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Uranio, mercurio, arsenico: il Nilo è la discarica dell’Egitto

Mentre il dibattito mediatico è tutto incentrato sui “terroristi islamisti” e sulla celebrazione del futuro presidente, il Feldmaresciallo al-Sisi, la vita in Egitto continua ad andare avanti. Con tutti i suoi  problemi.Le quotidiane difficoltà del paese passano sotto silenzio ed eventi pur gravi vengono menzionati con piccoli trafiletti o addirittura ignorati dalla stampa mainstream.

 

 

 

E’ questo il caso della morte di centinaia di pesci, deceduti lo scorso gennaio nelle acque del governatorato di Behira e più precisamente (secondo il The Cairo Post) nei villaggi di Mahmudiya, Rahmaniyah e Rashid.

La moderna piaga sembra avere cause tutt’altro che bibliche ed essere piuttosto imputabile all’altissimo tasso di inquinamento del bacino nilotico in quell’area. 

Nello specifico caso sembra che le autorità egiziane abbiano rinvenuto percentuali di ammoniaca straordinariamente superiori alla media. Ma cosa provoca un tasso di inquinamento così elevato? 

La sconfortante risposta si trova in un report dell’Egyptian Centre for Economic and Social rights. Nelle acque del Nilo troviamo “amianto, piombo, mercurio, cadmio, arsenico, zolfo, oli e prodotti petrolchimici”. 

La composizione chimica di questi prodotti rende molto difficile la purificazione delle acque una volta che queste sono inquinate. Non solo. Secondo la ricerca della Ong egiziana il Nilo accoglie “materiali radioattivi che si trovano in acque reflue provenienti dalla lavorazione del minerale e dalla produzione di armi: uranio, torio, iodio, cesio”. 

Un dato drammatico se consideriamo che il 70% della popolazione egiziana vive in aree rurali nelle quali dipende quasi esclusivamente dalla acque del Nilo per usi domestici ed agricoli (dati IFAD). Ed è sempre l’IFAD che ci informa come “l’incremento demografico e l’industrializzazione” stiano gravemente danneggiando l’habitat naturale di alcune aree del paese. Beheira è fra queste. 

I danni sarebbero assolutamente ingenti tanto che secondo l’Egyptian Environmental Affairs Agency ci vorrebbero circa 240 milioni di dollari per affrontare il problema alla radice. 

Del resto proprio Beheira (insieme ad Alessandria) è una delle aree maggiormente sfruttate dal punto di vista industriale e allo stesso tempo una delle zone in cui i pescatori locali trovano una delle loro maggiori risorse: il lago Edco. 

Un report dell’American University del Cairo conferma come, se negli anni ’50 il lago Edco era uno dei bacini idrici maggiormente pescosi del mondo, ad oggi le sue capacità sono drammaticamente diminuite.

Questo non solo perché l’area destinata alle acque del lago si è progressivamente ridotta, ma anche perché il numero di pescatori impegnati nell’attività ittica si è conseguentemente rimpicciolito. 

Associazioni, sindacati e ovviamente anche i pescatori in prima persona, si sono mossi nel tentativo di far ascoltare la propria voce.

Nel 2010 il Land Center for Human Rights ha indetto una conferenza per informare la cittadinanza (e ovviamente i lavoratori dell’ittico in primis) degli effetti devastanti che avrebbe avuto lo squilibrio degli habitat lacustri se non si fosse affrontato nel giusto modo il crescente inquinamento delle acque. 

Lo scontro era (ed è) chiaramente fra i vari industriali (i quali scaricavano le acque reflue direttamente nel lago) ed i pescatori che risentivano enormemente della minore pescosità delle acque. Questo anche perché, stando alla Fao, il ministero dell’Irrigazione e delle Risorse idriche egiziano non permette l’allevamento in gabbia nei principali canali di irrigazione sostenendo che l’allevamento sia fonte di alterazioni. 

Medesimo discorso del bacino Edco può essere portato in parallelo per il lago Maryut. Il suo diametro di è drasticamente ridotto a causa delle politiche di “land reclamation” per l’agricoltura e nelle sue acque si ritrovano concertazioni di prodotti organici e chimici che ne favoriscono la contaminazione.

Non a caso la Fao lo ha definito un “allarmante esempio di inquinamento” di tutto l’Egitto. 

Dati confermati da una ricerca spagnola del 2009 (a cura di Miguel Ángel Mateo del Centro de Estudios Avanzados de Blanes afferente al Consejo Superior de Investigaciones Científicas) che ha identificato le due principali cause dell’inquinamento del lago: il West Treatment Plant Outfall, che scarica ogni giorno fra i 200 mila ed i 300 mila metri cubi di acque reflue nel lago, e l’impianto di drenaggio di El Qallaa che sversa circa 400 mila metri cubi di acqua sporca e risultanze agricole  ogni giorno. 

Secondo la Fao (i dati sono successivi al 2003), nei 9 mila chilometri quadrati del governatorato di Baheira sono presenti 382 complessi industriali che lavorano prodotti chimici, tessili, materiali per costruzioni ed altri ancora. Nel rapporto inoltre troviamo alcune innegabili indicazioni di come l’inquinamento delle acque locali abbia raggiunto livelli di guardia:

I canali che attraversano i villaggi stanno diventando fortemente inquinati e congestionati con rifiuti solidi. La qualità dell’acqua è visibilmente deteriorata […] Il lavaggio diretto nei canali è frequente […] A parte l’inquinamento organico, l’utilizzo di canali per lo scarico di liquami presenta un pericolo per la salute pubblica a causa malattie che possono essere trasmesse da questa pratica. […]La plastica non biodegradabile causa la congestione del drenaggio. […] I problemi legati alla qualità dell’acqua in ingresso degli impianti potrebbe portare a rischi per la salute e/o un aumento dei costi di trattamento. I prodotti alimentari possono divenire inquinati.

Del resto una breve ricerca sul web dimostra la gravità della situazione. Basta digitare “Beheira” e “pollution” ed appaiono moltissime schede di progetti nazionali ed internazionali che mirano proprio a risolvere la questione dell’inquinamento dell’area. E che la questione sia annosa lo dimostra anche il fatto che la Banca Mondiale avesse avviato un progetto proprio a tale scopo già nell’ormai lontano 1995. 

Ad oggi pare che il governo abbia stanziato oltre 200 milioni di dollari per fronteggiare l’emergenza nella regione, ma ha specificato  che non provvederà ad erogare i fondi fino a quando non saranno garantite la sicurezza e la stabilità. Due requisiti che purtroppo appaiono ben distanti dall’essere soddisfatti. 

 

*Foto Chris Pearce via Flickr in CC

 

 

February 06, 2014di: Marco Di DonatoEgitto,

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