Per un periodo ho vissuto a Yarmouk. È il più grande campo profughi palestinese di Siria, ospita circa 150mila palestinesi così come decine di migliaia di siriani poveri e di rifugiati iracheni. Si trova a pochi chilometri a sud di Damasco e, fino a poco tempo fa, era uno dei centri della vita intellettuale e culturale della diaspora palestinese.
Come tutti coloro che un tempo hanno camminato per le sue strade animate e ne ricordano la miriade di suoni e odori, ora sono ossessionata dalle immagini dei suoi edifici devastati, dai bambini che si nutrono di erba e gatti randagi, e dai corpi macilenti morti per la fame.
Dal luglio 2013 sono in aumento i decessi causati dalla mancanza di cibo, si stima che 200 persone sono decedute per fame e molte altre sono state lasciate senza cibo né cure. A tutto ciò vanno aggiunti i circa 300 palestinesi uccisi sotto tortura nelle prigioni del regime, e i 900 che sono morti a causa dei bombardamenti nel campo.
A Yarmouk non c’è stata acqua potabile per oltre un anno e mezzo.
Non è una novità che, dall’inizio del conflitto siriano nel 2011, la scarsa copertura mediatica che Yarmouk ha ricevuto negli organi di stampa, compresi BBC e il Guardian, si è incentrata soprattutto sulla crisi umanitaria in corso. Focalizzando l’attenzione su questo aspetto della vicenda, tuttavia, le notizie su Yarmouk non sono riuscite a mettere in evidenza il ruolo del regime nel favorire la crisi nel campo.
In effetti questa rappresentazione a-storica della crisi umanitaria ha lavorato a vantaggio del regime siriano in maniera significativa. Insieme a una serie di media esteri filo-siriani, principalmente iraniani e russi, il governo di Asad ha fatto ricadere la responsabilità della crisi umanitaria di Yarmouk esclusivamente su alcuni gruppi di opposizione radicali presenti nel campo.
I media stranieri suoi alleati hanno affermato che i siriani-palestinesi hanno sempre appoggiato il regime. A sostegno di questa narrazione hanno selettivamente fatto riferimento ad una manciata di fazioni palestinesi pro-Asad.
Sia la stampa pro-regime che i media tradizionali hanno ignorato le esperienze di quei palestinesi che invece non sostengono il regime (anche se per motivi diversi), occultando in maniera efficace le vere ragioni della sofferenza a cui è sottoposta la popolazione del campo.
Per capire la crisi di Yarmouk è fondamentale comprendere come il regime siriano ha creato divisioni all’interno della popolazione palestinese di Siria, e come queste divisioni hanno portato all’attuale situazione umanitaria del campo.
L’ho visitato per l’ultima volta nel gennaio 2012, e sono stata in stretto contatto con i residenti da allora. Tra loro, molti sono oggi “doppiamente” rifugiati in Libano, o, per chi ce l’ha fatta, in Europa. Il resoconto che segue si basa su testimonianze che ho raccolto dagli abitanti Yarmouk durante le mie visite nel 2011 e 2012, e negli anni successivi a Beirut.
Storicamente il regime siriano ha mantenuto una posizione ambivalente e contraddittoria verso la lotta palestinese per la liberazione e l’indipendenza.
Nel 1976 l’allora presidente siriano Hafez al-Asad, padre dell’attuale presidente Bashar al-Asad, dichiarò a Yasser Arafat: “Non c’è un popolo palestinese, non vi è alcuna entità palestinese, c’è solo la Siria. (…) Per questo siamo noi, le autorità siriane, i veri rappresentanti del popolo palestinese”.
La posizione di Asad padre nei confronti del movimento rivoluzionario palestinese riflette un più ampio tentativo da parte del regime siriano di creare conflitti tra le varie fazioni palestinesi, per dominare meglio la regione. Henry Kissinger, che ammirava molto il vecchio Asad, ha successivamente spiegato che “a lui non piaceva l’OLP [Organizzazione per la Liberazione della Palestina], perché uno Stato palestinese indipendente sconvolgeva il suo obiettivo strategico a lungo termine, quello della Grande Siria.”
