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Referendum costituzionale o politico? Gli sconfitti/2

Abbiamo finora proposto un confronto fra i risultati parziali dell’ultimo referendum e quelli delle recenti elezioni parlamentari, ora guardiamo le percentuali. Lo scenario è interessante. 

 

 

 

 

di Marco Di Donato

 

Il blogger Bassem Sabry ci propone un confronto fra i due referendum egiziani, provando a paragonare le percentuali registrate lo scorso marzo e quelle di sabato scorso. I risultati mostrano uno scenario interessante.

Nel 2011 il Cairo votò “sì” con il 63%, mentre oggi mostra una percentuale per il “no” del 56,5%, segnando una netta inversione di tendenza.

Alessandria ha votato “sì” con il 56% quest’anno, mostrando un calo rispetto al precedente 67%. Nel 2011 Daqahliya si era espressa con un 80% di voti favorevoli mentre oggi è ferma al 55%. Gharbiyya ha seguito l’esempio del Cairo, passando da un 79% di “si” a un “no” che guadagna il 52%.

Sharqiyya ha altresì visto una diminuzione nei confronti del fronte del sì da 87% a 66%. Stabili invece, se non addirittura in aumento come abbiamo visto, i governatorati di Assiut, Sohag e del Sinai.

Il paragone qui proposto mostra dunque percentuali in larga parte in diminuzione rispetto al 2011, pur dovendo ricordare che lo straordinario 77% di consensi totali raggiunti un anno fa in occasione dell’altro referendum costituzionale vedeva un paese profondamente diverso da quello di oggi.

E soprattutto nel marzo del 2011 i problemi erano ben diversi.

C’era inoltre un potere militare formalmente in carica, mentre i Fratelli si presentavano in tandem con gli esponenti dell’ancien regime, fra i primi ora ad essere stati toccati dalle misure (poi ritirate) del presidente Morsi.

Di conseguenza, è forse più interessante osservare il risultato referendario secondo un’ottica politica, laddove il Cairo e Gharbiyya si oppongono ora alla linea portata avanti dal presidente Morsi.

Del resto, nella capitale, alle parlamentari le forze secolari avevano ottenuto 19 seggi contro i 23 della Fratellanza e i 5 dei Salafiti, mostrando linee di sostegno politico estremamente diversificate che un anno dopo penalizzano gli islamisti.

Il Cairo si conferma quindi il vero cuore pulsante della protesta, insieme alla città di Mahalla e al suo governatorato, Gharbiyya, anch’esso oggi contrario alle direttive presidenziali con il 52% dei “no”.

E le rivendicazioni sociali e dei lavoratori, così come le lotte sindacali e le proteste di piazza hanno decisamente spostato l’ago della bilancia in favore dell’opposizione facendo perdere moltissimi consensi alle forze islamiste. 

Questo ci dimostra che laddove vi è stata una diffusione su larga scala delle proteste, i Fratelli Musulmani non hanno saputo gestire la crisi, perdendo consensi e trovandosi ad affrontare un voto ostile.

Di contro, specialmente nel sud del paese e nelle aree rurali, le forme di dissenso sono state contenute o inesistenti, i Fratelli musulmani hanno mantenuto intatto, se non aumentato, la percentuale di consenso.

L’Egitto è un paese che ora viaggia a due velocità.

Il Cairo, Gharbiyya ed Alessandria (dunque il nord del paese) mostrano importanti forme di dissenso nei confronti del presidente Morsi, che può invece contare sul solido sostegno del Sinai e del sud.

E il prossimo 22 dicembre?

All’appello mancano ancora 17 governatorati: Qena, Bani Suef, Minya, Menoufiya, Beheira, Damietta, New Valley, il Mar Rosso, Fayyoum, Kafr al-Sheikh, Giza, Port Said, Suez, Marsa Matruh, Luxor, Qalyubia ed Ismailiyya. 

Proprio nel caso Ismailiyya, così come in quello di Port Said e Suez, sarà interessante osservare quanto i recenti scontri di piazza influiranno sul consenso per i Fratelli. 

Nessun cambiamento è atteso in aree come Luxor, la New Valley, Minya o Fayyoum, troppo distanti dell’epicentro delle proteste per esserne coinvolti. 

Diverso il discorso per quelle aree come Kafr al-Sheikh che nel 2011 videro l’affermazione del Wafd con 3 seggi e che si trovano nelle vicinanze di governatorati come Gharbiyya.

In quel caso potremmo forse osservare un cambio nella tendenza di voto. Così come Damietta potrebbe subire le influenze delle tensioni regionali, anche se qui la presenza islamista sembra essere più forte.

Così come fortissima, nonostante la sua presenza nel nord, è la presenza islamista a Beheira dove alle ultime parlamentari Salafiti e Fratelli musulmani hanno ottenuto 24 seggi contro i 4 delle forze secolari.

In questo caso, però, la vicinanza ad Alessandria potrebbe determinare una riduzione della percentuale per il “sì” in favore di posizioni di maggiore contestazione, anche se un capovolgimento come nel caso del Cairo o di Gharbiyya sembra largamente improbabile.

Il fronte del “sì” resterà dunque maggioritario anche dopo il 22 dicembre, ma i dati dell’ultimo referendum ci dimostrano che il muro della paura è stato abbattutto e che qualsiasi potere governerà nei prossimi anni dovrà fare i conti con una popolazione sempre più consapevole e pronta a manifestare i proprio dissenso.

 

 

December 19, 2012

 

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