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Iraq. Pagare per il Califfato

Quando gli estremisti gestiscono banche a Mosul: una “tassa” per finanziare il Califfato, un comitato che controlla l’origine dei soldi, e conti correnti sequestrati a cristiani, yazidi e sciiti. 

 

 

Finora gli abitanti di Mosul, la città del nord dell’Iraq controllata dagli estremisti sunniti, non erano in grado di ritirare il denaro dai propri conti correnti bancari. Le cose sono cambiate la scorsa settimana.

Tuttavia, ogni prelievo è sottoposto a condizioni, compreso un comitato di tre persone che chiede al correntista da dove viene il denaro e una tassa obbligatoria per finanziare il Califfato islamista.

Gli abitanti di Mosul hanno avuto, per la prima volta, il permesso di entrare nelle banche per ritirare il proprio denaro da quando gli estremisti sunniti hanno preso la città. Finora i combattenti di questo gruppo ormai noto come Stato Islamico, o IS, hanno controllato le banche senza lasciare che nessuno entrasse.

Il giorno dopo l’annuncio, avvenuto attraverso la radio ufficiale di IS a Mosul, Al Bayan, che le banche sarebbero state riaperte, c’era una lunga coda davanti la filiale 112 della Rafidian Bank.

“Le istruzioni date dall’IS sono state uno shock per chiunque abbia un conto corrente”, ha sussurato uno degli impiegati della filiale 112 a un commerciante di cemento, Abdullah al-Jibouri, entrato nella banca.

Per ritirare il proprio denaro da qualsiasi conto corrente, il correntista deve consegnare una dichiarazione a un comitato di tre persone, tutti membri dell’IS. I tre sarebbero tutti esperti di finanza.

Il comitato controlla anche che i conti correnti non appartengano o siano in qualche modo connesso con istituzioni governative. Nè che i soldi siano ritirati per conto di qualche persona ricercata dall’IS o per conto di qualsiasi cristiano, yazida, sciita o anche sunnita considerato nemico dall’IS, come per esempio forze di sicurezza o politici locali.

Se tutte queste condizioni sono rispettate, il correntista riceve il permesso di ritirare il denaro.

“Il vero problema è l’ammontare che il gruppo di IS decide di lasciar ritirare”, ha spiegato l’impiegato al mercante, “Anche chi ha ricevuto l’autorizzazione al prelievo, può ritirare al massimo il 10 per cento del proprio conto, e comunque non più di dieci milioni di dinari iracheni (circa 6500 dollari USA, ndr)”.

“E’ tutta una truffa – ha detto al Jibouri raccogliendo le sue carte e lasciando la banca senza ritirare nulla – La maggior parte delle persone che hanno depositi più ricchi nei loro conti aspettano di vedere che succede. Non vogliono rivelare quanto denaro hanno perché temono di essere costrette a versarne una parte per finanziare i combattenti di IS”, ha spiegato il mercato alla sua famiglia quando lo ha visto tornare a mani vuote.

Come suggerito da alcune analisi, sebbene l’IS abbia fondi consistenti che arrivano da varie fonti, non bastano a finanziare le molte attività militari e sociali in corso.

Nonostante tutte le preoccupazioni che i cittadini hanno espresso a proposito del ritirare i soldi da istituzioni controllate dall’IS, c’erano ancora lunghe code davanti alle banche di Mosul.

Un contadino locale, Ali al-Rashidi, una volta è riuscito a ritirare un po’ di soldi. Ha avuto 2 milioni di dinari dal suo conto (1200 dollari) su cui aveva 20 milioni di dinari (12 mila dollari).

“Non importa quanto sia piccola la somma, qualcosa è meglio di niente”, al-Rashidi ha detto a Niqash. “Non c’è alcuna garanzia che i soldi ci siano ancora in futuro. Forse le banche verranno svaligiate e tutti i documenti distrutti – specialmente se IS inizia a perdere terreno”, ha suggerito.

Secondo al Rashidi e altre persone di Mosul in coda davanti la banca, avere il denaro è un procedimento lungo e difficile. La parte più pericolosa è andare dal comitato dell’IS e rispondere alla domanda: “Come ha avuto questo fondi?”.

Inoltre, nel fare la coda per vedere il comitato e avere il permesso di ritirare fondi, i combattenti di IS hanno sempre la priorità, raccontano gli abitanti. Spesso saltano la coda.

Una volta un abitante ha provato a protestare quando alcuni combattenti hanno saltato la coda. Ma i miliziani gli si sono rivolti duramente e alla folla hanno urlato: “Non abbiamo tempo da perdere nelle code, stiamo combattendo al fronte!”.

Un igegnere impiegato nel locale dipartimento per l’energia è stato molto sorpreso nel vedere che il salario, che non riceveva da tempo, era più basso del solito: mancava circa il 5 per cento del totale.

L’IS ha già confiscato i salari dei cristiani e degli sciiti ma sembra ora che le mani del Califfato si stiano allungando per avere più soldi. L’ingegnere ha provato a chiedere che ne era stato del resto del suo salario e si è sentito rispondere che il 5 per cento, dedotto da tutti i salari, viene depositato nel Bait al Mal del gruppo, ovvero una tradizionale forma di tesoreria islamica dove vengono accantonati fondi per scopi sociali o comunque di pubblica utilità. 

Non tutti quelli che hanno un reddito, comunque, sono caduti vittime delle dubbie pratiche di contabilità di IS. Alcuni impiegati di istituzioni come il tribunale di Mosul, il governo provinciale e le università sono stati pagati in segreto. 

Il denaro è stato trasferito da Baghdad a una delle città vicine che non sono sotto il controllo di IS, come Kirkuk. Il denaro poi è stato portato segretamente a Mosul in contanti e poi distribuito segretamente ai differenti capi dipartimento che hanno provveduto, in segreto, a pagare i dipendenti. 

Un contabile, coinvolto nella catena e che pertanto ha chiesto di rimanere anonimo, ha spiegato che è stato fatto tutto questo per evitare che IS confiscasse i soldi.

“Gli ottimisti dicono che la percentuale che IS prende aumenterà – commenta il contabile – I pessimisti dicono che questa è l’ultima volta che vedono il proprio stipendio”.

 

*La versione originale di questo articolo è stata pubblicata su Niqash, qui. La traduzione dall’inglese è a cura della redazione. 

 

 

 

September 11, 2014di: Khales Joumah* (Niqash)Iraq,Articoli Correlati: 

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