In Siria l’emergenza profughi sta diventando incontrollabile. Ogni notte aumentano le persone che attraversano illegalmente i confini del paese, mentre si teme la diffusione di pandemie.
di Nicolò Perazzo
Come sottolinea l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), la questione dei profughi è molto delicata, e si parla già di esodo di massa.
L’assistant secretary general per il Dipartimento degli Affari Politici dell’Onu, Oscar Fernandez Taranco riferisce al Consiglio di sicurezza che i rifugiati siriani in Iraq, Giordania, Libano e Turchia sarebbero già almeno 86.000, ma il numero è in costante crescita.
La maggior parte proviene dalle zone più colpite come Homs, Hama, Daraa e Idlib, dove quotidianamente di verificano scontri tra le parti.
Solo in Giordania sarebbero 19.011, anche se ogni notte arrivano illegalmente tra le 50 e le 300 persone.
Si calcola inoltre che dalla scorsa primavera, almeno 50.000 individui abbiano varcato la frontiera.
Organizzazioni non governative internazionali cercano di garantire servizi e generi di prima necessità, per periodi di massimo di quattro settimane, in punti di raccolta come Cyber City e Beshabsheh, nei pressi di Ramtha.
Le strutture messe a disposizione soprattutto ad Amman, Ramtha, Irbid, Zarqa e Ma’an non sono più sufficienti e si pensa a un nuovo piano per fronteggiare l’emergenza.
Nel frattempo si continua a distribuire acqua potabile, riso, legumi e zucchero.
Molto simile la situazione in Libano, dove l’UNHCR con i suoi partner nazionali ed internazionali lavora con le autorità locali, assistendo circa 25.966 rifugiati. Più della metà di queste persone si trovano a Tripoli e nella Valle della Bekaa.
In Iraq gli ultimi report parlano di circa 4.038 persone, di cui almeno la metà sarebbero interi nuclei familiari.
Qui, rispetto agli altri paesi, la situazione sanitaria appare più preoccupante, visti i casi sospetti di malattie come la TBC.
In Turchia si contano invece più o meno 22.778 siriani, organizzati però in strutture d’accoglienza operative già da molti mesi.
Da sottolineare che tutti questi paesi hanno mantenuto finora una politica delle ‘frontiere aperte’, ma le previsioni di crescita dell’esodo potrebbero indurre i governi di Amman, Beirut, Baghdad e Ankara a cambiare atteggiamento nei confronti della crisi, senza contare la mancanza di fondi di cui stanno soffrendo l’Onu e le organizzazioni coinvolte nell’intervento.
Come fa notare l’UNHCR, per poter fronteggiare al meglio l’emergenza, dovrebbero essere stanziati milioni di dollari, mentre ad oggi gli operatori posso contare su una cifra inferiore al 20% dei finanziamenti promessi.
June 20, 2012
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