Si chiude con un altro nulla di fatto l’udienza del 2 aprile del processo per l’assassinio di Vittorio Arrigoni a Gaza City. È solo l’ultimo atto di quello che sembra ormai una farsa: il dibattimento, da settembre a oggi, non ha portato niente se non delusione in quanti cercano chiarezza. Il primo anniversario della morte si avvicina, ma verità e giustizia sono ancora lontane.
di Cecilia Dalla Negra
Un’altra udienza-lampo, un altro nulla di fatto. È un copione che si ripete uguale a se stesso ormai da settembre quello che si svolge presso la Corte militare di Gaza City ogni volta che viene rimandata una seduta del processo per l’assassinio di Vittorio Arrigoni.
Indagini lacunose, silenzio dei media, dibattimento irrisorio e udienze che non durano più di cinque minuti, con le parti che ignorano persino i documenti presentati. Testimoni assenti che, secondo le leggi di Gaza, hanno la libertà di non presentarsi in aula. E non lo fanno. Anche l’udienza del 2 aprile, arrivata al suo terzo rinvio, è stata rimandata.
Giusto il tempo per il giudice di aprire la seduta e domandare per quale ragione fossero assenti gli avvocati della difesa. L’avvocato nominato d’ufficio ha dichiarato di “non aver studiato il caso”: tutto rinviato al prossimo 12 aprile, quando il primo anniversario della morte di Vittorio sarà davvero vicino.
Una data a cui in tanti, e prima di tutti i familiari, sarebbero voluti arrivare se non con verità e giustizia ristabilite, almeno con un minimo di chiarezza intorno all’accaduto. Ma i commenti di chi, tra gli amici di Vittorio, i cooperanti presenti ancora a Gaza e i corrispondenti (Michele Giorgio per Il Manifesto l’unico giornalista italiano a seguire personalmente le udienze e aggiornare in tempo reale sull’accaduto) raccontano con tristezza di un altro buco nell’acqua in quello che, ormai, sembra un processo che non si vuole davvero celebrare.
L’ultima udienza, in particolare, sembra proprio che non s’abbia da fare: inizialmente prevista per il 28 febbraio, era stata rinviata al 15 marzo. A causa degli ultimi bombardamenti israeliani su Gaza però tutti gli edifici governativi erano stati evacuati per ragioni di sicurezza, inclusa la Corte Militare.
Un ulteriore rinvio, a questa mattina, si è concluso con l’assenza in aula dei legali della difesa.
Eppure, secondo le dichiarazioni del procuratore militare, quella di oggi avrebbe dovuto essere una delle ultime udienze: smentite così, nei fatti, le voci che parlavano di una sentenza definitiva da raggiungere entro maggio del 2012.
Il processo vede attualmente alla sbarra solo 3 dei 4 imputati accusati di concorso esterno in omicidio: Tamer Hasasnah, Mahmoud Salafiti e Khader Jram. Amer Abu Ghoula è il quarto uomo attualmente a piede libero: accusato di reati minori, è stato rilasciato ed ha fatto perdere le sue tracce. Nessuno sa dove si trovi attualmente.
Gli imputati sarebbero tutti affiliati alla presunta cellula salafita guidata da Abdel Rahman Beizat (giordano) e Bilal Omari (palestinese), considerati gli esecutori materiali dell’omicidio e uccisi durante il blitz effettuato dalla polizia di Hamas pochi giorni dopo il sequestro di Vittorio Arrigoni nel rifugio dei rapitori.
La loro verità non potrà più essere raccontata: l’unica che resta è quella di un processo che, di fatto, continua a non essere celebrato.
Vittorio Arrigoni viene sequestrato a Gaza City nella notte tra il 14 e il 15 aprile 2011. Il riscatto inizialmente richiesto – la sua liberazione in cambio del rilascio dello sceicco Abdel Walid al Maqdisi, ideologo del gruppo salafita Tawhid wal Jihad, arrestato da Hamas per attività sovversive – cade nel vuoto di un ultimatum non rispettato.
Vittorio viene picchiato, ripreso in un video che fa il giro del mondo e ucciso. Al dolore della famiglia, degli amici e dei sostenitori, si aggiunge oggi la delusione per un processo considerato una “finta” da più parti.
Il governo di Hamas, che inizialmente si era affrettato ad assicurare i colpevoli alla giustizia nel tentativo di dimostrare il proprio controllo sulla Striscia di Gaza, si è blindato nel silenzio. Ne’ durante i 5 mesi di indagini ne’ in seguito sono stati diramati comunicati ufficiali: solo le rassicurazioni, arrivate dal viceministro degli Esteri di Hamas, Ghazi Hamad, che si sarebbe fatta giustizia.
Un silenzio assordante anche quello delle autorità italiane: nessuno, sino ad oggi, ha sentito la necessità di intervenire perché sia fatta chiarezza sull’assassinio di un cittadino italiano in territorio straniero.
La motivazione ufficiale sta nel non-riconoscimento da parte italiana del governo di Hamas, considerato “organizzazione terrorista”. E tanto basta alla nostra diplomazia per ignorare anche gli appelli giunti da Egidia Beretta, madre di Vittorio, che ha chiesto l’interessamento del presidente della Repubblica.
Confermata la tendenza già dimostrata all’indomani della morte: nessun rappresentante italiano sentì l’esigenza di essere presente all’arrivo del feretro in Italia: scalo merci dell’aeroporto romano di Fiumicino. Ad accoglierlo, ancora una volta, amici e sostenitori. Che si preparano a celebrare il primo anniversario della sua morte il prossimo 15 aprile.
April 2, 2012