Human Rights Watch denuncia i gravi abusi perpetrati dai sostenitori dei Fratelli musulmani tra il 5 e il 6 dicembre, e chiede l’apertura di un’indagine ufficiale per individuare i colpevoli. Nel documento l’organizzazione non risparmia il presidente Morsi e i suoi uomini, accusati di connivenza.
traduzione di Marta Ghezzi
L’accusa di HRW
La pubblica accusa egiziana deve investigare gli arresti e gli abusi portati avanti dai membri dei Fratelli musulmani ai danni di diverse dozzine di manifestanti anti-governo tra il 5 e il 6 dicembre 2012.
Almeno 49 oppositori al regime del presidente Mohammed Morsi sono stati ingiustamente detenuti fuori dai cancelli del palazzo presidenziale di Ettihadiya, in un’area occupata dai Fratelli musulmani e controllata dalla polizia antisommossa […].
Gli arresti sono avvenuti dopo gli scontri armati che hanno portato alla morte di 10 persone, la maggior parte della quali membri dei Fratelli, e al ferimento di altre 748 persone, secondo i dati del ministero della Salute.
Il Pubblico Ministero deve indagare la responsabilità delle morti e del ferimento dei manifestanti, così come il mancanto intervento da parte delle forze di sicurezza per proteggere un sit-in pacifico dei contestatori anti-Morsi e fermare le violenze da parte dei supporter di Morsi così come da parte dei suoi oppositori.
Deve inoltre appurare le responsabilità dei leader del Partito di Giustizia e Libertà (FJP) che hanno emanato pubblici appelli ai loro sostenitori affinchè scendessero in piazza contro i manifestanti anti-Morsi.
Il discorso di Morsi del 6 dicembre, nel quale si faceva riferimento a ‘confessioni’ dei detenuti che provavano la presenza di facinorosi prezzolati, aumenta la preoccupazione nei confronti del loro diritto ad un giusto processo e fa sorgere il sospetto che le autorità fossero consapevoli degli arresti illegali fuori dal palazzo presidenziale.
Il segretario della presidenza per gli affari esteri, l’ingegnere Khaled Al Qazzar, ha riferito a Human Rights Watch che il presidente era all’oscuro della detenzione dei 49 individui al momento [della pronunciazione dei discorso ufficiale] e che questo [episodio] sarebbe stato fatto oggetto di indagine assieme alle morti e alle lesioni registrate.
“Invece di condannare le detenzioni illegali e gli abusi fuori dal palazzo presidenziale, il presidente Morsi si schiera apertamente contro le vittime”, ha dichiarato Joe Stork, vice direttore di HRW per il Medio Oriente e il Nord Africa.
“La risposta della pubblica accusa in questo caso di alto profilo, cioè la sua volontà di indagare le violenze da entrambe le parti e il ruolo degli ufficiali di stato, è di vitale importanza per garantire uno stato di diritto in questo momento di forte tensione”. […]
“Le autorità egiziane hanno la responsabilità di assicurare che la polizia sostenga e protegga il diritto alle manifestazioni pacifiche”, ha detto Stork. “Il pubblico ministero deve velocemente e imparzialmente investigare le morti durante gli scontri e il fallimento delle forze di sicurezza nel prevenire lo scioglimento del sit-in pacifico [organizzato dai manifestanti anti-Morsi e disperso dai sostenitori dei Fratelli musulmani] e fermare le violenze che ne sono derivate”. […]
“Detenzioni arbitrarie e abusi alle porte del palazzo presidenziale, e alla presenza della polizia antisommossa, aumentano la reale preoccupazione che il palazzo fosse a conoscenza di questi abusi e non abbia fatto nulla per fermarlo”, ha sostenuto Stork
Cosa è successo
Gli scontri del 5 dicembre sono iniziati quando una marcia di centinaia di supporter dei Fratelli Musulmani e del FJP ha fatto irruzione durante un sit-in pacifico di alcune decine di oppositori del regime di Morsi fuori dal palazzo presidenziale al Cairo.
La polizia antisommossa e altre forze di sicurezza erano presenti ma non sono intervenute per proteggere i manifestanti pacifici.
In precedenza, quello stesso giorno, il partito della Fratellanza aveva chiamato i sostenitori di Morsi a muovere verso il palazzo presidenziale. […] La marcia del 5 dicembre era stata pubblicizzata attraverso il sito internet del FJP e con un comunicato stampa emesso dal portavoce del partito, Mahmoud Ghozlan, verso le 13.30.
