Fiato sospeso nella città di Aleppo: alle 19 di oggi scade l’ultimatum russoper il “corridoio umanitario” promesso ai ribelli per la fuga. Gli attivisti, che abbiamo raggiunto telefonicamente, avvertono: “Sarà una carneficina”.
Una sagoma in nero di Charlie Brown e Snoopy contro uno sfondo rosso, circondata da razzi, insieme all’hashtag #WhatCeasefire. Sono questi gli strumenti con cui gli attivisti di Aleppo lanciano il loro allarme sui social network: “Mosca si prepara ad un’offensiva su Aleppo mentre il mondo è distratto dalle elezioni statunitensi. Sarà una carneficina”.
Ne è convinto Ameen Al Halabi, fotografo e giornalista siriano tra i promotori della campagna su internet, che abbiamo raggiunto telefonicamente nel distretto di Mashhab, nel nord est della città.
Una convinzione che nasce dalle recenti dichiarazioni del ministro della Difesa russo che all’agenzia Reuters ha detto di aver comunicato ai ribelli che oggi, venerdì 4 novembre, dalle 9 alle 19, sarà garantito loro un passaggio sicuro attraverso 2 corridoi per lasciare la città, altrimenti sarà la fine del “cessate il fuoco” umanitario, annunciato unilateralmente il 18 ottobre scorso dal presidente Putin.
I primi a raccogliere l’appello lanciato sul web dagli abitanti di Aleppo sono stati gli attivisti britannici di The Syrian Campaign con un flash mob che ha bloccato l’ingresso dell’ambasciata russa a Londra: una montagna di braccia bianche di manichino, ad evocare la foto del 28 ottobre che mostrava il braccio mozzo di un bambino, la cartella in mano, dopo il bombardamento russo sulla scuola di Hass.
Gli attivisti hanno invitato tutti a sommergere le ambasciate russe di telefonate ed email e a registrare la loro presenza simbolica ad Aleppo su Facebook.
“Abbiamo saputo di questo ultimatum dalla stampa, non ci sono stati avvisi né per le fazioni armate né per i civili”, spiega Ameen.
“Di fatto, poi, non esiste alcun cessate il fuoco: i bombardamenti sulla linea del fronte sono quotidiani, anche se nelle ultime due settimane c’è stato un alleggerimento di quelli sulle aree civili. Siamo sicuri che a bombardare siano i russi perché intercettiamo le loro frequenze radio”.
Ad Al Halabi fa eco Muhammad Zakarya Amino, il vice-presidente del Consiglio Locale di Aleppo, l’organo di autogoverno eletto dai residenti di Aleppo Est nel 2013: “Non c’è nessun cessate il fuoco, i combattimenti via terra sono più violenti che mai e i colpi d’artiglieria sono incessanti. Riguardo ai corridoi umanitari: già in passato nessun civile ne ha fruito perché la gente di Aleppo non ha fiducia: voi vi fidereste di chi non risparmia alcun tipo di armamento, dai missili balistici alle bombe a grappolo, per attaccare zone residenziali e infrastrutture civili?” .
Il timore per i 300mila civili, da 4 mesi intrappolati ad Aleppo Est, è che dietro questo annuncio si celi l’intenzione del Cremlino di lanciare un massiccio attacco sulla città, approfittando del fatto che gli occhi del mondo saranno rivolti verso Washington per le elezioni presidenziali.
Secondo il fotografo, le dichiarazioni del ministro russo Sergei Shoigu sarebbero diffuse ad uso e consumo dei media occidentali. “Come quando parla di corridoi umanitari per i civili di cui non c’è traccia sul terreno. L’ultima volta alcuni civili che sostengono il regime hanno provato ad uscire da uno di quei corridoi e si sono trovati sotto il fuoco dei cecchini dello stesso esercito lealista: ci sono stati 15 feriti”, racconta.
La parte est di Aleppo è da 4 mesi sotto assedio da parte delle forze leali al regime di Damasco, si stima che siano intrappolati tra i 250mila ed i 300mila civili. All’assedio si accompagna una incessante campagna di bombardamenti: stando ai dati della Ong Syrian Insitute for Justice, sarebbero almeno 328 le vittime dei quasi 1000 raid aerei, di cui 62 bambini.
Il 26 ottobre è partita l’offensiva ribelle “Malhamat Halab” (“L’epica Aleppo”) per rompere l’assedio e liberare la parte ovest della città, ancora sotto il controllo di Damasco, che il 3 ottobre scorso è entrata nella sua seconda fase.
Abu Jamil, un dirigente della formazione islamista moderata Failaq Al Sham, il 1° novembre ha dichiarato al microfono di Hadi Abdullah, noto mediattivista d’opposizione, che nella prima fase c’è stata la conquista di alcuni quartieri lungo la fascia che divide i due lati di Aleppo, mentre la seconda fase dovrebbe portare alla rottura dell’assedio.
In questi mesi però la popolazione ha esaurito le risorse che aveva messo da parte.
“In città abbiamo 20mila bambini sotto i 12 mesi e non c’è più latte in polvere. Il Consiglio Locale è ancora in grado di calmierare il prezzo del pane, dalle 800 lire del prezzo di mercato alle 600 a cui lo diamo noi, ma i russi hanno colpito uno dei mulini e continuano a prendere di mira anche i forni, oltre a tutti i centri di raccolta degli aiuti. Se non riusciranno a rompere l’assedio, la crisi umanitaria è destinata a diventare una catastrofe” racconta il vicepresidente Amino.
Anche Ameen Al Halabi descrive una situazione tragica: “In città si trova prezzemolo, menta, ravanelli e poco altro. Un chilo di carne costa 8mila lire siriane, uno di farina 1.500, un chilo di zucchero costa 3mila lire mentre un pacchetto di sigarette arriva anche a 35mila lire siriane”. Per avere un’idea di cosa vogliano dire queste cifre, lo stipendio medio di un impiegato statale è circa 30mila lire siriane, pari a 135 euro.
Dalla sua casa di Aleppo, l’avvocato Muhammad Zakarya Amino lancia un accorato appello a quei paesi che si fanno vanto di essere baluardi di libertà e democrazia: “Non dimenticatevi del vostro dovere morale e civile di aiutare la gente di Aleppo, qui non siamo terroristi: qui siamo novizi che studiano la Giustizia, la Libertà, il Diritto. Siamo portatori di una causa giusta, persone che vogliono costruire per sé e per i propri figli uno Stato di diritto, che vogliono essere cittadini e non sudditi. Non lasciateci morire nel silenzio”.
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