Ha portato la musica tradizionale delle feste siriane nei club house di Usa ed Europa diventando una star internazionale acclamata dai più importanti guru dell’elettronica mondiale.
Lui è Omar Souleyman, che da famoso animatore di feste di nozze in Siria è oggi uno dei signori incontrastati delle piste e dei festival dance, con la sua immancabile kefiah rossa, gli occhiali da sole, i baffi e la lunga veste scura ed elegante.
Un look che potrebbe sembrare stereotipato e un po’ kitsch, ma che dietro la console o sul palco, contribuisce a guidare la grande trance collettiva che porta gli annoiati hipster dei club occidentali a dimenarsi agli sconosciuti eppure familiari ritmi della “dabke”, la danza tradizionale e spesso sfrenata che caratterizza le feste e i matrimoni in tutto il Medio Oriente (ogni paese, naturalmente, con le sue peculiarità).
Perchè è proprio così che Souleyman è stato scoperto. Le sue performances in Siria, infatti, venivano registrate su nastri, regalate agli sposi e diffuse dappertutto, riprodotte a volume massimo nelle strade, nelle bancarelle e nei mercati. In questo modo, per caso, la sua musica è arrivata alle orecchie del musicista californiano Mark Gergis, che si trovava in viaggio a Damasco. Impressionato dalle potenzialità, Gergis ne ha raccolto i migliori brani e li ha fatti uscire negli Usa: la carriera all’estero di Omar Souleyman era iniziata.
A causa della guerra tutt’ora in corso, lui stesso ha lasciato la Siria, costretto a fuggire insieme alla sua famiglia dalla sua città natale Ras Al-Ayn e a rifugiarsi in Turchia. Da allora sono cominciati i tour in Europa e negli Stati Uniti (in cui si trovava anche in questi giorni), e le collaborazioni importanti, anche con artisti del calibro di Björk e di Damon Albarn dei Gorillaz.
Certo, nonostante i suoi 58 anni, oggi Souleyman è un vero e proprio dj, e strumenti come il buzuq, il rababah (conosciuto anche come l’antichissimo violino arabo) o il qanun (strumento a 78 corde della tradizione classica araba) sono stati sostituiti da tastiere, manopole e sintetizzatori.
Eppure il “potere cerimoniale” della sua musica resta immutato, tanto che spesso, durante i live, Souleyman e il suo tastierista di lunga data, Rizan Sa’id, invitano anche un poeta ad unirsi a loro sul palco. Lo scopo è lo stesso da secoli: improvvisare testi che celebrino lo sposo e la sposa, “versi sul loro primo incontro, sul loro amore, su come le loro vite potrebbero svilupparsi in futuro e sulle specificità di quel determinato matrimonio”.
Il primo album ufficiale dell’artista è arrivato alla fine del 2013. Intitolato Wenu wenu, è prodotto dall’artista britannico Kieran Hebden, meglio conosciuto come Four Tet. Tracce in cui Souleyman non si smentisce, proponendo il suo originale dabke elettronico maniacalmente accelerato che rende impossibile restare fermi.
E il suo paese? In questi anni di fama ascendente, il musicista non lo ha comunque mai dimenticato, ma finché la situazione resta quella che è, non avrebbe nessuna intenzione di tornarci. Nelle interviste ne parla con amarezza, senza prendere posizioni politiche. “Non appartengo a nessun partito – aveva detto ad esempio a Rolling Stones – sono solo per la sicurezza e la pace della Siria”.
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December 14, 2014di: Anna ToroSiria,
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