Poco dopo, il vicecapo del FJP, Essam al-Erian, pubblicava su Twitter e sul suo profilo Facebook: “Il popolo deve scendere il piazza in tutte le province, in special modo a Ettihadiya…il popolo non permetterà questa volta che un terzo o quarto partito o una quinta colonna portino il paese al conflitto o causino uno spargimento di sangue…il presidente non cambierà idea [circa la dichiarazione costituzionale]. Se le istituzioni statali sono deboli e risentono ancora delle ferite del passato, la popolazione può imporre la sua volontà e proteggere la legalità. I membri del FJP saranno in prima linea, se dio vuole”.
Il 6 dicembre, il capo della segreteria parlamentare del partito, Ibrahim el-Sayed, ha reso noto in una intervista tv la natura pacifica delle proteste anti-Morsi: “Non c’era alcuna intenzione di marginalizzare nessuno, perchè chi era là, era là solo con qualche tenda in un lato e non prendeva molto spazio…quando i manifestanti pacifici del FJP sono arrivati, penso che ogni telecamera abbia potuto filmare cosa c’era all’interno di quell’accampamento. Quando gli occupanti se ne sono andati allora abbiamo potuto vedere cosa c’era all’interno delle tende: alcool, droghe e altre cose inappropriate. Come è stato detto anche allora, non c’era nessuna questione relativa alla loro permanenza, ma sono stati loro a iniziare con gli insulti”.
Il comunicato del ministero della Salute dice che il risultato delle violenze è stato di 10 morti e 748 feriti. In più, il giornalista di Al Fagr, Al-Husseini Abu Deif, è stato colpito alla testa mentre seguiva l’evolversi degli eventi e resta tuttora in coma.
Testimoni sostengono che le violenze si sono sviluppate lungo una linea di demarcazione tra le due parti ben visibile. Manifestanti e altri testimoni hanno detto a HRW che entrambe le parti hanno tirato pietre e molotov, e hanno usato proiettili di gomma e pistole. In almeno due occasioni i manifestanti anti-Morsi hanno picchiato gli occupanti di due veicoli – un’automobile e un furgone – che sembravano essere sostenitori dei Fratelli Musulmani.
Le testimonianze raccolte da HRW
Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, i supporter di Morsi e la polizia hanno arrestato almeno 141 tra manifestanti e passanti nell’area attorno al palazzo presidenziale dove avevano luogo gli scontri. I Fratelli musulmani hanno condotto alcune di queste persone alla polizia, ma si sono rifiutati di consegnare almeno 49 dimostranti anti-Morsi che trattenevano in un’area transennata dalla polizia antisommossa giusto fuori dal palazzo presidenziale, in via Meghany.
HRW ha intervistato 4 dei detenuti rilasciati così come 3 tra parenti e amici, che hanno detto di aver visto il centro di detenzione improvvisato dove erano stati trattenuti. HRW ha parlato anche con 3 degli avvocati che li rappresentavano e con un giornalista che aveva avuto accesso per intervistare un detenuto.
I 49 sono stati trattenuti fino alle 4 del pomeriggio del 6 dicembre, quando la polizia della stazione di Masr al-Gedida […] li ha condotti presso il commissariato. […] I giudici li hanno interrogati in presenza degli avvocati per accuse relative alle violenze, inclusa l’aggressione.
La sera del 7 dicembre, i giudici hanno ordinato il rilascio di 133 dei 141 fermati per mancanza di prove. I magistrati avevano già rilasciato 4 minori. Altri 4, al 10 dicembre, rimangono in custodia con accuse di aggressione. […]
I detenuti rilasciati e i testimoni hanno dichiarato a HRW che era necessario passare attraverso un cordone delle forze di sicurezza per raggiungere il centro [di detenzione improvvisato] e che la polizia era presente nei dintorni, come anche i filmati confermano.
In un video del sito di informazione Rasd […] un gruppo di uomini circonda un uomo tumefatto che piange, interrogandolo. La persona che lo sostiene dice all’intervistatore “questo è il numero sei per me, non lo voglio dare alla polizia, lasciatelo a me che so dove portarlo”.
