“L’esercito della salvezza” non è un semplice romanzo, ma un viaggio di formazione dai tratti teneri e violenti. Un mosaico in cui si intrecciano il passato e il presente dello scrittore marocchino. Un’immersione nell’intimità dell’autore che racconta il distacco “dal suo primo mondo” senza pudori né censure, con una scrittura dolce e allo stesso tempo severa, nuda.
Le prime pagine del testo si aprono sull’infanzia dello scrittore, segnata dalla promiscuità vissuta all’interno delle mura domestiche. Nella piccola casa di Hay Salam, un quartiere popolare alla periferia di Salé (che assieme alla capitale Rabat formano un unico agglomerato urbano), ci sono solo tre stanze: una per il padre, una per il fratello maggiore e una in cui lo stesso Abdellah dorme con la madre, il fratello più piccolo e le sei sorelle. Nulla sfugge dell’intimità familiare, né la vita amorosa dei genitori né i loro litigi, che a volte sfociano nella violenza.
Appena adolescente Taia trascorre una settimana di vacanza a Tangeri assieme al fratello maggiore, verso cui prova una tale venerazione che lui stesso definisce un “amore morboso”, a tratti ossessivo. Nella città di Bowles e Choukri, lo scrittore vive il suo primo rapporto omosessuale all’interno di un vecchio cinema della medina.
Il viaggio continua. A venticinque anni Abdellah si ritrova a Ginevra per proseguire gli studi universitari (letteratura francese). Immerso nel freddo della città svizzera, solo e affamato, cerca rifugio all’Esercito della salvezza (organizzazione caritatevole-religiosa di tradizione cristiana). Il ricordo di un Marocco ormai lontano e quello di Jean si fondono nella sua mente. Le passeggiate per le vie di Rabat, i viaggi a Marrakech e poi a Tangeri, ogni momento trascorso assieme al suo amante gli torna alla memoria, come le pagine di un vecchio diario rimasto nascosto troppo a lungo.
“In quelle pagine ho cercato di restituire le impressioni, gli stati d’animo e i dubbi che hanno preceduto e poi accompagnato la mia partenza – racconta lo scrittore -. Il passaggio dal ragazzino con i piedi scalzi che ero, all’uomo indipendente che stavo diventando. Il libro racconta la difficoltà con cui ho vissuto il distacco dal mio ‘primo mondo’, il timore di ritrovarmi solo, quel misto di incertezza e euforia con cui sono scivolato lentamente in una nuova dimensione. Ma tratta anche di violenza, di amori difficili e di sessualità, un aspetto spesso associato al pudore, ma di cui non si dovrebbe mai aver paura di parlare”.
Abdellah Taia è il primo marocchino ad aver rivelato pubblicamente la sua omosessualità (un tabù sociale nel paese, oltre che un reato passibile di una condanna fino a 3 anni carcere secondo il codice penale) . Lo ha raccontato nei suoi libri, dove descrive il Marocco popolare – “ricco nella sua povertà” – che ha conosciuto tra le mura domestiche e per le strade della sua città. Lo ha poi dichiarato alla stampa nazionale, destando scalpore.
Da quel momento il giovane romanziere, oggi trentanovenne, è diventato un simbolo di libertà ed emancipazione.
“Sono figlio di Salé, figlio di Hay Salam uno dei suoi quartieri più poveri dove ho fatto il mio incontro con la vita. Tutto parte da lì, perfino il mio modo di essere omosessuale è intrinsecamente legato agli odori, ai sapori e alle esperienze di quegli anni. Per me è inevitabile che questo mondo, nella sua dimensione intima come in quella pubblica, risorga con impeto ogni volta che scrivo, perfino ogni volta che parlo. Un impeto dove violenza e tenerezza si mescolano fino a confondersi”.
Dopo la parentesi svizzera, Abdellah Taia si è stabilito a Parigi dove vive dal 2001. Le sue prime opere (oltre a L’esercito della salvezza, Mon Maroc e Le rouge du tarbouche) descrivono in maniera lucida e consapevole il conflitto interiore di un uomo che sente di appartenere a più culture. Il giovane scrittore, pur abbracciando la modernità, non rinnega quel mondo di miseria, affetto e sofferenza che l’ha visto crescere. Al contrario – se paragonato con la freddezza del suo impatto con l’Europa – lo considera vivo, umano e autentico.
“Quando ho lasciato il Marocco avevo già maturato – sebbene inconsapevolmente – una sorta di ‘fedeltà’ per quel mondo che prima detestavo. Una fedeltà interpretata alla mia maniera, un sentimento controverso che non può essere paragonato ad una nostalgia facile e innocente”.
La grande passione per la letteratura francese e per il cinema – oltre alla madre e alle sorelle, sono le attrici egiziane le “eroine” dell’autore – e la necessità di vivere apertamente la sua sessualità lo hanno spinto a separarsi da Salé e dalla sua famiglia.
Raggiunto il Vecchio continente, tuttavia, è spaventato dall’indifferenza e dall’egoismo che sta impoverendo la società occidentale. Così non riesce a separarsi del tutto dalla sua terra, dai suoi santi, dai suoi jnoun e marabut che lo legano alla figura materna. Si scopre profondamente attaccato ad una tradizione che racconta preservandone il mistero. “Avrei dovuto perdermi completamente per meglio ritrovarmi”, confessa Taia nelle ultime pagine del libro.
L’esercito della salvezza (da cui nel 2012 è stato tratto il film omonimo, diretto dallo stesso Taia) rappresenta così una sorta di libro-matrice, “un libro che racchiude l’origine di tutto ciò che sono”. Riprende immagini e tematiche già trattate in precedenza dallo scrittore e anticipa alcuni spunti poi approfonditi in “Uscirò da questo mondo e dal tuo amore” (Isbn, 2010) e “Ho sognato il re” (Isbn, 2012). Per Abdellah Taia si tratta di un crocevia esistenziale e allo stesso tempo stilistico, che segna il passaggio dal racconto al romanzo.
Un romanzo dove l’intreccio è simile alla base di un mosaico in cui vanno ad incastrarsi i differenti tasselli: tante micro-storie legate assieme da un filo autobiografico.
“Talvolta penso a me come un semplice scrivano pubblico a cui è affidato il compito di tramandare frammenti di memoria. In Marocco non si raccontano mai abbastanza le gioie e le sofferenze legate alla quotidianità, ancor meno all’intimità, come se non fossero abbastanza nobili o eroiche per poter essere ammesse nell’universo della letteratura”.
Con una scrittura semplice, dolce e allo stesso tempo severa, e un linguaggio poetico ma mai ricercato, Taia svela le contraddizioni e i sentimenti che lo guidano alla ricerca di un possibile equilibrio tra passato e presente, tra la paura della separazione e l’emozione della scoperta.
Abdellah Taia,
L’esercito della salvezza,
ISBN Edizioni, 2009
(titolo originale: L’armée du salut, Seuil, 2006).
July 07, 2013di: Jacopo GranciMarocco,Articoli Correlati:
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