Kissinger ha anche sottolineato che una delle strategie del regime è stata quella di assicurarsi sistematicamente che le fazioni palestinesi non diventassero abbastanza potenti da minare le aspirazioni del regime stesso per il controllo della regione.
Tanto è vero che ha contribuito a creare alcuni gruppi palestinesi che poi ha strategicamente utilizzato per indebolire l’OLP e controllare il corso degli eventi che interessavano le comunità palestinesi in Siria e nel vicino Libano.
Tra questi il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina – Comando Generale (PFLP-GC) di Ahmad Jibril è stato il più strumentale. Il PFLP-GC è stato fondato nel 1968 come un gruppo fuoriuscito dal Fronte popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) di George Habash.
Da allora il PFLP-GC è stato un convinto sostenitore del regime siriano e un nemico implacabile dell’OLP. Nel 1976 quando l’esercito siriano è entrato in Libano e ha permesso alle milizie cristiane libanesi di uccidere migliaia di combattenti dell’OLP e di civili palestinesi durante l’assedio del campo di Tel al-Zaatar, il PFLP-GC è rimasto fedele alla Siria e non ha fatto nulla per impedire quegli omicidi.
Allo stesso modo, durante la guerra dei campi in Libano (1985-1987), il PFLP-GC ha assassinato numerosi combattenti dell’OLP per conto del regime siriano. Dopo l’attacco ai palestinesi in Libano, nel 1987, il PFLP-GC ha aiutato il regime siriano ad arrestare e detenere qualunque combattente dell’OLP penetrato in Siria.
Anche altri gruppi hanno ricevuto il sostegno del regime, tra questi As-sai’qa e Fatah al-Intifada, che sono rispettivamente la fronda palestinese del partito siriano Ba’ath e un gruppo di dissidenti del partito di Arafat, Fatah; entrambi restano strettamente controllati dal regime siriano fino ai nostri giorni.
Queste fazioni palestinesi pro-regime hanno svolto un ruolo fondamentale all’interno della Siria, hanno controllato da vicino i campi palestinesi e hanno funzionato come servizi di intelligence dall’interno.
E’ attraverso questi gruppi che il regime siriano ha effettivamente potuto rappresentare i palestinesi come fedeli sostenitori.
Ma le posizioni e le azioni della maggioranza della popolazione civile palestinese in Siria smentiscono tale affermazione in maniera decisa. I palestinesi di Siria hanno sofferto in modo significativo sotto il regime e le fazioni palestinesi pro Bashar al-Asad, che hanno un controllo effettivo delle loro politiche.
In particolare nel quadro della rivolta siriana la divisione tra le potenti e dominanti fazioni pro-regime, e i veri sostenitori della causa palestinese, anche se poveri di risorse, ha lasciato la popolazione civile senza protezione. In effetti, questi gruppi filo-Asad hanno abbandonato, in generale, i palestinesi alla mercè della violenza e del terrore del regime siriano, dei militanti dell’opposizione, e occasionalmente delle forze israeliane, i quali, tutti, hanno portato alla crisi attuale di Yarmouk.
Tutto è iniziato un paio di mesi dopo l’inizio della rivolta siriana.
A seguito di un appello da parte di attivisti, il 15 maggio 2011, il giorno che commemora la Nakba o “catastrofe” (che si riferisce alla creazione dello Stato di Israele, e all’espulsione circa 750mila abitanti palestinesi), i profughi palestinesi in Egitto, Giordania, Libano e Siria hanno organizzato manifestazioni lungo i confini tra questi paesi e Israele. In Siria il regime ha organizzato un evento per la Nakba sul versante siriano delle Alture del Golan.
Le manifestazioni contro Israele sulle alture del Golan sono comuni: sono organizzate ogni anno da diversi decenni, con il sostegno del regime siriano. Dall’inizio della rivolta sono state funzionali a ristabilire le credenziali del regime quale campione di resistenza contro Israele.