Il giornalista Mohamed al-Garhy è riuscito a entrare nel centro di detenzione e ne ha poi scritto per il suo giornale Al Masry al-Youm. Ha dichiarato a HRW: “Ero dalla parte dei Fratelli durante la protesta e sono riuscito a entrare nel centro di detenzione. Sono rimasto lì 3 ore, dalle 19:30 in poi. Ogni volta che portavano dentro qualcuno, lo perquisivano e gli portavano via il telefono e i documenti e chiamavano l’operatore perchè filmasse le loro confessioni.
Nel tempo che sono stato lì, li ho visto picchiare 13 detenuti a mani nude e con bastoni.
Ho scattato qualche foto e l’ho pubblicata su Twitter […] Mi sono assicurato che si vedesse il muro del palazzo presidenziale alle spalle dei fermati sanguinanti come prova. La polizia era là e non ha fatto nulla per fermare i pestaggi”.
Mohammad Omar, un ingegnere trattenuto con i 49, ha detto a HRW che attorno alle 11 di sera del 5 dicembre […] “c’è stata una carica da parte dei supporter della Fratellanza e un gruppo di loro mi ha catturato in via Khalifa Maamoun.
Credo che fossero in cinque che mi picchiavano in testa, sul fianco, sulle gambe a mani nude e con bastoni.
Mi hanno portato ai cancelli del palazzo, attraverso il cordone di polizia, giusto davanti all’ingresso numero 4. Mi hanno ammanettato e mi hanno fatto sedere a terra. La parte peggiore è stata lungo la strada, perchè quando la gente ha realizzato che ero stato catturato, mi ha raggiunto e colpito. Quando sono stato ammanettato, hanno continuato comunque a colpirmi sulla schiena e sulla testa. Mi chiamavano criminale, accusandomi di essere pagato dai leader dell’opposizione”.
Yehia Negm, un ex diplomatico che ha preso parte alle manifestazioni, ha detto a HRW: “Attorno alle 10 di sera […] mi hanno acciuffato e hanno iniziato a picchiarmi, molti di loro a mani nude o con pietre, e mi hanno trascinato per tutta la strada fino all’ingresso del palazzo presidenziale presso il posto di fermo. Ci hanno ammanettati stretti e fatti sedere per terra. Un paio di uomini e una donna mi hanno preso a calci. C’erano parecchi uomini che continuavano a chiedere a me e agli altri con me ‘chi vi ha pagati? Chi vi ha portato qui?’. Ad un certo punto uno di loro ha detto ‘non potrete mai rintracciarci perchè usiamo nomi falsi’, ma so per certo che se dovessi rivedere le loro facce, li riconoscerei. C’erano 20 o 30 poliziotti antisommossa ma non sono intervenuti. Prendevano ordini dai Fratelli Musulmani”. […]
Anche diverse donne sono state arrestate e picchiate dai supporter dei Fratelli Musulmani ma non sono state trattenute assieme ai 49 uomini.
Lina Megahed era seduta davanti all’ingresso di un palazzo in via Khalifa El Maamoun quando i supporter di Morsi le sono corsi incontro: “Non potevo muovermi, così sono rimasta dove ero e me li sono visti arrivare di fronte. Mi lanciavano pietre pensando che fossi un ragazzo. Ho sentito uno gridare ‘è una ragazza! È una ragazza!’ Mi hanno portato in mezzo ad una folla ancora più grande di sostenitori dei Fratelli Musulmani…mi hanno picchiata con bastoni, mi hanno chiamata ‘puttana’ diverse volte.
Mi hanno colpita con qualunque cosa avessero a disposizione, anche con degli striscioni, continuando a chiedermi quanto mi avessero pagata per protestare.
Alcune persone stavano riprendendo e facendo foto con i telefoni. Mi hanno minacciata di portarmi al ‘centro’. Non ho capito cosa intendessero per ‘centro’. Avevo davvero paura. Invece, mi hanno portata all’angolo della stazione di servizio lì vicina. Mi hanno chiesto di dove fossi e cosa facessi assieme ai deliquenti, poi un ragazzo di ha chiesto di consegnargli la mia carta d’identità. Piangevo e poi mi hanno lasciata andare”.
Ola Shahba è stata fermata […] in via Khalifa Maamoun. In una apparizione televisiva a Akher Kalam il 6 dicembre, raccontava: “Hanno iniziato a picchiarmi brutalmente. Mi hanno presa per il collo: si vedono ancora i segni.
