Nel 40° anniversario della guerra civile in Libano vale la pena di chiedersi se il periodo di relativa pace dal 1990 in poi sia stato semplicemente una preparazione per il prossimo round di violenza.
E’ una drammatica tragedia che il quarantesimo anniversario della guerra civile in Libano (1975-1990) sia arrivato senza che le cause principali siano state affrontate. Nemmeno i tanti attori locali, regionali e internazionali sono cambiati, in fondo.
La questione libanese è una combinazione congiunta di più fattori: “sfortuna geografica””; divisioni tra la popolazione; mancanza di un senso di appartenenza; e ancora, un passato coloniale e tanta sfiducia nel futuro. L’insieme di questi elementi ostacola i tentativi di un cambiamento reale, di una evoluzione volta alla costruzione di un vero e proprio Stato.
La cosa peggiore della guerra è che è finita esattamente come è iniziata. Nessuno sa per certo perché è scoppiata quel 13 aprile del 1975, anche se gli ingredienti c’erano tutti.
Nessuno sa con certezza perché è finita, anche se la decisione internazionale di porre fine al conflitto dopo che l’Iraq invase il Kuwait il 2 agosto 1990 è stato un fattore determinate.
In poche parole, molti hanno perso la vita per niente in quella che sarebbe potuta diventare la guerriglia più lunga della storia moderna.
In Libano il martire di una regione o di un partito o di una comunità religiosa, è un assassino o un macellaio. Nessuno può convincere l’altro che tutti coloro che sono morti erano dei martiri e che ognuno che se n’è andato a suo modo lo ha fatto per amore del paese. Bugie come queste sono accettate reciprocamente solo per il gusto dell’adulazione pubblica, ma mai per il bene della convivenza. Convivenza che, in realtà, non esiste.
Puoi dire a qualcuno che ha perso una persona cara in guerra che i suoi assassini sono anch’essi martiri?
Viviamo in un tempo di falsa pace che esiste solo per permettere di organizzare i preparativi per la prossima guerra civile. Questa è la tragedia del Libano: di essere impantanato tra una guerra e l’altra.
Ciò che è peggio è che la riconciliazione nazionale non è mai avvenuta realmente. Avrebbe dovuto aver avuto luogo molto tempo fa. Invece tutte le ferite sono state lasciate aperte, forse nella speranza che una guerra possa riprendere tutto presto.
Molti in Libano non vogliono capire che i conflitti apparentemente settari del paese non lo sono affatto. Piuttosto, sono esempi di come il settarismo è stato sfruttato per ottenere vantaggi politici e personali.
Ed è probabilmente visto così come la maggior parte dei signori della guerra e dei politici in Libano sono più vicini all’essere mercenari di potenze straniere che leader dei rispettivi collegi elettorali o delle comunità. Sotto questi leader è semplicemente naturale che le questioni restino aperte. E ‘sufficiente considerare la disputa tra il Movimento del Futuro e Hezbollah per capire la vera natura di una vecchia realtà a cui noi libanesi non vogliamo credere. Ovvero la sottomissione dei leader locali alle potenze regionali.
Ma noi di solito ignoriamo l’asservimento del lato che sosteniamo evidenziando l’asservimento dell’altro al quale ci opponiamo. Se i due più importanti partiti politici in Libano sono asserviti, si può solo immaginare come siano tutti gli altri.
A dire il vero ciò che alcuni chiedono in Libano non è, come potrebbe sembrare, un invito all’indipendenza, ma piuttosto la fine della difesa dei privilegi di altri Stati.
Un caso in questione: i messaggi di congratulazioni che i politici libanesi sono desiderosi di inviare est e ovest, per costruire un rapporto tra pari – si legga “supplicare” – con gli Stati più potenti. In effetti questa è stata l’inclinazione dei politici libanesi fin dall’epoca ottomana, poi nel corso dell’era francese, di quella siriana, e ora, nelll’era saudita e iraniana.
Se questi politici sono stati istruiti su come condurre una nuova guerra civile, a breve metteranno in atto questi insegnamenti. Pertanto, l’accordo di Taif, firmato nel 1989 e che ha aperto la strada alla fine della guerra civile, non è stato un accordo finale, ma solo una tregua fino a nuovo avviso.
Ogni giorno che passa nella Repubblica del Libano senza che venga fatto uno sforzo serio per affrontare i retaggi del passato, e prepararsi ad un futuro diverso, vuol dire condurre il paese ad una nuova guerra. La maggior parte dei libanesi non sembra voler imparare la lezione. Continuano a mantenere i loro signori della guerra con pretesti fiitizi, siano essi confessionali, politici, o qualunque altra cosa.
Da parte loro i signori della guerra si stanno godendo il bottino mentre i loro seguaci bevono volentieri il loro veleno.
Per quanto la riguarda la minoranza dei libanesi che possono avviare un vero e proprio movimento per il cambiamento, tutti in questi giorni sono alla ricerca di un palliativo per lenire il dolore, o peggio ancora di un posto dove immigrare, forse per non tornare mai più.
*L’articolo è stato pubblicato originariamente sul sito Al-Araby, che ringraziamo per la gentile concessione. La traduzione è a cura di Paola Robino Rizet.
April 19, 2015di: Pierre Akiki*Libano,Articoli Correlati:
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