Nonostante la sua rilevanza geopolitica non di primissimo piano, lo Yemen si sta ritagliando uno spazio sempre maggiore nelle dinamiche regionali. In parte per scelta, in quanto come paese povero di risorse e dall’economia disastrata necessita del sostegno degli attori internazionali, partendo dall’Arabia Saudita, che di fatto ne influenza le scelte politiche.
Se da una parte lo Yemen sembra essere diventato l’ennesimo terreno di scontro tra l’Iran e l’Arabia Saudita, dall’altra l’ombra di al-Qaeda nella Penisola Araba continua a rendere questo paese un laboratorio privilegiato per testare gli sforzi anti-terrorismo condotti dagli Stati Uniti e la ‘guerra dei droni’.
Ma che Arabia Saudita e Iran continuino a essere coinvolti in una velata guerra per procura in questo angolo della regione, è una questione che gli appassionati di vicende yemenite sanno da tempo. Il fatto che Riyadh – che con Sana’a condivide un lungo e poroso confine che solo a tratti può realmente definirsi tale -, guardi con tanta preoccupazione al suo vicino non desta tra l’altro grande sorpresa. La prospettiva di dover condividere la sua sponda sud con una regione autonoma a maggioranza sciita abitata tra l’altro da militanti ribelli, gli Houthi per l’appunto, non è un rischio che il regno si può permettere di correre. La risposta è stata quindi quella di sigillarlo quel confine, con un muro puntellato di telecamere e fili elettrici che nulla ha da invidiare ad altre analoghe ‘opere architettoniche’. L’Iran da parte sua continua a finanziare le due ribellioni che stanno gradualmente fiaccando la tenuta dell’unità del paese. A fronte del sostegno militare agli Houthi, fornito a fasi alterne in modo da lasciare acceso un focolaio che può essere riattizzato nel momento opportuno, la Repubblica Islamica appare sempre più coinvolta nella radicalizzazione del movimento secessionista del sud, visti i carichi di armi intercettati e sequestrati nel porto di Aden, che hanno spinto lo stesso presidente Abu Mansour Hadi a prendere esplicitamente posizione contro l’Iran. Mentre Iran e Arabia Saudita ripropongono uno schema visto anche altrove, è il Qatar che nelle ultime settimane sembra aver iniziato a reclamare il suo spazio nel gioco delle interferenze nello Yemen. Per comprendere appieno il quadro è necessario fare un passo indietro, tornando allo scorso mese, quando il presidente Hadi ha colto tutti di sorpresa con una serie di decreti grazie ai quali è riuscito a sbarazzarsi in un colpo solo dei fedelissimi e dei parenti dell’ex dittatore Saleh. Decreti che contengono anche due disposizioni particolarmente rilevanti, e cioè la dissoluzione delle potenti Guardie Repubblicane, la forza d’elite capeggiata dal figlio di Saleh, Ali Ahmed, e quella della Prima divisione armata del generale Ali Mohsen al-Ahmar. Tali decisioni sulla carta avevano un grande potenziale di cambiamento, poiché andavano a colpire due delle unità che più avevano contribuito alla frammentazione dell’esercito e che erano in pratica gestite alla stregua di eserciti privati da Ali Ahmed e da Ali Mohsen. Come paventato, tuttavia, la dissoluzione delle due unità ha avuto in parte effetti opposti, sulla scia della generale ristrutturazione dell’esercito operata da Hadi. Una ventina di unità hanno difatti opposto resistenza alle decisioni del presidente, dando vita ad una serie di ammutinamenti e scontri tra diversi comandanti. Particolarmente cruento è stato quella che si è consumato nella provincia Marib, dove i combattimenti esplosi tra varie unità militari hanno portato alla morte di una trentina di soldati. Alcuni comandanti sono stati quindi arrestati, e le brigate coinvolte nell’ammutinamento dissolte. Come entra in gioco in tutto questo il Qatar? Ebbene l’iperattivo emirato del Golfo, secondo fonti locali e ben informate, sarebbe accorso in “aiuto” del governo di Sana’a, “sollevandolo” dal peso di avere militari ammutinati in casa. La mossa di Doha rientrerebbe in uno schema più ampio, in quanto il vero obiettivo sarebbe quello di creare un’unità paramilitare ben addestrata e ben armata da inviare a combattere in Siria. La cifra che circola sui giornali locali parla di un serbatoio di circa 10000 soldati yemeniti al quale l’emirato starebbe cercando di attingere, una base composta non solo dai soldati ammutinati, ma anche dalle Guardie di Ali Ahmed e dalla Divisione di Ali Ahmar. Il Qatar starebbe dunque offrendo ricchi stipendi a militari con ‘comprovata’ esperienza tra le forze d’elite, una nuova tipologia di contractor, ma tutta araba. O meglio, yemenita. May 31, 2013 di: Ludovico CarlinoQatar,Siria,Yemen,Articoli Correlati:
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