Sono arrivati a picchiarmi con il mio casco della moto, e quando si sono resi conto che ero una ragazza, la cosa non li ha fatti desistere. Sono stata molestata sessualmente, mi hanno toccato ovunque.
Quando qualcuno ha tentato di portarmi verso un’ambulanza, un altro ho lo fermato dicendogli che meritavo di essere picchiata esattamente come tutti gli altri. Il ragazzo che ha tentato di portarmi via da lì era un salafita. Ho capito allora che non erano tutti Fratelli Musulmani. Sono stata trattenuta in un chiosco per diverse ore”.
La posizione del presidente
Nel discorso televisivo del 6 dicembre, il presidente Morsi sosteneva che ci fossero prove circa l’uso di armi letali da parte dei manifestanti durante le proteste del giorno precedente.
Ha continuato poi dicendo che le forze di sicurezza avevano arrestato 80 persone collegate alle violenze:
“[…] Questo è quanto le indagini hanno rivelato, sulla base delle confessioni. Chi ha dato loro soldi e armi? Chi è responsabile per le proteste in via Mohammed Mahmoud, in Maspero, davanti al Gabinetto…nessuno è riuscito ancora a scoprirlo. Tra gli arrestati, più di 80 hanno effettivamente usato armi da fuoco ieri, e non meno di 40 altri sono stati identificati come ad essi collegati. Le confessioni degli arrestati e gli interrogatori lo dimostrano. Il giudice comunicherà i risultati delle indagini che sono attualmente ancora in corso…e elencherà i responsabili, quelli che hanno incitato e finanziato [i disordini] sia dall’interno del paese che all’estero”.
Il discorso di Morsi era stato preregistato e poi mandato in onda alle 10 di sera, mentre i giudici stavano ancora interrogando i detenuti prima di decidere se incriminarli o no.
Circa un’ora e mezza dopo, il giudice ordinava il rilascio di 141 fermati sulla base della mancanza di prove, trattenendo solo 4 persone con un ordine di fermo di 4 giorni.
Il presidente ha violato il diritto alla presunzione d’innocenza con la sua dichiarazione. Ma tre avvocati che erano presenti durante gli interrogatori ufficiali, Sayed Fathy, Ragia Omran e Mohammad Abdelaz z, hanno riferito a HRW che nessuno dei detenuti ha confessato alcuno dei crimini di cui erano accusati ma anzi, tutti hanno rigettato le accuse.
Sembra che il presidente si riferisse a confessioni ottenute tramite l’uso di mezzi coercitivi durante l’interrogatorio dei 49 detenuti trattenuti dai membri della Fratellanza nel loro centro di detenzione improvvisato fuori dai cancelli del palazzo presidenziale. Le indagini della pubblica accusa devono includere anche l’esame dei possibili collegamenti tra gli arresti dei dimostranti anti-Morsi da parte dei Fratelli Musulmani e le autorità.
Il discorso di Morsi rispecchia in modo preoccupante le accuse fatte dai Fratelli Musulmani ai manifestanti. Il 6 dicembre, il sito internet della Fratellanza, Ikhwanonlin, pubblicava un articolo in cui si sosteneva che i facinorosi arrestati dai sostenitori di Morsi avessero confessato di essere stati finanziati dagli oppositori politici Mohammad al-Baradei o Hamdeen Sabbahi.
Il capo degli avvocati della Fratellanza Abdel Moneim Abdel Maqsud […] ha detto all’agenzia di stampa turca Anatolia News: “Gli 83 criminali sono stati trovati in possesso di denaro, coltelli e bottiglie incendiarie…hanno ammesso d’aver provocato gli scontri e di aver ucciso e ferito centinaia di supporter del presidente…abbiamo chiare ed evidenti prove del coinvolgimento nelle violenze di figure di primo piano della politica e dei media”.
Suo fratello, Salah Abdel Maqsud, ministro dell’Informazione e membro della Fratellanza, ha detto di avere documenti e prove confiscate a dozzine di facinosi davanti al palazzo presidenziale che provano che l’Egitto è vittima di una crudele cospirazione delle forze politiche per fomentare il caos e sabotare tutte le misure che il presidente ha preso per la stabilità.
*Per il documento ufficiale di Human Rights Watch in versione integrale, pubblicato il 12 dicembre 2012, clicca qui.
16 dicembre 2012
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