“A che punto è la rivoluzione se non posso ballare?”, è il tema al centro di un concorso fotografico che ha premiato i migliori scatti di donne nei paesi del Mediterraneo dopo le Primavere arabe. Donne in movimento, verso un futuro migliore.
di Cecilia Dalla Negra
“Se non posso ballare, questa non è la mia rivoluzione”.
La storia racconta che rispose così Emma Goldman, femminista anarchica russa, al giovane attivista che le sconsigliava di danzare nelle balere, perché la sua frivolezza avrebbe danneggiato la causa rivoluzionaria.
“Un ideale bello come il nostro, ispirato alla libertà dalle convenzioni e dai pregiudizi, non dovrebbe chiedere la negazione della vita e della gioia”, scrisse in seguito. Era il 1931.
A questa frase si è ispirato il titolo del concorso fotografico “A che punto è la rivoluzione se non posso ballare?”, organizzato dal Mediterrean Women’s Found, un network di associazioni femminili creato nel 2008 grazie all’iniziativa di donne che hanno impiegato le proprie vite al servizio della lotta per l’affermazione dei diritti di genere nel Mediterraneo.
E se è vero, come si legge sul sito, che “su entrambe le sponde del Mediterraneo le donne hanno le stesse radici culturali e sono vittime della stessa forma di patriarcato, sotto l’influenza delle tre religioni monoteiste”, ecco che anche la lotta diventa comune, a prescindere che si trovi a Nord o a Sud dello stesso mare.
Una rete che è anche un cammino comune, fatto del lavoro di associazioni che si occupano della lotta per l’empowerment e i diritti delle donne dal Libano alla Palestina, passando per Egitto, Tunisia o Marocco, Croazia, Francia e Montenegro: tutti paesi in cui “devono lottare per ottenere parità, o per mantenere intatti i diritti già conquistati”.
Tra le tante iniziative di questa rete, nel 2012, anche un concorso fotografico, riservato a fotografe donne dell’area mediterranea.
Per raccontare come il loro punto di vista è cambiato, a distanza di un anno da quelle rivolte che, per tante, hanno rappresentato solo l’inizio di un cammino destinato a cambiare le loro vite. Ma che non sempre si è compiuto.
Un anno dopo le grandi speranze sollevate dalle Primavere, infatti, “le donne sono state ancora escluse dalla scena politica, e i loro diritti individuali, come le loro libertà collettive, sono state rimesse in discussione”.
Perché il corpo delle donne, terreno di conflitto per antonomasia, “rimane al centro di tutto ciò che è proibito”.
E se le restrizioni aumentano, e anche ciò che sembrava protetto dalla conquista può essere ridiscusso, ecco che la frase della Goldman torna a spiegare il senso profondo della libertà: quella di lottare per il futuro del proprio paese, nella ferma convinzione di voler esercitare liberamente il controllo sul proprio corpo. Il concorso fotografico, ispirandosi a questa frase, ha messo al centro il tema dei “corpi femminili in movimento nel bacino Mediterraneo”.
Hanno vinto in tre, come ogni concorso stabilisce. Ma le 16 immagini migliori, selezionate da una giuria tutta al femminile, giocano sul doppio significato di ‘movimento’, laddove le donne ritratte si muovono: per liberare il proprio corpo e la propria terra insieme; per danzare, come per partecipare a una manifestazione che rivendica libertà e giustizia per tutti.
O per le due cose insieme: ballando per strada, davanti a uno striscione, imponendo con una presenza delicata ma determinata che le lotte di genere sono, a tutti gli effetti, parte della più ampia lotta per la dignità umana e la giustizia.
Donne – come quella ritratta nella foto che ha guadagnato il terzo posto – che sembrano danzare su una spiaggia deserta di Beirut. Perché “non c’è che l’alba per liberarsi dalla città”.
Foto in copertina:
Titolo: “Syrie”Autrice: S.S – Siriaprima classificataper gentile concessione del Mediterranean Women’s Found Foto dell’articolo: Titolo “Il n’y a qu’à l’aube pur me libérer de la ville”Autrice: Marisol Rifai – Libanoterza classificataper gentile concessione del Mediterranean Women’s Found
4 novembre 2012
Egitto,Libano,Marocco,Palestina,Siria,Tunisia,
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