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Iraq. Atrocità dell’IS, responsabilità del governo e bombe inefficaci

Mentre la guerra contro l’IS si concentra al nord della Siria, in Iraq la presenza internazionale aumenta, sia in cielo che in terra, e anche Baghdad viene accusata dall’ONU. La popolazione, in entrambi i paesi, chiede di più. 

 

 

“Una sconcertante serie di gravissimi abusi dei diritti umani di natura settaria sono stati commessi soltanto nel giro di 9 settimane in Iraq”. Apre così il rapporto prodotto dall’UNAMI, la Missione di Assistenza per l’Iraq delle Nazioni Unite, diffuso il 2 ottobre e che copre il periodo 6 luglio – 10 settembre.

“Un rapporto terrificante”, ha dichiarato il Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell’ONU per l’Iraq Nickolay Mladenov, che ha richiamato i leader della politica irachena “ad agire uniti per restaurare il controllo delle aree conquistate dallo Stato Islamico (IS) e attuare riforme sociali, politiche ed economiche inclusive”.  

Una brutalità riportata in tante altre forme e sotto gli occhi di tutti per denunciare le quali, in realtà, non sembra esserci bisogno di un altro rapporto. 

Risaltano tuttavia due elementi molto importanti dal documento dell’UNAMI. Il primo riguarda il fatto che le violazioni dei diritti umani registrate nel suddetto periodo non sono state commesse unicamente dall’IS. Il rapporto, infatti, documenta e condanna alcune azioni condotte dall’esercito iracheno e dai gruppi armati ad esso affiliati.

“Attacchi aerei, bombardamenti e diverse operazioni militari sono state condotte oltrepassando i principi di distinzione e proporzionalità previsti dal diritto internazionale umanitario”, colpendo in più occasioni la popolazione civile, e provocando morti e feriti – si legge nel rapporto. 

L’altro elemento da sottolineare consiste nell’appello al governo iracheno di “considerare l’accesso allo Statuto di Roma per aderire alla Corte Penale Internazionale come passo immediato”, in modo da attivare la Corte per indagare e fare giustizia “sui tantissimi possibili casi di crimini contro l’umanità”.  

“Questo tipo di situazione, che vede migliaia di civili innocenti essere oggetto di violenze ed abusi unicamente a causa della loro identità o religione, è esattamente il motivo per cui la Corte è stata creata”.

Il governo di unità nazionale di Haider al-Abadi viene insomma invitato a fare molto di più, oltre ad essere accusato di non fare distinzioni tra combattenti e civili nella sua strategia di attacco contro lo Stato Islamico. 

Accuse che tra l’altro alcuni esponenti della società civile irachena hanno più volte ripetuto, non solo negli ultimi mesi e rivolgendo soprattutto nei confronti dell’ex-premier Nuri al-Maliki manifestazioni di protesta puntualmente represse o inascoltate. Un non ascolto di cui anche la comunità internazionale è responsabile, oltre che la politica irachena.

Al riguardo, l’ultimo esempio in ordine cronologico viene da Erbil, dove il 25 settembre scorso l’Ong irachena Yazidi Solidarity and Fraternity League (YSFL) è scesa in piazza di fronte all’ambasciata degli Stati Uniti e agli uffici delle Nazioni Unite. Il motivo? Chiedere un intervento immediato per salvare le circa 3mila donne yazide rapite dall’IS e rese schiave, “la cui sorte non rientra affatto nella strategia della coalizione internazionale contro l’IS”, ha commentato Husam Salim*, membro dell’YSFL, contattato dalla nostra redazione, che ha ricordato inoltre come la sua comunità di appartenenza stia subendo l’ennesimo tentativo di genocidio nella loro storia.

“Con i bombardamenti non si riuscirà mai ad intervenire efficacemente per liberare non solo le donne rapite, ma i tantissimi altri civili che sono stati fatti prigionieri, nonché tutta la popolazione che vive ora sotto il controllo degli estremisti”. 

Contrariamente all’ambasciatore Usa, un rappresentante dell’ONU ha ricevuto i manifestanti e “assicurato il proprio sostegno”, ha detto Husam. La settimana scorsa è dunque arrivato un comunicato a firma di Zeid Ra’ad al-Hussein, Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, che riporta in dettaglio alcuni casi di rapimenti e uccisioni di donne e bambini commessi dai combattenti dell’IS. Soltanto nella giornata del 3 agosto scorso, ha dichiarato al-Hussein, sono state “acquistate” dalla Siria per circa 10 dollari l’una, 150 donne tra yazide e cristiane per “soddisfare sessualmente” i miliziani dell’IS in Iraq. 

