Siria. Le spose bambine di Daesh

Il fenomeno delle spose bambine ha assunto proporzioni allarmanti in Siria e nei campi profughi circostanti che ospitano milioni di rifugiati. Per contrastarlo, la società civile ha avviato numerosi progetti e campagne. Intervista a Sarmand Al Joulani, direttore di “Sawt wa Sura”. 

 

 

“Il progetto Sawt wa Sura ha documentato il fenomeno dei matrimoni tra donne siriane e combattenti stranieri tra le fila di ISIS, nota anche come Daesh, nelle area della Siria controllate dall’organizzazione. Abbiamo realizzato una statistica in tutte le cinque province totalmente o parzialmente occupate”. 

A parlare è Sarmad Al Joulani, direttore del progetto Sawt wa Sura (in arabo “Voci ed Immagini”), le informazioni sono state trafugate dai registri delle corti islamiche stabilite da Daesh, acronimo arabo dispregiativo con cui i siriani si riferiscono ad ISIS.

In alcune aree si è invece dovuto far affidamento alle famiglie delle donne, contattate dalla rete di attivisti che agiscono nell’ombra nella parte siriana del territorio dell’autoproclamato “Califfato”. 

“I numeri sono stati suddivisi in base alla provincia e in base alla maggiore o minore età delle donne coinvolte. In totale, abbiamo documentato 511 casi nel complesso delle aree amministrate da Daesh così distribuiti: 278 a Raqqa, di cui 57 minorenni. Sono 166 i casi a Deir Al Zour, di cui 54 minori. 19 i matrimoni a Hasaka tra cui 12 con minori, 38 infine i casi nelle aree rurali intorno alle città di Aleppo e Homs, tra cui 30 con minorenni”.

I numeri più alti che si registrano a Deir Al Zour e Raqqa sono dovuti al fatto che Daesh controlla da più tempo in quelle aree, con la maggior presenza militare e di combattenti stranieri, chiamati “muhajireen”. 

Dalle statistiche emerge anche una crescita del fenomeno nell’ultimo quadrimestre del 2014, conseguenza della distribuzione di ricompense economiche ai combattenti dopo che Daesh ha conquistato la città iraqena di Mossul ed avamposti militari a Raqqa.

“Il progetto Sawt wa Sura ha lo scopo di documentare le violazioni a danno dei civili, indipendentemente da chi, tra gli attori della guerra in corso in Siria, le abbia commesse, e copre le aree di Deir Al Zour, Raqqa, Hasaka e le aree rurali intorno ad Aleppo e Homs”, spiega l’attivista. 

Secondo Al Joluani, sarebbero tutti matrimoni forzati, anche se i metodi con cui vengono imposti variano, dal ricatto economico all’imposizione con le armi, passando per un’altra varietà di metodi di persuasione. Indubbiamente la situazione economica difficilissima in cui vive la popolazione locale favorisce questo tipo di unioni, dato che “Daesh fornisce ai combattenti stranieri una casa, aiuti economici ed altri benefit”, ricorda Joulani. 

Del resto le case sequestrate ai “miscredenti” spesso vengono destinate anche ai ricongiungimenti famigliari in salsa jihadista, per permettere cioè ai combattenti di avere mogli e figli al seguito, far studiare i bambini nelle scuole stabilite da Daesh e fruire del welfare organizzato dall’organizzazione terroristica nelle aree che controlla. 

Si registrano svariati suicidi tra giovani ragazze che preferiscono la morte al matrimonio e delitti d’onore connessi a questo fenomeno. Ci sono anche casi di matrimoni di convenienza in cui possono essere le stesse famiglie a spingere le figlie, anche giovanissime, tra le braccia del barbuto di turno che magari neanche parla l’arabo. 

Il fenomeno delle spose bambine ha assunto proporzioni allarmanti in Siria e nei campi profughi circostanti (che ospitano 3 milioni di persone), dove facoltosi uomini d’affari spesso provenienti dai paesi del Golfo prelevano bambine talvolta appena adolescenti per farne le loro spose e quindi abusarne, per poi impiegarle nel lavoro domestico. 

Il fenomeno si è diffuso anche tra i quasi 8 milioni di sfollati interni, spesso ridotti alla fame e quindi disponibili ad accettare le offerte di benestanti commercianti ed imprenditori.

In genere le famiglie cercano di autoingannarsi, immaginando per le figlie una vita in mezzo al lusso che può offrire un matrimonio “importante”, ma di fatto dando una figlia in sposa si ha una bocca in meno da sfamare e ci si può garantire una somma sufficente a mantenere il resto della famiglia per svariati mesi. In Siria le famiglie sono generalmente numerosissime.

Questa illusione, però si scontra con la realtà e non mancano le cronache di bambine morte immediatamente dopo la prima notte di nozze per gli abusi subiti. 

Contro questo fenomeno la società civile siriana ha avviato sui social network una campagna del titolo “Bimbe, non spose“, lanciata a dicembre dalla Rete delle Donne Siriane e da Saiedet Souria, due tra le associazioni del vasto arcipelago femminista siriano,  sostenute in questa campagna da un ampio ventaglio di altre organizzazioni siriane, non solo quelle legate alle questioni di genere.

 

January 25, 2015di: Fouad Roueiha Siria,Articoli Correlati: 

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