La crisi siriana, quella irachena, l’assedio di Gaza, le guerre africane, stanno producendo milioni di profughi alle porte d’Europa. L’Ue propone linee guida, ma pensiamo davvero che senza una moratoria sulla vendita di armi, senza sforzi di pace e una politica di accoglienza condivisa sia possibile affrontare questa crisi?
A leggere la stampa non è chiaro se l’Unione Europea sia alle prese con una missione per salvare i migranti naufraghi o sia stata dichiarata la guerra alla Libia, dilaniata da un lungo conflitto civile.
Ciò che è certo, è che si vuole richiedere una risoluzione dell’Onu che autorizzi la missione, in base al capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite, che di solito autorizza sia le missioni di pace che quelle militari.
Il senso di questa scelta, quindi, è di poter intervenire nello spazio libico con mezzi militari europei. Peraltro senza il consenso libico, necessario anche se il governo legittimo non è da tutti considerato tale.
Peccato che questo sia il risultato dall’attacco armato europeo del 2011.
Anche in presenza di una missione per salvare eventuali naufraghi saremmo di fronte a qualche problema. Se salvati in acque libiche dove verranno portati? Di nuovo in Libia in mano a qualche milizia o a Daesh?
Se fossero a bordo di una nave con scafisti armati che aprono il fuoco contro le navi europee cosa si farebbe? Si attaccherebbero le navi con i disperati a bordo? Effetti collaterali?
Intanto si darebbe il via, di fatto, ad un’operazione militare in acque territoriali libiche, forse prevedendo anche un intervento di terra. Ma non è dato sapere se per combattere gli scafisti o le varie milizie coinvolte nella guerra civile libica, che fanno affari anche con il traffico di esseri umani. E a volte stiamo parlando degli stessi soggetti.
Negli anni ’90 ed all’ inizio degli anni 2000 in migliaia tra rifugiati e migranti fuggivano ogni giorno verso l’Europa imbarcandosi dai porti turchi. Il paese era molto controllato, come sempre, dai militari, ma ciò non impediva che una nave con migliaia di persone salpasse indisturbata da uno dei porti del paese.
In seguito ne sono partite molte altre dalla Tunisia, dalla Libia, dall’Algeria, dall’Egitto. Oggi invece moltissimi rifugiati siriani (4 milioni nei paesi limitrofi, 7 milioni gli sfollati interni al paese) stanno raggiungendo l’Europa via terra dalla Bulgaria passando attraverso la Turchia.
E ogni giorno si aprirà un canale nuovo: basta pagare.
Il prezzario è noto e c’è un ampio mercato di passaporti falsi, visti in vendita, passaggi nei mille buchi che hanno le frontiere dello spazio europeo. È l’affare del secolo. Per darsi una cifra basta moltiplicare 5mila euro a passaggio per 200 mila persone pronte a pagare e fuggire: 1 miliardo di euro.
La decisione europea sembra ancora più stonata considerando che il sistema delle quote non è stato approvato.
Quindi si è deciso di fare la guerra ad un nemico “liquido”, come i trafficanti di esseri umani, che oggi ci sono e domani potrebbero essere altrove, mentre non si è fatto nulla per ridurre il numero dei potenziali “fuggitivi” verso l’Europa.
Molti Stati europei non vogliono prendere impegni. Ma forse l’esempio spagnolo è utile da conoscere, perché se non ci rendiamo conto che siamo di fronte ad una crisi epocale è difficile approntare delle soluzioni adeguate.
La Spagna ha sempre accolto poche migliaia di rifugiati, dieci volte meno dell’Italia, se non di meno. Solo che negli ultimi due anni stanno arrivando migliaia di siriani nelle enclave di Ceuta e Melilla, le due piccole città spagnole sul territorio marocchino.
Acquistano passaporti falsi algerini o marocchini, si mischiano alla folla dei transfrontalieri che ogni giorno vanno nelle due enclave e poi chiedono asilo. Il governo spagnolo non può rimandarli indietro, né in Marocco né tantomeno in Siria. E così sono aumentate le richieste diventando da centinaia a migliaia in poco tempo.
La crisi siriana, quella irachena, l’assedio di Gaza, le molte guerre africane, stanno producendo decine di milioni di profughi alle porte d’Europa. Pensiamo veramente che senza una moratoria sulla vendita di armi a questi paesi, o la repressione delle solite triangolazioni che si usano per farle arrivare nei conflitti, senza sforzi di pace ed una politica dell’accoglienza comune e condivisa sia possibile affrontare questa crisi?
Ad oggi ogni risposta approntata è solo un palliativo.
E bene sta facendo chi, come Medici Senza Frontiere, ha armato delle navi per salvare i naufraghi in mare, senza attendere timide risposte da parte dell’Europa che sta scegliendo di voltare la faccia.
Le navi di MSF sono peraltro piene di donne e uomini italiani, eroi involontari e umili che vogliono dare una testimonianza di solidarietà e reagire di fronte alle stragi nel Mediterraneo.
E vogliono ridare dignità alle migliaia di persone in fuga dalle guerre. Sono tante altre le iniziative in corso che cercano di costruire solidarietà laddove i governi sembrano del tutto miopi.
In molti pensano che sia necessario “aiutare i migranti o i rifugiati a casa propria”, sospendere Schengen, attaccare i centri di accoglienza.
Come se queste persone in fuga fossero felici di lasciare le loro case, come se non fossero state costrette a farlo.
Per fortuna che anche in Italia ci sono delle case accoglienti. Come quella della signora Patrizia che a Padova ha accolto in casa sua dei profughi. Non per sempre. Gli ha teso una mano e li ha aiutati a sperare che esista un futuro, fatto di pace e dignità.
*Domenico Chirico è direttore dell’Associazione di solidarietà internazionale Un ponte per…
May 24, 2015di: Domenico Chirico*Iraq,Libia,Marocco,Palestina,Siria,Tunisia,
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