Turchia. Se il Pride incontra Piazza Taksim

Sono migliaia le persone che domenica scorsa hanno partecipato alla marcia dell’orgoglio Gay, Lesbico, Bisessuale e Transgender di Istanbul (LGBT). I cambiamenti in corso in seno alla società turca e il solido legame con il movimento Occupy Gezi spiegano il successo dell’evento.

“Siamo qui, abituatevi, non ce ne andremo!”. Con questo slogan via Istiklal, la principale arteria pedonale che conduce a piazza Taksim, è stata inondata di bandiere arcobaleno, simbolo del movimento LGBT, e striscioni inneggianti a diritti, uguaglianza e la fine delle discriminazioni, in lingua turca, curda, armena e araba.

Tanti i cartelloni e i cori contro il governo conservatore di Recep Tayyip Erdoğan, accusato di ignorare l’esistenza di persone non eterosessuali e di incrementare i pregiudizi attraverso le sue dichiarazioni, che più di una volta hanno evocato le categorie di “malattia e perversione”.

Sebbene la manifestazione sia stata organizzata senza il permesso della questura, la polizia non è intervenuta. E per la prima volta anche Smirne e Antalya – due città sulla costa occidentale del paese – sono state teatro di marce e sfilate colorate.

Secondo il comitato organizzatore, composto da 18 associazioni della società civile, il 30 giugno scorso più di 50.000 persone si sono unite all’undicesimo appuntamento di Istanbul, quasi il doppio rispetto all’anno scorso. Un dato che non può essere interpretato separatamente dalle proteste che hanno animato piazza Taksim e altre zone del paese.

“La reazione generale verso gay e lesbiche è cambiata durante le manifestazioni. In questo senso Gezi può rappresentare lo spiraglio per una ‘rivoluzione’. Non si tratta solamente di un evento politico e sociale ma di una trasformazione morale, addirittura spirituale”, si legge sul sito No Rhetorike Ismail Azboglu, attivista LGBT a Istanbul.

Non a caso il tema scelto per questa edizione del Pride è stata la ‘Resistenza’ – Direniş – parola chiave del movimento Occupy Gezi, con gli attivisti LGBT che si sono distinti per essere stati sempre in prima linea nelle mobilitazioni per la salvaguardia del parco, impegnandosi in un’opera di sensibilizzazione rispetto al tema dei diritti civili.

Insieme ad alcune associazioni femministe, hanno anche promosso una campagna per eliminare dalla piazza gli slogan offensivi e sessisti, retaggio di una mentalità arcaica e patriarcale, e hanno montato un’infermeria da campo per offrire primo soccorso ai feriti.

Così come durante gli scontri con la polizia hanno dato prova di coraggio e determinazione contro ogni stereotipo macista che generalmente ne accompagna la rappresentazione.

Presenti ai tanti forum serali – puntualmente organizzati in diversi parchi della città dal coordinamento ‘Solitarietà con Taksim’ -, i portavoce della comunità LGBT hanno invitato i presenti ad unirsi all’evento di quest’anno, e secondo i promotori, la partecipazione massiccia alle diverse sfilate è frutto di più ampi cambiamenti che stanno attraversando la società turca.

“Nelle ultime settimane ho vissuto personalmente molte scene che mi hanno sorpreso – continua Ismail -. Vecchie kemaliste che danzano con giovani curdi, comunisti che proteggono pii musulmani mentre adempiono alla preghiera. Due mesi fa non sarei stato in grado nemmeno di sognarle”.

Altro esempio dei cambiamenti sperimentati dalle giovani generazioni (e non solo) in quest’ultimo periodo: le manifestazioni di solidarietà indette dal movimento Occupy Gezi dopo l’uccisione di un ragazzo curdo a Diyarbakir.

“Fino a poco tempo fa la maggior parte dei manifestanti – fieri della loro visione nazionalista – avrebbero considerato legittima la lotta dell’esercito e della polizia contro i ‘terroristi’ del sud-est. Ora, dopo aver sperimentato la violenza di Stato e la tortura sulla loro pelle, hanno aperto gli occhi”.

Allo stesso modo, prosegue l’attivista, è proprio durante le settimane di protesta che alcune persone, tendenzialmente refrattarie, hanno avuto modo di incontrare e conoscere per la prima volta membri della comunità LGBT, andando così al di là dei preconcetti abitualmente diffusi: “Nei forum, come durante il Pride, perfino le casalinghe – una delle componenti più conservatrice della società – hanno applaudito i loro interventi”.

Tuttavia, nonostante gli entusiasmi, il quadro generale del paese sembra tutt’altro che positivo.

Considerate le enormi differenze nelle condizioni di vita della comunità LGBT tra le grandi città e le zone rurali, secondo uno studio del Consiglio d’Europa sulle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, la Turchia resta un paese sostanzialmente omofobo. Stando al documento, i media e la stampa nazionale contribuirebbero alla diffusione dei pregiudizi, schierandosi (maggioritariamente) contro la parità di diritti e opportunità.

Gli LGBT sono discriminati soprattutto sul piano economico. Basti pensare a Hakem Dinçdağ, un giocatore di calcio espulso dalla Federazione turca dopo aver dichiarato la propria omossesualità. Per lo stesso motivo molti insegnanti, poliziotti e impiegati pubblici continuano a perdere il lavoro.

Frequenti, infine, anche gli attacchi e le manifestazioni d’odio, in particolare contro la comunità transessuale. Dal 2002 ad oggi sono 69 gli omicidi che hanno avuto come movente l’avversione contro questo gruppo e solo l’anno scorso si registrano 8 vittime.

*Per le foto si ringrazia Silvia Pagliacci da Istanbul

July 07, 2013di: Caterina La Rosa da IstanbulTurchia,Articoli Correlati:

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