Le dimostrazioni di solito includono la partecipazione di rappresentanti del partito Ba’ath e delle fazioni palestinesi pro-regime, di cui esistono foto scattate davanti folla che sventola bandiere palestinesi e siriane.
Alla commemorazione del 2011 un gruppo di giovani palestinesi, ispirato dalle rivolte che attraversavano il mondo arabo e snervato dall’escalation della situazione in Siria, ha fatto quello che nessun civile palestinese aveva mai tentato di fare da quando Israele ha annesso le alture del Golan: ha attraversato la zona militare siriana che porta al confine con Israele, per raggiungere la Palestina.
Centinaia di manifestanti li hanno seguiti e sono arrivati dall’altra parte, dove hanno colto di sorpresa l’unica pattuglia israeliana presente sul posto. Israele non aveva previsto problemi sul confine siriano solitamente calmo.
Ben presto i soldati israeliani hanno chiesto rinforzi e hanno aperto il fuoco sulla folla, uccidendo quattro palestinesi e ferendone a decine. Nonostante fossero accompagnati da guardie del corpo e combattenti di supporto, i leader delle fazioni palestinesi che erano presenti, tra cui del PFLP-GC Ahmad Jibril e Maher Taher del FPLP, non sono intervenuti per impedire l’uccisione dei loro compagni palestinesi.
Ma ciò che ha scioccato ancor di più i siriani palestinesi è stato che il percorso verso il confine che porta in Palestina: non era disseminato di mine come il regime siriano aveva sempre sostenuto.
Subito dopo questo incidente le fazioni palestinesi, e in particolare il PFLP-GC, hanno organizzato un’iniziativa simile, il 5 giugno 2011, giorno della commemorazione della Naksa (la sconfitta araba del 1967). L’evento fissato ha dato luogo a discussioni accese nei campi profughi, poichè i palestinesi si sono ritrovati ad dover affrontare una domanda imprevista: questo invito avrebbe permesso loro di entrare liberamente in patria, o si trattava di una trappola tesa dal PFLP-GC? Ormai sapevano che esistevano diversi modi per raggiungere il Golan occupato.
Ma l’esperienza del 15 maggio aveva anche insegnato loro che le fazioni palestinesi non li avrebbero protetti.
La sera del 4 giugno il regime siriano ha annullato l’iniziativa. Tuttavia, il governo e il PFLP-GC il giorno seguente hanno organizzato comunque dei pullman per portare gruppi di giovani palestinesi di Yarmouk presso le alture del Golan. All’arrivo alla frontiera sono stati accolti da Anwar Raja, responsabile delle pubbliche relazioni del PFLP-GC circondato da giornalisti e reporter di diversi canali siriani ufficiali. C’erano anche i militari israeliani. Appena i giovani palestinesi hanno tentato di raggiungere a piedi il confine i soldati israeliani hanno aperto il fuoco sulla folla, uccidendo venticinque persone e ferendone più di 350.
Né Anwar Raja, né le sue guardie del corpo si sono recati nei pressi del confine – né hanno difeso i loro compatrioti palestinesi.
Questi eventi drammatici hanno scatenato la rabbia della comunità palestinese siriana. Il giorno seguente, quando si sono svolti i funerali dei martiri a Yarmouk, gli abitanti si sono sollevati contro i rappresentanti pro-regime e contro le fazioni palestinesi inseguendole fin fuori dal cimitero. Hanno poi proceduto a piedi fino a gli uffici PFLP-GC per denunciare quei gruppi alleati con il governo siriano nel cooptare la causa palestinese. Negli uffici del PFLP-GC si dice che siano stati accolti dal fuoco delle mitragliatrici.
La repressione sanguinosa ha alimentato ulteriormente la rabbia dei manifestanti, che hanno inziato a chiedere “la caduta delle fazioni” (el Sha’ab Tuoid esqāt el fasā’il). Facendo riferimento allo slogan delle rivoluzioni arabe in corso, per la gente di Yarmouk significava il possibile avvio della propria rivolta.
