Detenuti al Cento di accoglienza e orientamento di Ouardhya per 9 giorni tra la fine di agosto e i primi di settembre, un gruppo di migranti si ritrova espulso e abbandonato alla frontiera algerina dalle autorità tunisine. L’inchiesta di Inkyfada.
“Ci hanno portato alla frontiera algerina. Ci hanno portato di forza verso l’Algeria”. Bright Samson, che è scappato dalla guerra in Libia nel 2011 e che da quel momento vive nel campo di Choucha, chiama alle 11 di mattina del 1 settembre 2015 e conferma che con altri 12 migranti, tutti detenuti al centro di accoglienza e orientamento di Ouardhya, si trovano in strada verso la frontiera algerina per l’espulsione.
Al momento della chiamata, Bright sostiene che si trovino in una foresta, nel governatorato di Kasserine, vicino Feriana (a questo link l’audio della telefonata)
– Pronto?
– Sì, qualcuno ha provato a chiamarmi da questo numero.
– Bright?
– Si.
– Sono Sanaa.
– Ci hanno portato alla frontiera algerina. Ci hanno portato di forza verso l’Algeria.
– Dove sei?
– Alla frontiera algerina.
– Sei alla frontiera algerina? In quale città?
– Non lo so.
– Ti richiamo.
Qualche ora prima, alle 6.30, aveva avvertito Martina Tazzioli, ricercatrice italiana presente a Tunisi, informandola che dalle 5.30 del mattino lui e altri 12 migranti sarebbero stati caricati a bordo di due furgoni della polizia, in cammino verso una destinazione sconosciuta e che non riconoscevano la solita strada che conduce a Choucha.
Detenuti da fine agosto
Bright Samson era detenuto al centro di accoglienza e orientamento di Ouardhya dal 24 agosto. Era arrivato in Tunisia nel 2011, dopo essere scappato dalla guerra in Libia. “Diniegato” dallo statuto di rifugiato, si è ritrovato in Tunisia senza riconoscimento legale, come numerosi altri migranti in fuga dallo stesso conflitto e abbandonati alle loro sorti in una terra di nessuno: l’UNHCR ha dichiarato chiuso il campo nel giugno del 2013 e le autorità tunisine non hanno mai rilasciato i permessi di soggiorno che avevano promesso.
Lunedì 24 agosto 10 migranti si sono riuniti davanti la sede dell’Unione Europea a Tunisi. Rivendicano di essere reinstallati in Europa. “La polizia ci ha detto di venire al commissariato di polizia perché qualcuno dell’UE avrebbe voluto parlarci. Non appena arrivati, ci hanno arrestati” testimonia Bright.
I 10 manifestanti sono stati condotti al Centro di accoglienza e orientamento di Ouardhya. Li abbiamo contattati durante la detenzione e confermano di non aver potuto beneficiare dell’assistenza giuridica.
Nessun contatto con il loro avvocato
“Tunisie Terre d’Asile”, organizzazione di assistenza agli stranieri in Tunisia e specializzata nell’offrire un accompagnamento giuridico ai migranti detenuti, spesso in applicazione di una decisione di espulsione, tenta di inviare un avvocato per rappresentare il gruppo.
Citiamo:
“Le persone ci hanno contattato da Wardhya e con il loro accordo abbiamo mobilitato una avvocatessa per avere maggiori informazioni sulla procedura, sulle ragioni della detenzione e per verificare l’esistenza di una decisione di stato di arresto e una procedura di espulsione in corso”, spiega Anais El Bassil, responsabile della sezione tunisina.
L’avvocatessa Samia Djellassi non riuscirà ad avere accesso ai documenti e si vedrà rifiutare il diritto di accesso al Centro. Avrà conferma dal commissariato dell’arresto dei migranti per la situazione irregolare sul territorio, ma non potrà garantire loro l’assistenza.
“Esiste una convenzione con il ministero della Giustizia, gli avvocati possono visitare carceri e commissariati. Ma nessun accordo per i centri di detenzione, che dipendono dal ministero degli Interni. Ho cercato di visitare i migranti come membro del team nazionale dei monitoratori dei luoghi di detenzione, ma non ho avuto risposte”, testimonia Semia Djelassi.
Dopo la detenzione, l’espulsione
A Ouardhya i migranti temono di essere riportati a Choucha, nonostante il campo si trovi in zona militare, considerata pericolosa perché frontaliera con la Libia, o di essere espulsi alla frontiera algerina.
E’ quello che è successo alla fine martedì 1 settembre: 9 dei 10 manifestanti e 4 altri migranti detenuti a Ouardhya sono stati espulsi alla frontiera.
Poco tempo dopo lo scambio telefonico, il gruppo di migranti è stato obbligato ad attraversare la frontiera algerina:“Le forze dell’ordine tunisine ci hanno picchiato con dei bastoni e ci hanno minacciato: ‘Se tornate indietro vi spariamo”. E’ incredibile! Perché questo trattamento? Perché tanta violenza?”, chiede Bright.