 

Bombe e “Boots on the ground” in aumento

Le notizie che giungono da Iraq e Siria dipingono un quadro sempre più complesso. Nelle ultime settimane la coalizione anti-IS guidata da Washington sta concentrando gli attacchi aerei sul nord della Siria, dove le operazioni dello Stato Islamico si stanno concentrando attorno all’enclave curdo-siriana di Kobane.

Da lì sono almeno 150mila i rifugiati che si sono riversati in Turchia, da dove però l’intervento dell’esercito stenta ad arrivare.

Inoltre, il confine è strettamente sorvegliato in modo da permettere soltanto ai civili di entrare in Turchia, ma non ai combattenti del Partito curdo dei lavoratori (PKK) che vorrebbero dare man forte alle Forze di difesa del popolo (YPG), milizie curdo-siriane, le uniche rimaste a difendere Kobane dall’IS.

I motivi di questo non intervento, che vanno in controtendenza rispetto al via libera del Parlamento turco della settimana scorsa ad unirsi alla coalizione internazionale contro lo Stato Islamico, sarebbero riconducibili alla delicata questione curda. Nell’ottica di Ankara, come spiegato dal professor Mehmet Ali Turgan, dell’Università di Bilgi di Istanbul su Pagina99 permettere al PKK di entrare in Siria significherebbe dargli maggiore potere e peso internazionale, e soprattutto la Turchia perderebbe il controllo della frontiera siriana.  

Si rafforza, intanto, la coalizione internazionale per tentare di indebolire lo Stato Islamico.

Mentre uno degli F-16 belgi (sui 6 mesi a disposizione) ha effettuato i primi bombardamenti sul suolo iracheno, Germania e Francia annunciano l’intenzione di espandere il loro raggio di azione e dunque di aumentare il loro ruolo nella guerra contro l’IS. 

Secondo un’informativa presentata dal ministro della Difesa Orsola Von Der Lain alla commissione parlamentare per gli affari della difesa, il governo tedesco sta prendendo in considerazione la possibilità di stabilire un centro militare ad Erbil. In questo modo si rafforzerebbe la cooperazione con i peshmerga – l’esercito curdo – e l’intelligence, sia curda che irachena, con la presenza di ufficiali tedeschi.

Inoltre è notizia del 2 ottobre l’arrivo, a breve, di una squadra speciale dalla Germania in supporto ai peshmerga per localizzare le donne yazide e cristiane, in particolare a Mosul e Sinjar

La Francia, dal canto suo, per voce del ministro della Difesa Jean Yves Lodrian ha annunciato che Parigi “alzerà i ritmi dei voli nello spazio aereo iracheno nel quadro della lotta contro Daesh (Stato Islamico in arabo, ndr)”. Lodrian ha giustificato questi maggiori sforzi con il fatto che l’IS è ormai diventato qualcosa di più una organizzazione terroristica, bensì si tratta di un “esercito terroristico”, avendo a disposizione dai 20 ai 30mila combattenti ben addestrati e armati.

Tuttavia, ha sottolineato il ministro, la Francia non estenderà il suo coinvolgimento diretto anche alla Siria, dove continueranno comunque gli aiuti all’Esercito Libero Siriano in chiave anti-Asad e anti-IS. 

Infine l’Iran, che non fa parte della coalizione ma sostiene il governo di Baghdad, e in particolare alcune milizie sciite che operano con l’esercito iracheno, ha rivelato l’esistenza di un coordinamento militare maggiore che permetterebbe l’intervento diretto immediato nel caso in cui i luoghi sacri sciiti venissero attaccati.

A rivelarlo è stato il vice ministro della Difesa di Tehran, che non ha mancato di criticare “l’America e i suoi alleati che hanno formato una nuova coalizione per nascondere le loro responsabilità del passato”. 

 

*Husam Salim testimonia il dramma degli yazidi nel volume La crisi irachena. Cause ed effetti di una storia che non insegna” a cura di Osservatorio Iraq con la collaborazione di Un ponte per…, in imminente uscita e che sarà presentato il 16 ottobre a Roma al Salone dell’Editoria Sociale. Nella foto un’immagine della manifestazione dell’YSFL ad Erbil. 

October 06, 2014di: Stefano Nanni e Latif al-SaadiIraq,Siria,Articoli Correlati: 

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