In risposta a questa opposizione il PFLP-GC nei mesi a seguire ha intensificato le operazioni di sicurezza nei campi profughi.
Nel solo campo di Yarmouk oltre mille palestinesi sono stati arrestati e interrogati dai servizi di sicurezza siriani incaricati della gestione dei palestinesi in Siria. Il PFLP-GC ha iniziato ad armare i suoi sostenitori, nonostante le critiche di altre fazioni palestinesi e della comunità in generale.
Le milizie del PFLP-GC hanno presto fatto la loro apparizione nel campo di Yarmouk. Hanno supportato le operazioni dell’esercito siriano nelle zone limitrofe e hanno detenuto e ucciso gli oppositori del regime.
La situazione a Yarmouk ha continuato ad inasprirsi.
Il 16 dicembre 2012 il regime ha iniziato a bombardare sistematicamente il campo con aerei militari MiG, prendendo di mira edifici civili, tra cui ospedali, scuole e moschee, dove i profughi provenienti da altre regioni del paese avevano trovato rifugio. Nei giorni seguenti un nuovo esodo in massa di palestinesi ha avuto luogo. Si stima che circa 200mila persone sono fuggite a causa dei bombardamenti del regime nel campo di Yarmouk.
Nel frattempo i gruppi armati dell’opposizione, tra cui milizie combattenti, hanno iniziato ad entrare a Yarmouk dalle aree limitrofe, senza trovare ostacoli lungo strada per il campo, ormai vuoto.
L’arrivo di questi gruppi armati ha dato al regime un pretesto per isolare Yarmouk. Inizialmente era ancora possibile entrare e uscire da un unico check point istituito dai miliziani del PFLP-GC all’ingresso settentrionale. Passare per il posto di blocco era davvero pericoloso perché il PFLP-GC avrebbe spesso molestato le giovani donne, e arrestato i civili, in particolare gli uomini giovani.
Cecchini del regime o suoi alleati operavano nella zona. Alcuni amici palestinesi di Yarmouk mi hanno detto che, quando attraversavano il checkpoint, “la morte sembrava più vicina ad ogni passo.”
A partire dal luglio 2013 il regime ha posto il campo sotto totale assedio, impedendo a chiunque di entrare o uscire. Questo ha permesso ai gruppi di opposizione radicali di crescere all’interno di Yarmouk.
Jabhat al Nusra, un gruppo affiliato ad al-Qaeda e una delle due forze principali che si “oppone” al regime siriano, attualmente controlla circa il 60% di Yarmouk. Al-Nusrah molesta regolarmente gli abitanti, imponendo per esempio la segregazione di genere e rigidi codici di abbigliamento per le donne. Il gruppo ha preso di mira attivisti di qualunque tipo. Più di recente i miliziani hanno giustiziato in pubblico due giovani con l’accusa di blasfemia, tra cui il ventisettenne Marai Zakaria, che aveva disertato da una fazione alleata del regime per sostenere la rivolta siriana.
La terribile catastrofe umanitaria che stanno patendo i palestinesi di Yarmouk è il risultato di una serie complicata di eventi, che vede coinvolti il regime siriano e le fazioni palestinesi ad esso alleate.
Molti sono stati lasciati morire di fame e di malattie.
Nonostante il disperato bisogno di aiuti umanitari per le 18mila persone rimaste a Yarmouk, l’ONU, come altre agenzie, ha dovuto affrontare notevoli difficoltà per consegnarli alla popolazione palestinese. Al momento in cui scrivo, dopo una breve tregua che ha permesso di consegnare poche dozzine di confezioni alimentari, il regime siriano ha deciso, ancora una volta, di sigillare il campo.
Questo stato di cose, come tante altre, dimostra che in ultima analisi, il potere di alleviare le atroci condizioni del campo è in mano esclusivamente al regime siriano.
*L’articolo é stato originariamente pubblicato il 5 marzo qui, su Muftah.org. La traduzione è a cura di Paola Robino Rizet.
March 22, 2015di: Celine Cantat*Siria,Articoli Correlati:
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