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Libano. Il dramma delle donne siriane

Le conseguenze della guerra in Siria sono simili a quelle di tante altre guerre. Sono le storie di migliaia di donne che hanno perso mariti, figli, padri e che ora si trovano alla mercé di organizzazioni criminali che sfruttano la loro posizione di debolezza.

 

 

 

Vendere il proprio corpo

Gli ultimi arresti si sono consumati grazie all’intervento della polizia libanese nelle zone di Wadi al-Zayni e Kfar Abida. Sei persone – lo riporta il Daily Star Lebanon – arrestate per sfruttamento della prostituzione. Le ragazze, anche minori, venivano trattate come merce ed “esportate” dalla Siria al Libano.

Un duplice crimine: traffico di esseri umani e sfruttamento degli stessi a scopo sessuale. 

Le conseguenze della guerra in Siria sono anche queste, lontane da Ginevra, dalle macchinazioni della politica, dalle ipotesi degli analisti, dalle letture degli esperti. 

Le conseguenze della guerra in Siria sono simili a quelle di tante altre guerre. Sono le storie di migliaia di donne che hanno perso mariti, figli, padri e che ora si trovano alla mercé di organizzazioni criminali che sfruttano la loro posizione di debolezza.

Sarà un luogo comune dire che in un conflitto armato a pagare sono sempre i più deboli, ma è tanto reale da essere divenuto parte integrante delle cronache libanesi. E purtroppo non solo. Giordania, Turchia, Egitto: lo schema sembra ripetersi in maniere e forme costanti. Quasi fosse un copione scritto. 

Secondo il The Atlantic, che fra le tante testimonianze riporta quella di un bambino palestinese di dieci anni plagiato da un gruppo di uomini sulla quarantina che lo hanno costretto ad avere rapporti con loro, nei campi profughi libanesi si è ormai diffusa una nuova forma di prostituzione che in inglese viene trascritta sotto forma di “survival sex”.

Prestazioni sessuali per sopravvivere, per ottenere denaro o semplicemente beni di consumo: un indegno baratto. 

Ma non c’è solo la prostituzione. Ci sono donne, ragazze, adolescenti abusate e violentate all’interno degli stessi campi che le dovrebbero accogliere e fornire loro un riparo sicuro dalle brutalità della guerra. Al fianco di chi “decide” di prostituirsi c’è anche chi è costretta a subire. 

 

Un fenomeno in crescita

Il ragionamento è fin troppo semplice. I profughi siriani in Libano sono in costante aumento. All’11 novembre 2013 ci sarebbero oltre 800 mila persone già registrate presso gli uffici dell’UNHCR mentre altre 83 mila starebbero ancora aspettando di essere inserite nelle liste delle organizzazioni internazionali. Secondo le stime del governo siriano siamo già a quota 1 milione. 

Se dunque è un dato di fatto che i profughi siriani aumentano e che la componente più alta di questa disperata massa umana in fuga è composta per il 24% da donne in età compresa fra i 18 ed i 59 anni, è altamente probabile che le condizioni di vita generali della comunità siriana in Libano non potranno che peggiorare e che, conseguentemente, le strategie per la sopravvivenza dovranno divenire sempre più estreme.

Ad esempio mariti che offrono le proprie mogli pur di racimolare qualche soldo, padri che vendono le proprie figlie al miglior offerente ed una criminalità organizzata che lucra con sempre maggiore profitto. E non sembrano essere gli unici.

Secondo un rapporto* stilato da Ghida Anani, fondatrice e direttrice del Resource Center for Gender Equality (ABAAD) a volte sono anche gli operatori delle Organizzazioni Non Governative ad approfittare delle condizioni di estrema indigenza dei rifugiati. 

Di seguito riportiamo la traduzione di una testimonianza raccolta all’interno del documento: “Se vuoi altro aiuto da altre ONG devi mandare tua figlia o tua sorella o, talvolta, tua moglie…tutta truccata in modo da poter ottenere qualcosa … penso che tu mi capisca”.

Ed è sempre la Anani che ci informa di un altro fenomeno in crescita: quello di matrimoni di minori che vengono concesse in tenerissima età come forma di “protezione”.

Piuttosto che esporre le proprie figlie o sorelle ai rischi di uno stupro, molte famiglie preferiscono darle in spose giovanissime nell’idea che il marito possa proteggerle. 

Una pratica, questa, che stando a quanto riporta al-Jazeera sembra essere particolarmente diffusa nel campo giordano di Za’atari. 

Secondo il rappoto Shifting Sands compilato da Oxfam nel settembre 2013, i matrimoni di giovani adolescenti siriane sarebbero tanto una modalità per proteggerle quanto un modo per finanziare le necessità delle famiglie. Del resto moltissime ragazzine vengono date in spose non a siriani, bensì a uomini giordani o sauditi.

In altre parole, vendute. 

Anche in questo caso siamo davanti a casi di “survival wedding”, in cui la libera scelta delle giovani siriane non è un parametro preso in alcun modo in considerazione.

Fra il sesso di sopravvivenza e i matrimoni di adolescenti quale dei due scenari sia preferibile per una donna siriana è davvero difficile dirlo. O semplicemente impossibile. 

 

 *Foto by Foreign and Commonwealth Office, via Wikimedia Commons

 

 

 

 

 

 

 

 

 

November 14, 2013di: Marco Di DonatoAllegati: Dimension of gender based violence against Syrian refugees in Lebanon.pdfLibano,Siria,Articoli Correlati: 

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