iracheno e il sesto al mondo. Situato non lontano da Basra, il giacimento conta riserve di petrolio per circa 17 miliardi di barili.

Nel 2009, la CNPC ha firmato, assieme alla BP, un contratto di servizio tecnico ventennale, del valore di 15 miliardi di dollari, con le irachene State Oil Marketing Organization (SOMO) e South Oil Company (SOC) per aumentare la produzione del giacimento.

La CNPC e i suoi partner intendono portare la produzione a 2,85 milioni di barili al giorno, contro gli attuali 1,1 milioni, in un periodo di sei anni.

A giugno del 2012, la CNPC ha ricevuto il primo cargo di 2 milioni di barili di greggio da Rumaila, come pagamento per lo sviluppo del giacimento iracheno.

Secondo quanto riporta un recente articolo della Reuters, le importazioni cinesi di greggio dall’Iraq sono aumentate, negli ultimi anni, del 17% all’anno fino a raggiungere, nei primi quattro mesi del 2012, 359.000 barili al giorno.

 

 

June 28, 2012

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