Spiega quindi che sono passati dal lato algerino e che si sono ritrovati vicino ad un posto di frontiera dove hanno richiesto alle forze dell’ordine algerine in loco la loro localizzazione: posto di frontiera di Bouchebka, al limite del governatorato di Kasserine.
Il gruppo di 9 migranti di Chouha decide di rimanere vicino al posto di frontiera, dopo aver spiegato la loro situazione alle forze dell’ordine algerine:
“Noi vogliamo che le autorità tunisine si assumano le loro responsabilità”.
Il gruppo composto dagli altri quattro migranti decide invece di restare sul territorio algerino.
Le autorità tunisine silenziose
Interpellato qualche giorno fa sulle possibili espulsioni alle frontiere algerine o libiche, il portavoce del ministero dell’Interno, Walid Lougini, si accontenta di abbozzare una smorfia incredula.
Alla caserma della Guardia nazionale di Al Aouina, il portavoce, colonnello Tarek Amraoui, prende più seriamente la questione, ma si stupisce allo stesso modo della possibilità di espulsioni di migranti alle frontiere. Risponde che l’unico a potersi esprimere sulla questione è il Direttore del Centro diOuardhya, al momento in “missione di lavoro”. Rimanda quindi verso la Direzione della sicurezza pubblica che tenta di contattare a più riprese ma senza successo.
Se la possibilità delle espulsioni alle frontiere, in zone desertiche (del sud), pericolose o militari (come Kasserine) desta scetticismo, le testimonianze di Bright e Othman e degli altri migranti, le varie chiamate e conversazioni lungo il tragitto, oggi non lasciano più spazio a dubbi.
La Tunisia espelle migranti alle sue frontiere.
Queste testimonianze non sono le prime. In aprile scorso, tre ricercatrici italiane hanno pubblicato “Rifugiati in Tunisia: tra detenzione e deportazione” http://www.tunisiainred.org/tir/?p=5602 un dossier preparato da Glenda Garelli, Federica Sossi, Martina Tazzioli.
Tazzioli spiega: “Nell’autunno del 2014 un migrante ci ha chiamato per chiederci aiuto per un amico detenuto a Ouardhya. Abbiamo contattato questo migrante per telefono e abbiamo regolarmente discusso con lui durante la sua detenzione, oltre che con altri migranti”.
Il rapporto mette in luce le condizioni di detenzione, l’assenza di accompagnamento giuridico, la diversità della popolazione detenuta, ma soprattutto delle procedure per poter uscire dal Centro: pagando il proprio biglietto aereo o rischiando un’espulsione.
Inkyfada ha tentato dal mese di aprile di avere delle risposte da parte del ministero degli Interni su questa tematica. Quest’ultimo evento ci ha quindi obbligato a pubblicare anche in mancanza di risposte chiare da parte delle autorità.
In quale quadro avvengono le espulsioni?
Se la legge tunisina parla di espulsione relativamente alla sanzione per un soggiorno o per una entrata irregolare sul territorio, perché migranti di nazionalità altre da quelle algerina e libica e provenienti da paesi terzi vengono poi espulsi verso l’Algeria o la Libia?
Al ministero degli Interni ci rimandano verso il ministero degli Affari Esteri per verificare l’esistenza di una eventuale convenzione. Il responsabile della comunicazione è assente e nessun altro sa rispondere a questa domanda.
Sembra che i migranti autorizzati ad entrare sul territorio algerino senza visto, secondo gli accordi bilaterali, vengano inviati alle frontiere. Un modo per fargli abbandonare il territorio tunisino, nel quale si troverebbero in situazione illegale, e di farli entrare in territorio algerino, nel quale non hanno bisogno di visto.
“Nessuno vi ha detto chiaramente che i migranti sono inviati alle frontiere. E’ imbarazzante dirlo. Non sono stata informata direttamente del fatto che erano stati deportati e peraltro nessuno ve lo dice, gli crea dei problemi, da un punto di vista legato ai diritti umani, ammettere che fanno questo. Significherebbe dire: ‘Vogliamo sbarazzarcene’. Che possono fare i migranti se li abbandoni alle frontiere?”, s’interroga Djellassi.
Bright, Otham e gli altri si pongono la questione. Oltre ad essere stati deportati si ritrovano attualmente senza risorse, vicino ad una zona militare, dove l’esercito è presente e limita i movimenti per ragioni di sicurezza.
*La traduzione in italiano dell’articolo, a cura di Debora Del Pistoia, è stata originariamente pubblicata da Tunisia in Red. La versione originale è disponibile qui. La foto pubblicata è di Inkyfada. Un dossier aggiornato sul tema è disponibile qui.
September 13, 2015di: Sana Sbouai per Inkyfada* Algeria,Tunisia,