Alif: l’avanzata psichedelica del khan

Il primo singolo, tra poesia classica e rock sperimentale.

 

 

“Holako (Hulagu)” è il pezzo che gli Alif hanno scelto come apripista del loro primo album “Aynama-Rtama”: un tappeto di percussioni e tastiere costruito su un riff di oud ipnotico e blueseggiante, sfondo perfetto per la voce emozionale di Gazaleh, in un crescendo di intensità che si fa quasi dissonante, per poi bloccarsi all’improvviso nel finale.

Il testo, qui ermetico nei suoi intenti, riprende una poesia del poeta iracheno Sargon Boulus (1944-2007), trasformata in canzone per la prima volta.

Si riferisce al khan mongolo Hulagu, nipote di Genghis Khan, che nel XIII secolo con il suo immenso esercito invase gran parte del Medio Oriente, tra cui la grande città di Baghdad e buona parte della Siria. L’avanzata delle forze di Hulagu si arrestò durante battaglia di Ayn Jalut, vicino all’attuale città palestinese di Jenin, e segnò la fine dell’espansione dei mongoli in Medio Oriente.

La traduzione inglese del testo, presente all’interno del booklet, è a cura di Nariman Youssef:

My stallions 
are lighter than the wind.

The fire of their hooves
singes the earth
as we enter the cities.

War reclines,
a submissive bride at my call,
and Death speaks in my name,
for I am Hulagu:

a sword untiring,
its shadow, wherever it falls,
begets a cloud of hungry vultures
that circle the houses
where refugees
see me in their nightmares
among the ruins.

 

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Domenica, Settembre 20, 2015 – 11:00di: Anna ToroEgitto,Iraq,Libano,Palestina,Siria,

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