No, non mi scuserò per il linguaggio.
Sono molto stanco di Israele e lo ripeto con orgoglio, ancora e ancora: Fuck the Occupation.
So che da quando il partito Hamas è salito al potere, democraticamente eletto nel 2006, la comunità internazionale ha rigettato questa scelta democratica, ed ha rifiutato di accordarsi con i suoi membri.
Alcuni dei leader di Fatah, i cosiddetti “laici e socialisti”, hanno usato a loro favore questa opportunità per limitarne il potere, cosa che ha creato grandi tensioni nel nostro paese, culminate con l’espulsione da parte delle fazioni militari di Hamas dei membri dell’Autorità Palestinese e di Fatah dalla Striscia di Gaza.
E questa è la versione breve della storia.
Amo il popolo di Gaza. Lo amo molto più di quanto lo amino Hamas e Fatah.
Nessun essere umano merita di vivere come vive il popolo di Gaza.
Sono stato costretto a crescere in questo clima politico, che ha reso molto difficile per noi attivisti sviluppare il nostro potenziale per porre fine all’Occupazione, costruire uno Stato palestinese in cui vivere con libertà, giustizia, dignità e pace, senza alcuna affiliazione a nessuno di questi partiti.
Ho speso così tanta energia per lottare contro questi schiamenti, cosiddetti “islamici” o “laici”, che crescendo ne sono stato sempre più stanco, ogni giorno di più.
A Gaza, ho dovuto guardarmi le spalle quando ho osato aprire bocca. Quando ho scritto articoli, post su Facebook e Twitter. Quando ho tenuto seminari o quando ho semplicemente camminato per strada. Perché?
Perché Hamas mi aveva già arrestato per aver fatto tutto questo.
Sono stato arrestato per aver rivendicato giustizia sociale. Per aver protestato contro l’Occupazione israeliana.
Per aver criticato Hamas su Facebook, per aver reclamato i diritti degli studenti. Per aver chiesto di viaggiare, uscire dal paese e raccontare dell’assedio di Gaza in altri paesi, con diversi gruppi di solidarietà, con diverse organizzazioni politiche.
Hamas ha speso gli ultimi 10 anni a Gaza non solo per rafforzare la sua presenza, ma anche per reprimere le voci di chi gli ha mosso critiche.
La sinistra, i laici, o anche solo i giovani attivisti che hanno iniziato ad essere politicamente consapevoli. Chiunque non abbia condiviso i suoi valori cosiddetti “islamici”, che non è stato parte del suo schieramento, ha dovuto guardarsi le spalle.
Quando ancora vivevo a Gaza sono stato rapito, imprigionato, interrogato, abusato. Mi è stato vietato di viaggiare e talvolta persino di scrivere online.
Dopo aver ricevuto minacce di morte dai cosiddetti “islamisti”, anch’essi parte di Hamas, la mia famiglia si è spaventata. In quei giorni, ho gridato “Fuck Hamas” nelle piazze diverse volte. L’ho detto e l’ho ripetuto, ogni volta che i miei amici sono stati arrestati o che ho sentito parlare della loro brutalità.
Come è accaduto al campo di Jabalia, dove sono cresciuto, e dove la gente ha semplicemente chiesto di risolvere un problema di elettricità che prosegue da 12 anni, incontrando la loro reazione violenta.
Mi dispiace sinceramente per tutti quei membri di Hamas che hanno subito il lavaggio del cervello, ed hanno dimenticato che abbiamo una causa più grande da combattere tutti insieme.
E con “tutti insieme”, intendo proprio “tutti insieme”. Laici, militanti di sinistra, ebrei, cristiani. Chiunque si batta per i diritti umani e per la giustizia merita il nostro sostegno. Questa è una lotta politica: per la giustizia, per i diritti.
Prima che mi dimentichi: Fuck Fatah.
L’Autorità Palestinese e Fatah hanno giocato un ruolo importante nel creare diffidenze, insicurezza, paura.
E’ stata la corruzione dell’Autorità Palestinese la principale ragione che ha portato alla vittoria elettorale di Hamas nel 2006, prima di ogni altra cosa.
E’ stato il suo rifiuto ad essere trasparente con il popolo palestinese, le sue violazioni dei diritti in Cisgiordania, l’isolamento in cui ha lasciato Gaza, il rifiuto di riconciliarsi con Hamas dopo oltre 10 anni da quel giorno del 2006.
Abbiamo bisogno di tornare ad essere uniti, e di trovare un pace giusta, che renda migliore la vita dei bambini che sono rimasti a Gaza.
Io, da parte mia, desidero solo pace.
*Majed Abusalama è nato e cresciuto come “fiero rifugiato” nel campo di Jabalia, a Gaza. E’ stato un giornalista indipendente per diversi anni, e finalista del premio internazioanle “Mediterranean Journalist” nel 2010. Ha ricevuto il premio per la Libertà di Espressione nel 2011 per i suoi articoli su temi chiave in Palestina. E’ stato inoltre intervistato da Cecilia Dalla Negra per il capitolo palestinese di “Rivoluzioni Violate. Cinque anni dopo: attivismo e diritti umani in Medio Oriente e Nord Africa”, raccontando la sua storia e contribuendo alla ricostruzione delle vicende che hanno interessato i movimenti politici giovanili in Palestina nel periodo 2011-2016.
**Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul blog “Hummus for Though”. La traduzione dall’inglese è a cura di Cecilia Dalla Negra. Per la versione originale clicca qui.
January 25, 2017di: Majed Abusalama*Israele,Palestina,
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