Continua la disputa tra Baghdad, Erbil e Ankara per il controllo del greggio curdo. E mentre nuovi test rivelano la straordinaria ricchezza del sottosuolo del Kurdistan, è già guerra tra gli operatori internazionali.
di Giovanni Andriolo
Le recenti prospezioni effettuate della compagnia norvegese DNO International sul giacimento di Tawke, nel territorio del Kurdistan iracheno, hanno dato esito positivo. I test, durati circa 72 ore durante i lavori per aggiornare il locale sistema di oleodotti, hanno rivelato una capacità produttiva del giacimento di circa 100.000 barili al giorno.
Si tratta di un nuovo elemento in grado di complicare ulteriormente le dinamiche energetiche dell’Iraq.
La DNO è infatti azionista di maggioranza nel giacimento di Tawke assieme all’impresa turca Genel Energy e al governo regionale del Kurdistan. Un tris di attori che ben rappresenta il grado di internazionalizzazione della battaglia per le risorse irachene.
Il governo semiautonomo del Kurdistan aveva concesso alla Genel il permesso, lo scorso gennaio, di trasportare greggio in Turchia tramite camion.
Un flusso che negli ultimi mesi sta aumentando senza sosta. Basti pensare che da gennaio scorso le esportazioni di greggio dal giacimento curdo di TaqTaq alla città turca di Mersin sono salite a circa 40.00 barili al giorno, e si prevede che per fine giugno raggiungeranno quota 60.000.
Un interscambio che non fa certamente piacere al governo iracheno, che sta via via perdendo il controllo delle risorse della regione curda.
Scarso effetto sembrano aver sortito le recenti minacce da parte del vice primo ministro iracheno per gli affari energetici, Hussein al Shahristani, il quale ha ventilato l’ipotesi di intraprendere azione legale contro Ankara per gli accordi siglati tra Turchia e Kurdistan.
Shahristani ha sottolineato come l’esportazione di petrolio dal Kurdistan alla Turchia debba essere considerata illegale, dal momento che vìola apertamente la legge.
Fino allo scorso anno, il greggio curdo raggiungeva il mercato internazionale attraverso un oleodotto, controllato da Baghdad, che collegava il territorio iracheno a quello turco. Lo scorso dicembre, a seguito di dispute tra il governo curdo e Baghdad, tali esportazioni sono state interrotte.
Da quel momento ha invece prevalso il canale diretto tra Kurdistan e Turchia.
Nei primi mesi del 2013, le autorità di Erbil si difendevano dalle accuse di Baghdad sostenendo che l’accordo con Ankara prevedesse soltanto lo scambio tra il proprio petrolio greggio e prodotti raffinati turchi, senza alcun coinvolgimento di denaro.
Con il passare del tempo, tuttavia, tale spiegazione ha iniziato a vacillare.
Risale infatti ad aprile scorso il primo contratto di vendita di un lotto di petrolio tra la turca Genel e le autorità curde, senza il coinvolgimento di Baghdad.
Il confronto viene ulteriormente complicato dall’azione di attori ‘informali’, basti pensare che negli ultimi mesi si sono verificati una serie di sabotaggi dell’oleodotto che collega i giacimenti iracheni al territorio turco.
Nel 2013 se ne contano già quattro. Una media di quasi uno al mese, che provoca inevitabilmente l’interruzione del flusso di petrolio tra i due paesi per diversi giorni.
In risposta alle difficoltà in cui si dibatte Baghdad, nei prossimi mesi il Kurdistan iracheno potrebbe essere in grado di aumentare sensibilmente i volumi di esportazione verso la Turchia.
La Genel è già all’opera per convertire un gasdotto, che collega il territorio curdo con il confine turco, in oleodotto. Secondo i piani, la conversione sarà seguita dalla costruzione dei pochi chilometri che mancano affinché il grosso tubo raggiunga il territorio turco. I lavori saranno ultimati già a metà del 2013.
Inoltre, il governo del Kurdistan ha già stretto accordi con Ankara per la costruzione di un gasdotto che partirà dal giacimento curdo di TaqTaq e si collegherà al gasdotto già esistente tra Iraq e Turchia a circa 40 km dal confine.
Secondo i piani, il gasdotto aumenterà la capacità di esportazione di TaqTaq fino a 200.000 barili equivalenti al giorno.
Da parte sua, la Turchia sembra determinata a perseguire la propria politica energetica con Erbil, anche alla luce della situazione regionale: secondo alcuni analisti, Ankara starebbe cercando di ottenere maggiore indipendenza energetica da fornitori “difficili” e “costosi” come Iran, Russia e
Azerbaijan.
Qualora si rafforzassero canali di approvvigionamento alternativi, come quello curdo, Ankara potrebbe orientare a suo favore diverse dinamiche di potere a livello regionale.
May 30, 2013
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