In un nuovo rapporto sulla Turchia, Amnesty International esprime forte preoccupazione per il pacchetto di riforme legislative all’esame del Parlamento di Ankara. Ancora ‘terrorismo’ e diritti umani violati.
“In Turchia il diritto alla libertà d’espressione è sotto attacco, con centinaia di procedimenti giudiziari a carico di attivisti, giornalisti, scrittori e avvocati. Si tratta di uno dei più radicati problemi legati ai diritti umani nel paese”, dichiara John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.
Il punto è sempre lo stesso e riguarda la vaghezza della definizione del concetto di terrorismo, contenuta nell’articolo 1 della legge dedicata*, che a cascata si riflette su tutte le fattispecie di reato comprese dalla normativa, dall’appartenenza a un’organizzazione terroristica alla propaganda.
“I più gravi procedimenti giudiziari risultano a carico di persone che criticano la condotta dei pubblici ufficiali o che esprimono legittimamente le loro idee su temi politici considerati sensibili”.
“Le autorità turche devono accettare le critiche e rispettare il diritto alla libertà d’espressione”, gli fa eco Andrew Gardner, esperto di Turchia per Amnesty International.
Basti pensare che nel 2012, l’11% dei casi finiti nelle mani dei giudici turchi hanno riguardato proprio la libertà d’espressione, una percentuale seconda (su 47) solo alla Russia di Putin.
Il rapporto dell’organizzazione per i diritti umani analizza il contenuto e le modalità di attuazione dei 10 più problematici articoli di legge in vigore sul territorio turco, e tra loro il famigerato n.301 del codice penale, sulla “denigrazione della Nazione”, usato in passato per processare e condannare il giornalista e difensore dei diritti umani Hrant Dink, poi assassinato.
E l’articolo 318, che punisce chi cerca di “allontanare il pubblico dal servizio militare” con due anni di prigione, che possono diventare tre se l’offesa avviene a mezzo stampa.
Amnesty ricorda inoltre il procedimento intentato contro il giornale Taraf, per l’articolo firmato da Yasemin Çongar dal titolo “Non voglio essere un soldato”, pubblicato il 10 novembre 2010. “Nessun turco nasce soldato, ma ogni giorno muore come tale”, recita la frase incriminata.
Amnesty International ne chiede l’immediata abolizione.
“Negli ultimi anni – denuncia AI – si è assistito all’aumento, in violazione del diritto alla libertà d’espressione, di associazione e di riunione, dell’uso arbitrario delle leggi antiterrorismo per criminalizzare attività del tutto legittime, dai discorsi politici alla partecipazione a manifestazioni, così come la militanza in organizzazioni e gruppi riconosciuti”.
Come molti Stati dell’area, anche la Turchia ha scelto una definizione vaga di ‘terrorismo’, con la conseguenza che dibattiti pacifici sui diritti dei curdi e su altre questioni politiche danno luogo a procedimenti giudiziari per “propaganda”.
*”Terrorism is any kind of act done by a person or persons belonging to an organization with the aim of changing the characteristics of the Republic as defined in the Constitution, the political, legal, social, secular and economic system, damaging the indivisible unity of the State with its territory and nation, endangering the existence of the Turkish State and Republic, weakening, destroying or seizing State authority, eliminating fundamental rights and freedoms, damaging the internal and external security of the State, public order or
general health by means of coercion and violence; pressure, intimidation, deterrence, suppression or threats”.
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March 27, 2013Allegati: Turkey__Decriminalize_dissent.pdfTurchia,