“Baddawi”, la graphic novel sulla diaspora palestinese

La storia della diaspora descritta attraverso l’infanzia del padre Ahmed, nato e cresciuto in un campo profughi libanese tra Nakba, Naksa e guerra civile. E’ “Baddawi”, la graphic novel di Leila Abdul Razzaq, creata per spiegare all’occidente il dramma del popolo palestinese (con uno sguardo a Naji al-Ali). 

 

 

Si chiama Leila abdul Razzaq ed è una graphic novelist palestinese figlia della diaspora. E’ nata e Chicago, ha vissuto nella Corea del Sud ed è riapprodata nella città statunitense per intraprendere gli studi universitari.

Ad aprile uscirà la sua prima graphic novel: “Baddawi“.

Il titolo prende il nome dal campo profughi palestinese di Tripoli, nel Libano del nord, in cui oggi risiedono oltre 20mila rifugiati palestinesi stipati in un solo chilometro quadrato e dove suo padre, Ahmad, protagonista del fumetto, è nato e cresciuto.

La storia della sua infanzia vissuta tra i vicoli del campo in quegli anni carichi di eventi che hanno segnato profondamente la storia del Medio Oriente, della Palestina e del Libano – la Nakba (la Catastrofe), la Naksa (la Ricaduta) e la guerra civile libanese – è la struttura portante del fumetto. 

Per Leila raccontare la fanciullezza del padre è stata un’esperienza totale: un andare a ritroso nel tempo per dare forma attraverso le immagini ai preziosi ricordi della sua famiglia paterna.

Ma anche un momento per approfondire attraverso la ricerca e lo studio la storia del suo popolo. Una storia comunemente ignorata dalla comunità occidentale e che proprio per questa ragione la giovane fumettista identifica come il principale destinatario e fruitore della graphic novel.

Non sto lavorando a Baddawi perché ritengo l’infanzia di mio padre straordinaria, unica, o particolare. Ma perché sono convinta che quanto ha vissuto il mio popolo deve essere raccontato. E a farlo è importante che siano quanti vivono in Palestina o gli appartenenti alla diaspora, così che i palestinesi diventino i soggetti narranti e non come troppe volte è successo gli oggetti narrati”, spiega. 

Baddawi è suddiviso in tre capitoli: l’ultimo si sofferma sulla guerra fratricida che per 15 anni sovrastò la vita dei libanesi ed in particolare quella degli abitanti di Beirut, città nella quale Ahmad tornerà più volte nel corso delle ostilità.

Questa sezione alla quale Leila sta ancora lavorando si è rivelata la più impegnativa: cercare di coniugare, dare un ordine e un senso a quella fase cosi drammatica per la popolazione libanese e per i palestinesi stessi, con immagini eloquenti e al contempo aderenti al corso degli eventi, non è cosa semplice.

Il suo lavoro si ispira al celebre fumettista palestinese Naji al-Ali, vissuto nel campo profughi di ‘Ein al-Helweh, che durante la sua prigionia nelle carceri libanesi ideò Handala. Il bambino disegnato intenzionalmente solo di spalle, che diventerà il simbolo dell’infanzia palestinese. E a cui anche il protagonista di Leila si ispira.  

Gli sono debitrice, afferma Leila. All’inizio, non capivo i suoi lavori, li trovavo particolarmente cupi ma, con il tempo, osservandoli e studiandoli, ho imparato ad apprezzarli, a capire tanto della storia della Palestina e della sua gente e questo grazie alla complessa e ricca simbologia che pervade la maggior parte della sua opera.

“Baddawi” nasce inizialmente come fumetto work in progress che Leila ospita di volta in volta nel suo blog e su Facebook. Con il tempo aumenta il numero dei lettori e le sue strisce attirano l’attenzione degli addetti ai lavori, in particolare della casa editrice Just World Books, che decide di pubblicarla.

L’attualità del lavoro di Leila è tangibile, anche alla luce di quanto sta avvenendo in Libano in questi ultimi mesi, dove le ripercussioni della guerra in Siria si fanno sentire ogni giorno di più.

Tripoli è spesso teatro di scontri e il campo di Baddawi si trova a metà strada tra i quartieri di Jabal al-Mohsen e di Bab Al-Tabbaneh, da deceni in lotta fra loro per ragioni politiche e confessionali.

Uno a maggioranza sunnita e l’altro a maggioranza alawita, i due agglomerati con l’acuirsi dei combattimenti sul territorio siriano, rispecchiandone alcune dinamiche, sono tornati ad essere acerrimi nemici.

Quando i due quartieri sono in lotta, la vita dei palestinesi del campo, che si trovano materialmente in mezzo, si fa ancora più cupa e dura.

 

*Paola Robino Rizet è la responsabile del programma di Sostegni a Distanza di Un ponte per…e vive a Beirut. 

 

 

February 01, 2015di: Paola Robino Rizet da Beirut*Israele,Libano,Palestina,

Redazione

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