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Afghanistan. Se i villaggi si ribellano ai talebani

“Abbiamo supportato i talebani per 10 anni, e cosa abbiamo avuto in cambio? Non ci permettono di mandare i nostri figli a scuola né all’ospedale provinciale. Scommetto che la loro prossima idea sarà di sotterrare le nostre figlie vive per assicurarsi che non vadano a scuola o a lavorare, o che non passeggino per strada senza il velo”.

 

 

 

 

 

di Anna Toro

 

 

 

A parlare è un anziano di Ghander, un piccolo villaggio afghano nella provincia est di Ghazni, ed è la prima volta che esprime così apertamente il proprio risentimento verso i talebani, che ancora controllano gran parte di quel territorio.

Il vecchio non è il solo: il passaparola corre veloce, e ormai l’argomento degli abitanti di Ghander è uno solo: “Siamo stufi dei talebani e delle loro leggi retrograde”.

A scatenare il malcontento, lo racconta il Newsweek in un lungo e appassionante articolo, è stata proprio la chiusura delle scuole nel distretto, imposta ad aprile dal quartier generale del movimento talebano in esilio a Quetta, in Pakistan.

Il motivo della chiusura?

Una sorta di ripicca contro il divieto, deciso dal governo centrale e risalente all’anno scorso, dell’utilizzo delle motociclette, principale mezzo di trasporto non solo per i talebani ma per la maggior parte dei civili afghani che vivono in quella zona dell’Afghanistan povera e martoriata da anni di guerriglia.

Se pure gli abitanti del distretto non hanno gradito di esser stati lasciati a piedi, la rabbia per la chiusura delle scuole è stata ben maggiore.

Così, a maggio si sono recati a lamentarsi presso il comandante locale talebano, Mullah Abdul Malik. Giovane e moderato, Malik si è detto subito d’accordo con gli abitanti del villaggio, ha promesso di far riaprire le scuole e, tramite un portavoce, ha fatto arrivare la questione a Quetta.

Peccato che il ramo più intransigente della Shura, l’alto consiglio talebano, abbia subito deciso di mettersi contro Malik, e qualche giorno dopo la prima protesta, dieci miliziani provenienti da un distretto vicino si sono presentati armati a casa sua.

Da buon pashtun, Malik ha offerto loro la massima ospitalità, preparando tazze di buon tè verde e un lauto banchetto.

Testimoni raccontano che proprio nel bel mezzo della festa i talebani abbiano attaccato e catturato Malik, che da allora si trova loro prigioniero.

Il mattino dopo, la gente di Ghander si è radunata di nuovo di fronte alla moschea per protestare contro la cattura del loro comandante e contro le politiche retrograde della leadership talebana.

All’improvviso una banda di venti talebani in motocicletta ha fatto irruzione nel mezzo della protesta sparando numerosi colpi in aria per spaventare la folla. Che però non si è affatto intimidita.

Il Newsweek racconta ancora di un anziano con una lunga barba bianca, Abdul Samad, che avrebbe sfidato uno dei giovani talebani prendendolo per i capelli, schiaffeggiandolo e rimproverandolo.

Il ragazzo, appena diciassettenne, avrebbe reagito sparando e uccidendolo.

Il passaggio da una folla arrabbiata a una inferocita è stato immediato: la gente del villaggio, dopo aver circondato e sopraffatto il giovane, ha messo in fuga il resto dei miliziani.

“Dormono nelle nostre case e mangiano il nostro cibo nel nome dell’Islam ma non fanno nulla per risolvere i nostri problemi. Ormai la gente li odia” afferma Muhammad Eisa, che era presente alla protesta.

I talebani stessi non si aspettavano una reazione del genere, tanto che all’inizio non hanno saputo come reagire e sono rimasti in stallo.

Così la rivolta si è allargata ben presto ai villaggi vicini, che hanno cominciato a organizzare cortei e proteste di propria iniziativa.

Di nuovo i talebani in motocicletta sono tornati e di nuovo sono stati sopraffatti dai contadini e dai pastori del luogo, che alla fine hanno deciso di imbracciare le armi e di formare delle vere e proprie ronde per difendersi dagli attacchi dei mujaheddin.

Al Jazeera riporta perfino un nome che unisce queste nuove milizie auto-organizzate: Movimento di Rivolta Nazionale.

Il Movimento ha già preso il pieno controllo di diverse aree del distretto, ha giurato di liberare Malik, di far riaprire le scuole e di dare agli anziani del villaggio più voce riguardo all’educazione, salute e sviluppo.

“Vogliamo tornare ai consigli del villaggio e alla guida tradizionale dei nostri anziani. Non vogliamo né i talebani né il governo” ha detto Mamor Jabar Shelghari, ex membro del parlamento, e abitante della provincia di Ghazni.

Intanto i leader talebani hanno ribadito il proprio no alle richieste degli abitanti dei villaggi e, anzi, promettono vendetta: “Se non cambieranno idea useremo la forza e daremo loro una lezione che non dimenticheranno”, hanno comunicato tramite un portavoce.

Le forze internazionali, che in quella zona hanno solo degli avamposti di monitoraggio, potrebbero decidere di addestrare questi pastori e contadini come stanno facendo in altre zone del paese (non sempre con i risultati sperati).

Il problema è che gli abitanti di Ghazni hanno più volte ribadito di essere stanchi degli americani e di Karzai tanto quanto dei talebani e della guerra in sé.

“Vogliamo solo un futuro decente per i nostri bambini” ha detto un comandante delle milizie locali di Ghander.

Chissà se queste nuovi “difensori” saranno abbastanza forti e organizzati per reggere la nuova ondata di scontri promessa dai talebani. Purtroppo, almeno per il momento, non sono in molti a scommetterci.
 

 

 

June 28, 2012

Cos

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Redazione

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